Ciro Russo: “Fino a Roma per donare speranza. In bici per i malati di cancro”
Ha raccontato il suo viaggio di 1000 chilometri il campione della lotta olimpica delle Fiamme Oro. In collaborazione con Airc, la raccolta è aperta fino a settembre. I motivi, le emozioni e le riflessioni
Roma – Chi lotta contro la malattia ogni giorno, affronta una gara. Sale in sella alla sua bicicletta della vita e con determinazione ci mette tutta la forza possibile, per guarire. Per raggiungere quel traguardo e per sentirsi il sole addosso, dopo essere stato pressato dalla pesante macchina della chemio. Perché l’avversario è sempre uno, è sempre quello. Il cancro. Anche i malati di tumore salgono sul tappeto. Lotta, karate, judo. Nelle diverse discipline e nei diversi stili che essi scelgono, ognuno con la propria anima guerriera o meno, imbracciano la sfida. Per sopravvivere. E per farlo la ricerca è fondamentale.
Da Torino e Roma per il sogno della ricerca. Aumentare la speranza di sopravvivenza
Ha fatto passi da gigante in questi ultimi decenni. Ognuno può avere una cura personalizzata e ognuno ha possibilità alte per guarire. Oggi si può e si può grazie a chi sa tendere una mano. E non solo nelle corsie degli ospedali, ma anche fuori. Nella vita di tutti i giorni. Anche gli atleti lo fanno. Anche Ciro lo ha fatto. E’ salito in sella alla sua mountain bike e ha percorso circa 1000 chilometri da Torino fino a Roma. Proprio in quei luoghi lì, in cui nel Medioevo i pellegrini borraccia in spalla e bastone in mano si incamminavano verso la Terra Promessa di Roma, per pregare Dio, per chiedere una grazia, per ringraziare.
Una pedalata a Torino e l’idea del viaggio. Nasce l’iniziativa #pedalandocontroilcancro
Ha pedalato su quelle strade lì il campione della lotta greco – romana delle Fiamme Oro e l’idea è balenata nella sua mente, dopo il lockdown. Tanti giorni chiuso in casa e un desiderio profondo di respirare ossigeno, di scaricare la tensione accumulata. E allora l’incontro con la sua bici in cantina e quella pedalata per le vie di Torino hanno folgorato la sua mente. E soprattutto il suo cuore. Fare qualcosa per gli altri. E per motivi anche personali. Andare in bici fino a Roma. Lo può fare un lottatore allenato con il sogno delle Olimpiadi? Un atleta può fare tutto. Perché lo accompagna il senso della sfida. Anche se non abbastanza allenato per salire in sella, però. Ciro non era propriamente pronto fisicamente per affrontare questo viaggio, ma lo ha fatto ugualmente. Il coraggio di un campione è capace di cambiare la storia e Ciro ha cercato di farlo. Non immaginava che poi alla fine la sua iniziativa #pedalandocontroilcancro avrebbe avuto il successo che ha raggiunto. E forse la storia l’ha cambiata davvero. La storia di quei malati di cancro, che grazie ai suoi 5668 euro raccolti, potranno avere una speranza più concreta per tornare a vivere.
E’ iniziato il 12 giugno il viaggio. Da Piazza Vittorio a Torino, città natale di Ciro, lui stesso, con lo stomaco sotto sopra e la tensione tipica che respira in gara, ha preso quel sogno con sé ed è partito. Lo racconta a Il Faro on line a distanza di qualche settimana dal ritorno, mentre ha ripreso i suoi allenamenti sulla materassina. Grazie alla collaborazione stretta con l’Associazione Italiana Ricerca sul Cancro, Russo oggi fa parte di quella schiera di eroi che hanno saputo tendere una mano ai malati. Pedalata dopo pedalata. Raccolta dopo raccolta, grazie alla Rete del Dono.
I paesaggi ammirati e i messaggi ricevuti via social. La sua preghiera da “speciale pellegrino” per chi lotta contro la malattia
Il suo viaggio lungo e impegnativo, impervio e bellissimo, è terminato in un pomeriggio di sole a Roma. All’ombra del Sacro Cupolone di San Pietro poi, il 21 giugno. Ha svoltato l’angolo del lungotevere e si è avviato verso Via della Conciliazione. Poco prima dell’obelisco lo aspettavano tutti. Amici, parenti, fidanzata. Compagni di squadra delle Fiamme Oro e anche idealmente, chi lotta contro la malattia ogni giorno, con uno speciale ringraziamento nel cuore. Lo ha raccontato via social il campione cremisi e ha trovato forza e conforto nei tantissimi follower che lo incoraggiavano e che donavano. Paesaggi meravigliosi hanno visto i suoi occhi, mentre i suoi pensieri si accumulavano lungo la strada. Come una preghiera: “E’ un tipo di viaggio che mi ha portato a vivere giornate intense e a pensare molto come se fossi un vero pellegrino”. Il pensiero da trasmettere a Dio era quello. Fare qualcosa di importante per la ricerca. Per la vita. Per chi idealmente in sella, ci sale tutti i giorni per vincere la sua gara personale contro il cancro.
Su Rete del Dono l’iniziativa è aperta fino a settembre. Ciro testimonial di Airc
E’ stato premiato Ciro in seguito da Rete del Dono, per aver contribuito con la sua iniziativa ad aiutare la ricerca. Mentre pedalava ha ammirato le Alpi e ha visto le risaie fino a Pavia. Ha percorso luoghi storici memorabili della Penisola, durante i giorni più complicati in una Italia che si risvegliava spaventata e ferita dalla pandemia da covid-19. Lo racconta Russo. Negozi chiusi, strade isolate. La paura che si avvertiva nell’aria. Ma lui non si è fermato, neanche quando il suo telefono bagnato di pioggia ha smesso di funzionare. Ha dovuto recuperare un po’ di strada Ciro in quel giorno. Ma ce l’ha fatta. E intanto la compagnia di chi gli scriveva e le sue diretta sui social lo portavano un po’ più in là, fino a Roma. Con la forza del cuore di un atleta, un campione ha probabilmente insegnato a non mollare. Contro la fatica di uno sport che a lui non era famigliare, ma che ha ugualmente insegnato, lo sport stesso. La sua lotta è stata una insegnante preziosa in questa iniziativa, proprio per resistere ai momenti difficili. Contro l’avversario sulla materassina, Ciro ha vinto. E oggi la ricerca ha più di 5 mila euro per combattere il cancro in laboratorio e sviluppare i metodi di prevenzione. Sotto al telescopio dei ricercatori, le cellule cancerogene non avranno scampo, ancora di più.
E si è guadagnato una preziosa maglia Russo. Fa parte oggi della “squadra dei testimonial” e dedica il suo viaggio a chi lotta contro la malattia o l’ha affrontata. Per non lasciare nessuno solo, neanche in futuro. Pellegrino in bici fino a Roma e con i vessilli dell’Airc da difendere come un cavaliere medioevale. Sulle strade della Via Francigena Ciro ha ripercorso le vicende eroiche di un tempo, per scrivere altre pagine importanti di storia, oggi. E ha ritirato il suo Testimonium Peregrinationis. Seguendo il cuore e per il senso di solidarietà verso gli altri:”Il testimonium è un documento di grande rilevanza storica: il pellegrino che lo otteneva poteva dimostrare, al proprio ritorno, di essere giunto alla meta di un pellegrinaggio – scrive Ciro sulla sua pagina personale Facebook – per dimostrare di aver effettivamente compiuto il pellegrinaggio occorre avere con sé le credenziali del pellegrino, con i timbri dei luoghi di transito o di sosta. Missione compiuta“.
E lo ha fatto davvero, se un giorno, altre persone potranno tornare alla vita, per tornare a respirare ossigeno, ognuno dopo il proprio lockdown del percorso della malattia.
Le Olimpiadi nel cuore e la dedica per chi combatte per la vita
Con il sogno delle Olimpiadi nel cuore e con in programma tante iniziative ancora per vincere contro i tumori, Russo aspetta il futuro. Da ragazzo, atleta e da testimonial. Con una ricchezza maggiore nel cuore, che ha mostrato piangendo di gioia, appena arrivato a Piazza San Pietro. A nome di chi lotta contro il cancro e chi ha vinto, grazie campione.
Caro Ciro, sei tornato da uno speciale viaggio. Cominciamo dalla fine. Come ti sei sentito quando sei arrivato a Roma?
“Se vogliamo iniziare dalle sensazioni che ho provato al mio arrivo, devo descrivere il momento in assoluto più emozionante di tutto il mio viaggio. Il decimo ed ultimo giorno a dire il vero è stato quello meno impegnativo (ciclisticamente parlando), ma l’arrivo a San Pietro è stato uno dei momenti che ricorderò per sempre: ad aspettarmi c’erano i miei compagni di squadra delle Fiamme Oro con i miei allenatori, una piccola rappresentativa di AIRC, e infine la mia famiglia e la mia fidanzata che mi hanno fatto una sorpresa e sono scesi a Roma per l’arrivo! Questa calorosa accoglienza, insieme alla consapevolezza di essere riuscito a portare a termine un viaggio che un mese prima non avevo neanche programmato, mi ha fatto emozionare al punto che la tensione e la fatica dei giorni precedenti è sfociata in qualche lacrima di gioia”.
Ti sei sentito un po’ pellegrino in questo cammino fino a San Pietro? La tua preghiera è stata la pedalata contro il cancro…
“Questo è un tipo di viaggio che mi ha portato a vivere giornate intense e a pensare molto come se fossi un vero pellegrino. La mia preghiera, che è diventata anche lo scopo del viaggio, è stata proprio la sensibilizzazione sul tema della lotta contro il cancro, nonché la ricerca di una cura a questa malattia, portando in alto la bandiera e i valori di AIRC”.
Sei salito in sella a Torino. Sei partito da Piazza Vittorio. Puoi descrivere quel momento? In che modo ti sei preparato per affrontare questo viaggio lunghissimo fino a Roma?
“Il momento della partenza ha rievocato delle sensazioni simili a quelle che provo prima di una gara o un incontro importante: ero teso, emozionato e con lo stomaco sottosopra! La sera prima della partenza, sapendo di dovermi svegliare alle 5.45 la mattina successiva, volevo andare a letto presto ma alla fine sono stato sveglio fino alle 3.00 senza riuscire a prendere sonno. Questo è successo probabilmente anche perché sapevo che la mia preparazione per questo viaggio non era adeguata e non sapevo a cosa sarei andato incontro nei dieci giorni successivi, essendo la prima esperienza di questo tipo. Per quanto riguarda la preparazione a questo viaggio devo ammettere che è stata insufficiente: io non sono mai andato in bici in vita mia (o perlomeno non per così tanti chilometri in un giorno) e prima del viaggio ho fatto una decina di allenamenti specifici in sella alla mia bicicletta, giusto per imparare come affrontare le salite e abituarmi ad una postura e a dei movimenti non familiari al mio corpo”.
Hai visto luoghi meravigliosi di una Italia in rinascita dopo la quarantena. Puoi descriverne alcuni? Hai sentito di dare un messaggio di ripartenza al Paese?
“Nel periodo di lockdown inevitabilmente le notizie che si sentivano ovunque non erano positive e sentivo che c’era molta negatività nell’aria (attività commerciali chiuse, economia in crisi, un’Italia e un mondo stravolto dal Covid). Io mi ritengo una persona positiva, che cerca di vedere il bicchiere sempre mezzo pieno e apprezzare quello che ha. Grazie a questo mio modo di pensare non sono stato mai fermo durante il periodo passato chiuso in casa e non appena ho avuto la possibilità di uscire all’aperto spontaneamente, per caso è nata l’idea di questo viaggio. Noi italiani abbiamo la fortuna di vivere nel Paese più bello del mondo, che mi ha offerto in 1000 km tantissimi paesaggi diversi: a partire dalla vista delle Alpi a Torino, sono stato poi catapultato nelle risaie, che mi hanno accompagnato dal Vercellese fino a Pavia; successivamente, dopo alcuni rilievi, sono arrivato a Sarzana, dove ho avuto la possibilità di vedere per qualche chilometro il mare. Da Massa sono passato all’entroterra toscano, che mi ha dato la possibilità di fondermi quasi con i bellissimi paesaggi che ho potuto ammirare: le vigne, i morbidi rilievi delle colline, bellissime città dove il tempo sembra essersi fermato nel medioevo come Lucca, Siena, San Gimignano e San Miniato. Anche una volta entrato nel Lazio sono riuscito a godere di scorci spettacolari come ad esempio il lago di Bolsena e in tutta la zona della Tuscia Viterbese (Bagnoregio, Montefiascone, Viterbo), fino ad arrivare finalmente a Roma attraversando dei caratteristici borghi laziali come Sutri, Capranica, Vetralla e Campagnano Romano”.
Veniamo al motivo del viaggio. Puoi raccontare il perché della tua decisione?
“L’idea di questo viaggio è nata per caso: i miei allenatori mi avevano detto che entro fine giugno sarebbe ripresa la preparazione a Roma quindi sarei dovuto tornare nella Capitale e nel frattempo, per diversificare gli allenamenti e stare all’aria aperta, ho rispolverato la mia mountain bike che era in cantina da un po’ di tempo. È stato così che, durante una pedalata in una bella giornata di sole, mi sono chiesto se un lottatore sarebbe stato in grado di tornare a Roma in bicicletta. Ecco dunque come si è accesa la scintilla che da lì a qualche giorno ha preso forma fino a diventare un’iniziativa vera e propria”.
In che modo collabori per AIRC? Quanto stai raccogliendo per la ricerca, grazie alla tua iniziativa?
“La decisione di chiedere ad AIRC di supportare la mia iniziativa è avvenuta immediatamente dopo l’idea di intraprendere il viaggio in bicicletta verso Roma, ed ho scelto di chiedere aiuto proprio a questa Fondazione perché ne sono legato per motivi personali. Volevo dare, per quanto mi era possibile, un contributo alla ricerca che la Fondazione svolge quotidianamente per rendere il cancro sempre più curabile. Ho deciso di porre come obiettivo di raccolta della mia iniziativa la somma di 5000 euro, e con grande stupore al termine del mio viaggio l’importo è stato raggiunto e addirittura superato approdando a quota 5668€. Il link per le donazioni attraverso il portale di Rete del Dono rimarrà attivo fino a settembre quindi è ancora possibile dare un contributo alla ricerca sostenendo la mia iniziativa”.
Ci sono stati momenti difficili durante la pedalata. Gomme bucate, telefonino rotto. Come fa un lottatore come te a reagire ogni volta, sapendo di avere poi tanta strada di fronte da percorrere?
“Non nascondo di aver vissuto, durante i dieci giorni di viaggio, diversi momenti di difficoltà, dati dalla stanchezza, le difficoltà che il percorso presentava, le intemperie e il caldo ed ovviamente i vari imprevisti e ritardi che un viaggio del genere comporta. La mia fortuna più grande sta nel fatto che dall’età di 8 anni pratico uno sport che quotidianamente mi mette a dura prova e mi sprona a non mollare per ottenere obiettivi e performance sempre maggiori, a volte anche in condizioni non proprio delle più agevoli (cali peso, trasferte all’estero, competizioni di alto livello). La chiave della buona riuscita del mio viaggio credo dunque risieda proprio nella disciplina, nella determinazione e nella lucidità che la lotta greco-romana mi ha trasmesso in tutti questi anni di pratica. Nei momenti più difficili ho trovato la forza necessaria grazie alle persone che mi sostenevano quotidianamente e pensando a tutte quelle che ho conosciuto che hanno sofferto e soffrono a causa del cancro, questo viaggio è dedicato a tutte loro”.
In che modo lo sport ti ha spronato in questa iniziativa? Un atleta è resiliente e non molla mai. Tu come hai fatto?
“Ormai si è capito che io non ero propriamente preparato per affrontare questo viaggio sia in termini di allenamento in bici che per la mia pressoché nulla esperienza ciclistica. Ho fatto sicuramente leva sulla resistenza alla fatica maturata nei molteplici anni di attività sportiva professionistica e sulla forza di volontà e spirito di sacrificio che credo faccia ormai parte del mio carattere”.
Quali sono le eventuali prossime iniziative che farai con AIRC?
“Ora che il viaggio è terminato credo che mi focalizzerò sulla preparazione specifica del mio sport, ma sono fiducioso sul fatto che la collaborazione con AIRC continuerà nel tempo, in primis perché mi è stato proposto di entrare a far parte della squadra testimonial della ricerca, richiesta che sicuramente accetterò; inoltre in futuro mi piacerebbe progettare un’altra iniziativa sportiva, questa volta però nel mio campo, quindi nella lotta greco-romana”.
Sei in pausa dalle competizioni, causa pandemia. Hai ripreso gli allenamenti? Cosa pensi dello slittamento dei Giochi? Qual è il tuo sogno sportivo?
“Al mio arrivo a Roma, il 22 giugno, i decreti ancora non permettevano la ripresa degli allenamenti per gli sport di contatto, quindi ho dovuto fare un riavvicinamento alla lotta tramite tutte le attività propedeutiche al mio sport. Ad oggi fortunatamente sembra procedere tutto verso un ritorno alla normalità, infatti con le FF.OO. ho ripreso i regolari allenamenti in attesa della ripresa delle attività internazionali. In merito alle Olimpiadi, credo sia stato inevitabile lo slittamento al 2021 e credo che sia stato giusto, per il bene comune, la sospensione dell’attività agonistica in generale durante il lockdown. Le mie speranze sono che i Giochi Olimpici si tengano il prossimo anno perché il mio sogno, come quello di molti atleti professionisti, è proprio quello di riuscire a parteciparvi, e per me che sono ormai prossimo ai trent’anni sarebbe l’ultima possibilità per poter qualificarmi”.
…e cosa vorresti che i malati di cancro possano ricevere dalla tua iniziativa?
“Mi piacerebbe che i malati di cancro ricevessero dalla mia iniziativa un messaggio di ottimismo e di fiducia. Ottimismo perché ci sono diversi modi per affrontare qualsiasi cosa nella vita, ma credo che questo sia uno dei migliori; e specialmente nei momenti più duri, quando tutto sembra andare male, bisognerebbe cercare invece di cogliere quelle piccole cose belle che ci capitano. Fiducia invece nella vita, nelle persone (medici, infermieri, ricercatori e operatori sanitari) che si impegnano quotidianamente per aiutare il prossimo, e nella ricerca, perché il cancro si può combattere e negli ultimi anni sono stati fatti passi da gigante in questo ambito”.
(Il Faro online)