Il Papa: “Non c’è santità senza rinuncia e senza combattimento spirituale”
All’Angelus la preghiera del Pontefice per la pace nel Caucaso: “Prevalga il dialogo”. Poi il “grazie” a chi si prende cura dei migranti
di FABIO BERETTA
Città del Vaticano – “La conversione è un processo che ci purifica dalle incrostazioni morali e talvolta è un processo doloroso perché non c’è santità senza rinuncia e senza combattimento spirituale“. Lo ribadisce Papa Francesco all’Angelus, affacciandosi su una piazza San Pietro gremita di fedeli che, non curanti della pioggia battente, si sono radunati nel grande abbraccio del colonnato per ricevere la benedizione apostolica.
Francesco ripercorre il brano del Vangelo odierno (cfr 21,28-32) che narra la parabola dei due figli invitati dal padre ad andare a lavorare la vigna: il primo figlio risponde impulsivamente “no”, ma poi si pente e ci va; invece il secondo figlio, che subito risponde “sì”, in realtà non lo fa.
No a una religione di facciata
Ma l’obbedienza, fa notare il Santo Padre, “non consiste nel dire ‘sì’ o no’, ma sempre nell’agire, nel coltivare la vigna, nel realizzare il Regno di Dio, nel fare del bene“. E spiega: “Con questo semplice esempio, Gesù vuole superare una religione intesa solo come pratica esteriore e abitudinaria, che non incide sulla vita e sugli atteggiamenti delle persone, una religiosità superficiale, soltanto ‘rituale’, nel brutto senso della parola”.
“Gli esponenti di questa religiosità ‘di facciata’, che Gesù disapprova, erano in quel tempo ‘i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo’ (Mt 21,23) i quali, secondo l’ammonizione del Signore, nel Regno di Dio saranno sorpassati dai pubblicani e dalle prostitute (cfr v. 31)”, aggiunge Bergoglio.
“Questa affermazione – sottolinea – non deve indurre a pensare che fanno bene quanti non seguono i comandamenti di Dio, quelli che non seguono la morale, e dicono: ‘Tanto, quelli che vanno in Chiesa sono peggio di noi!’. No, non è questo l’insegnamento di Gesù. Gesù non addita i pubblicani e le prostitute come modelli di vita, ma come ‘privilegiati della Grazia’“.
La conversione è sempre una grazia
Il Papa si sofferma poi proprio sulla parola “grazia”, facendo notate che “la conversione sempre è una grazia” “che Dio offre a chiunque si apre e si converte a Lui. Infatti queste persone, ascoltando la sua predicazione, si sono pentite e hanno cambiato vita“.
Nel Vangelo di oggi, spiega, “chi fa la migliore figura è il primo fratello, non perché ha detto ‘no’ a suo padre, ma perché dopo il ‘no’ si è convertito al ‘sì’, si è pentito. Dio è paziente con ognuno di noi: non si stanca, non desiste dopo il nostro ‘no’; ci lascia liberi anche di allontanarci da Lui e di sbagliare. Pensare alla pazienza di Dio è meraviglioso! Il Signore ci aspetta sempre ma rispetta la nostra libertà. E attende trepidante il nostro ‘sì’, per accoglierci nuovamente tra le sue braccia paterne”.
La fede in Dio chiede di rinnovare ogni giorno la scelta del bene rispetto al male, la scelta della verità rispetto alla menzogna, la scelta dell’amore del prossimo rispetto all’egoismo. Chi si converte a questa scelta, dopo aver sperimentato il peccato, troverà i primi posti nel Regno dei cieli, dove c’è più gioia per un solo peccatore che si converte che per novantanove giusti (cfr Lc 15,7).
Purificare le incrostazioni morali
La conversione, prosegue il Papa, “cambiare il cuore, è un processo che ci purifica dalle incrostazioni morali. E a volte è un processo doloroso, perché non c’è la strada della santità senza qualche rinuncia e senza il combattimento spirituale. Combattere per il bene, combattere per non cadere nella tentazione, fare da parte nostra quello che possiamo, per arrivare a vivere nella pace e nella gioia delle Beatitudini”.
E conclude: “Il Vangelo di oggi chiama in causa il modo di vivere la vita cristiana, che non è fatta di sogni e belle aspirazioni, ma di impegni concreti, per aprirci sempre alla volontà di Dio e all’amore verso i fratelli. Ma questo, anche il più piccolo impegno concreto, non si può fare senza la grazia”.
L’appello per la pace in Caucaso
Dopo la benedizione, il pensiero del Papa va al Caucaso, dove si sono registrati scontri fra Armenia e Arzebaigian (leggi qui). “Prego per la pace nel Caucaso e chiedo alle parti in conflitto di compiere gesti concreti di buona volontà e di fratellanza, che possano portare a risolvere i problemi non con l’uso della forza e delle armi, ma per mezzo del dialogo e del negoziato”l’auspicio del Santo Padre.
Migranti: costretti a fuggire come Gesù
E, nel giorno in cui la Chiesa celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, il Pontefice ringrazia e prega per chi assiste i rifugiati: “Quest’anno ho voluto dedicare il mio messaggio (leggi qui) agli sfollati interni, i quali sono costretti a fuggire, come capitò anche a Gesù e alla sua famiglia. ‘Come Gesù costretti a fuggire’, così gli sfollati, i migranti. A loro, in modo particolare, e a chi li assiste va il nostro ricordo e la nostra preghiera”.
Turismo, l’appello del Papa al settore più colpito dalla pandemia
Infine, un pensiero speciale anche a uno dei settori più colpiti dalla pandemia: “Oggi ricorre anche la Giornata Mondiale del Turismo. La pandemia ha colpito duramente questo settore, così importante per tanti Paesi. Rivolgo il mio incoraggiamento a quanti operano nel turismo, in particolare alle piccole imprese familiari e ai giovani. Auspico che tutti possano presto risollevarsi dalle attuali difficoltà“. Quindi, l’immancabile saluto: “A tutti voi auguro una buona domenica, una domenica in pace. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci“.
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