Piscine e palestre chiuse, Barelli: “Lo Stato non considera lo sport, siamo in grave crisi”
E’ tornato a parlare il Presidente della Federnuoto sulla vicenda spinosa della serrata forzata degli impianti sportivi in tutta Italia
Roma – Il presidente Paolo Barelli è intervenuto a “Il caffè di Radio Uno Sport“, programma condotto da Giacomo Prioreschi, soffermandosi sui provvedimenti contenuti nell’ultimo Dpcm con particolare attenzione a piscine e palestre.
“Purtroppo la situazione di emergenza è sotto gli occhi di tutti, ovunque – sottolinea – Ciononostante l’Italia è di fatto aperta; il traffico c’è, le scuole sono operative, i mezzi pubblici funzionano e probabilmente sono la panacea per la diffusione del virus, bar e ristorante sono operativi fino alle 18. Le piscine invece sono aperte solo a pochi atleti e chiusi alla stragrande maggioranza dei praticanti tra il disappunto degli italiani. La questione è semplicemente drammatica: l’attività motoria e sportiva di base non si pratica a scuola, nelle università e gli enti locali non hanno le necessarie risorse da destinare alle politiche sportive. L’attività poggia sulle spalle e sulla responsabilità delle associazioni sportive: entità basate sul volontariato, il più delle volte senza fine di lucro, ovvero deboli. Se chiudono loro, chiudono anche gli impianti che gestiscono e non ci sarà più sport, non ci sarà più attività motoria in Italia. Questo problema è sottovalutato dalla politica“.
Lo Stato dovrebbe intervenire in maniera adeguata. “Quante piscine ci sono nei plessi scolastici? Quante palestre sono a norma nelle scuole? Pochissime – continua Barelli – Lo Stato dovrebbe intervenire con contributi diretti e non con elemosina da quatto soldi. Solo così scongiurerebbe il fallimento di tante società che gestiscono impianti comunali o privati che siano e, in pratica, dello sport italiano. In questo momento tante categorie socio-economiche stanno soffrendo e nessuno pensa che lo sport debba essere in testa alla classifica dei sussidi. Ma i 5 milioni di praticanti delle discipline acquatiche e gli oltre 20 milioni di italiani che praticano attività sportiva meritano rispetto. Parliamo di numeri enormi e di salute pubblica. Se alle società arrivano 4/5.000 euro non serve a nulla. I conti stimano una necessità attuale pari almeno ad un miliardo di euro; se poi la chiusura dovesse protrarsi fino a dicembre/gennaio sarebbe un dramma. Il settore dello sport è debole ed è tra i meno considerati. Non è giusto“.
Società in piena regola. “Malgrado il precedente lockdown abbia drammaticamente colpito le società, i gestori di piscine e palestre hanno ulteriormente investito per garantire a tutti i fruitori la tutela della salute nel rispetto delle misure anti-covid – assicura Barelli – Dopo che il premier Conte ha messo in guardia piscine e palestre, vi sono state oltre 250 visite dei NAS in una settimana e non mi è noto verbale che abbia censurato alcuna attività, anzi i tutori dell’ordine hanno formulato i complimenti ai gestori per il rigore procedurale. Se il Governo fermasse tutti, lo accetteremmo. Ma costringere solo il popolo delle piscine e delle palestre a casa non è ammissibile“.
Tra nove mesi si celebreranno i Giochi Olimpici. “La federazione ha destinato ogni risorsa possibile per aiutare le società, ma il movimento è in forte difficoltà perché tenere le piscine aperte per pochi atleti è estremamente dispendioso, difficile – conclude Barelli – Le nostre società stanno compiendo sforzi enormi e non finiremo mai di ringraziarle, ma non può bastare e non è giusto ricordarsene solo in occasione dei successi internazionali. Peraltro siamo entrati nella stagione olimpica e questi provvedimenti rischiano di compromettere la preparazione di molti atleti di interesse nazionale di vertice, quelli delle discipline acquatiche in particolar modo“.
(foto@deepbluemedia)