Abusi sui chierichetti del Papa, davanti ai giudici vaticani l’ex rettore nega tutto

19 novembre 2020 | 19:25
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Abusi sui chierichetti del Papa, davanti ai giudici vaticani l’ex rettore nega tutto

La vittima: “Non sono stato l’unico a subire abusi”. Il 4 febbraio la parola passerà all’atro imputato don Gabriele Martinelli

Città del Vaticano – “Non ho mai saputo nulla, nessuno mi ha riferito niente“. Così l’ex rettore del Preseminario nega che nel ‘collegio’ dei chierichetti del Papa siano mai avvenuti abusi sessuali. Don Enrico Radice oggi ha dato la sua versione nell’interrogatorio al Tribunale vaticano spiegando che lui stesso vigilava sulla condotta dei ragazzi e che non ha mai visto nulla rispetto alle accuse a don Gabriele Martinelli, lo studente del Preseminario, oggi sacerdote, che avrebbe abusato di un compagno, di un anno più giovani di lui, e forse anche di altri.

Martinelli, oggi assente perché vive in “zona rossa”, sarà sentito dai magistrati vaticani nella prossima udienza fissata al 4 febbraio. Don Radice riferisce di quel collegio da lui guidato all’epoca dei fatti, dalle pareti di carta, dove “si sentiva tutto” e dunque dove non potevano avvenire violenze. Nessuno comunque gliele avrebbe mai riferite. Accusa la vittima, e il super-testimone di agire per “interessi economici”.

Le parole del super-testimone sono “una vendetta da lui perpetrata per essere stato allontanato dal Preseminario ma era stato allontanato per insubordinazione e perché non prendeva parte alla vita comunitaria”. Ci sono state lettere anonime e denunce. Don Radice spiega che gli furono riferite dal cardinale Angelo Comastri, arciprete della basilica di San Pietro, e dal vescovo di Como, mons. Diego Coletti, perché la diocesi lombarda, con la sua Opera don Folci, è responsabile di quel Preseminario. E furono proprio Comastri e Coletti a “chiudere la vicenda”.

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L’ex Rettore difende a spada tratta l’altro imputato, don Martinelli, e indugia nel descriverlo. “Era solare, gioioso, in buoni rapporti con tutti”, “aveva la stoffa del leader”, “avevo fiducia perché riusciva bene in tutto”. Ma no, non era il ‘capetto’ del Preseminario, “era responsabile solo del servizio liturgico, ma le decisioni le prendevo io”. Gli altri invece erano ombrosi. Anche la vittima, “un ragazzo dall’intelligenza vivace”, poi diventa “saccente e presuntuoso” anche con i formatori.

Per non parlare del testimone, che con le sue parole in tv ha di fatto portato allo scoperto la vicenda. “Era chiuso, si estraniava” e ad un certo punto è scappato anche dal Preseminario per incontrare un ex compagno a Treviso. “Aveva un desiderio esagerato di vederlo”, commenta l’ex Rettore. Don Radice respinge anche il fatto che in qualche modo fosse stato isolato in questo suo negare i fatti.

Quattro sacerdoti presero infatti le distanze dalla gestione di quel Preseminario a due passi da Santa Marta, la casa del Papa. “Non è che andassimo sempre d’accordo, c’erano punti di vista diversi ma non contrasti esagerati. Glia attriti si risolvevano“. L’ex Rettore ‘liquida’ con poche parole anche il teologo don Luigi Maria Epicopo (che conosce la vittima) che ha scritto molti saggi, e anche un libro-intervista con Papa Francesco.

C’era “un progetto di unire al Preseminario anche gli universitari in discernimento vocazionale”. Del progetto non si è fatto nulla e Radice dice che Epicopo e gli altri sacerdoti che fecero questa proposta “erano gelosi della direzione del Preseminario e volevano assumere loro la direzione”. Don Radice è accusato di “favoreggiamento” ma anche per una lettera falsa che avrebbe confezionato lui con la firma del vescovo di Como, Diego Coletti, per spostare Martinelli e un altro seminarista nella diocesi di Como e in qualche modo favorirne l’ordinazione sacerdotale.

Radice spiega: “All’epoca ero assistente del vescovo. Venne l’idea che i due seminaristi potessero venire per l’ultimo anno al seminario di Como. Il vescovo mi disse: mettilo per iscritto. Io ho fatto la lettera, lui l’ha firmata. Io non ho fatto nessun falso. Poi la lettera fu annullata dal vescovo perché non ha ritenuto di dare seguito a questa possibilità”.

Il 4 febbraio la parola passerà all’atro imputato don Gabriele Martinelli. Ma la vicenda potrebbe allargarsi. Nell’udienza di oggi si è infatti dato conto anche di una affermazione della vittima resa nella fase preliminare: “Nel 2009-2010 trovai il coraggio di parlare con Radice. Mi rispose in maniera aggressiva e fui emarginato. Continuai a subire abusi. Non sono stato l’unico a subire abusi e a parlare con Radice“.

Le accuse

Don Gabriele Martinelli è accusato di “avere abusato della relazione di fiducia e della autorità” di cui godeva nel Preseminario in quanto coordinatore e tutore degli stessi seminaristi. In particolare costringeva la vittima, di un anno più giovane, “ad atti carnali, di sodomia, rapporti orali, in diversi tempi e luoghi”, nello stesso Stato Città del Vaticano dove si trova il Preseminario, a Palazzo San Carlo, praticamente a pochi passi da Casa Santa Marta (i seminaristi erano normalmente chiamati come chierichetti alle celebrazioni del Papa).

Visto che era “uno dei frequentatori più anziani usava violenza e minacce“. Nell’accusa si parla anche di “atti di masturbazione compiuti sulla sua persona e su quella della vittima“. Il rinvio a giudizio era stato deciso dal Tribunale vaticano il 29 luglio 2019. Don Enrico Radice, l’ex rettore, è sostanzialmente accusato di aver coperto Martinelli, aiutandolo ad eludere le investigazioni.

Prima, il 3 ottobre 2012, scrisse una lettera al vescovo di Como (diocesi alla quale è sostanzialmente affidato il Preseminario), mons. Diego Coletti, affermando che le accuse contro il giovane seminarista non erano vere e parlando di ‘fumus persecutionis’; l’anno successivo diffuse “una falsa lettera” dello stesso vescovo Coletti in cui parlava dell’imminente ordinazione sacerdotale di Martinelli. Nell’interrogatorio preliminare del 2018 affermò infine “con assoluta certezza” che non era mai stato a conoscenza dei “rapporti omosessuali e degli atti di libidine” all’interno del Preseminario. In pratica l’accusa è quella di avere intralciato le indagini. (fonte Ansa)

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