Paolo Rossi, il numero 9 dell’area di rigore. A Madrid divenne Pablito per tutti
Un ricordo di Paolo Rossi scomparso la scorsa notte. La sera dell’11 luglio un intero Paese esultò per la vittoria al Mondiale. Una carriera eccezionale e il Pallone d’Oro conquistato
I numeri di maglia simbolo del calcio sono nati in quegli anni. In quel tempo meraviglioso degli anni ’80 in cui l’Italia era la patria del calcio e la culla dei campioni. Terra agognata da tutti i più grandi giocatori del mondo. E lui là, con la maglia anche della Juventus. Era lui il numero 9. Il centravanti, il bomber, l’attaccante centrale che prendeva assist laterali dalle cavalcate sulle fasce di Cabrini alla Juventus e da Conti in Nazionale. Paolo Rossi ha scritto un’epoca.
Quanti bambini hanno sognato di indossare la sua maglia numero 9 nelle squadre di club e il 20 leggendario in Nazionale di Rossi? Milan, Vicenza, Juventus. Migliaia. Intere generazioni di giovani, che poi sono riusciti a realizzare il loro sogno. Mi viene in mente Pippo Inzaghi. Forse uno dei calciatori più forti, che lo hanno maggiormente ricordato in campo per scaltrezza, leggerezza e velocità. Ma quanti giochi pomeridiani in cortile e in strada dei bambini, a reclamare probabilmente contro un vicino troppo burbero che non restituiva mai il pallone. “Sono Rossi!”. In tanti lo hanno detto in quegli anni. 1970, 1980. Un altro calcio, quello. C’erano allora i numeri delle maglie sulla schiena. Il 10 di Falcao, di Platini. Il 9 di Rossi. Il 3 di Cabrini, il 7 di Conti in maglia azzurra. Poi il marketing ha stravolto la magia di un pallone che non esiste più, ma che in queste ore si stringe ancora attorno ad uno dei suoi figli più grandi. Zico, Platini, Boniek, Conti, Antognoni. Da questa mattina, alla notizia della scomparsa di Paolo Rossi, è un continuo di ricordi e di parole. Se n’è andato questa notte Rossi, a Siena. Al suo capezzale la moglie Federica e i figli e l’intero calcio italiano. E non solo. Quello mondiale, dopo essersi disperato per la morte di Maradona, piange ancora in questo strano e terribile 2020.
Viene ricordato Rossi e il suo palmares eccezionale scorre davanti agli occhi dei tifosi e degli appassionati. Quel numero 9 brilla in questi attimi di dolore, ancora di più. Tutti si ricordano la sera della vittoria a Madrid. Quella sera di luglio, del 1982, i sogni dei bambini crescevano e in quei giorni, all’allungare dei raggi sulle strade italiane, si giocava fino a tardi, aspettando le partite dell’Italia di Bearzot. La formazione rimbomba in mente come un martello: Zoff, Bergomi, Gentile, Scirea, Collovati, Cabrini, Conti, Tardelli, Oriali, Rossi, Graziani. Nando Martellini la scandiva mentre le famiglie si riunivano davanti al televisore. C’era la Germania Ovest da battere, in finale. E Pertini era in tribuna. L’azzurro splendeva dai balconi, insieme alle bandiere tricolori. 3 a 2 il risultato finale. E vittoria. Furono tutti eroi quella sera e per sempre. Nel cuore di tutti i campioni del mondo di Spagna ’82. L’Italia ha impiegato 24 anni per ritornare ad alzare la Coppa del Mondo. E lo ha fatto proprio grazie a quei bambini che in cortile giocavano. Le generazioni degli anni ’70 hanno riportato il colore azzurro sul tetto del mondo. E probabilmente, non solo figli di mamme preoccupate perché non tornavano mai a casa, causa pallone tra i piedi, ma anche di quella Nazionale di Eroi che vinse il titolo in Spagna. C’era anche Pippo Inzaghi in Nazionale nel 2006. E l’Italia celebrava il bis nella storia. E anche Rossi fu felice di questa vittoria straordinaria. Lui. Il numero 9. Con la Juventus tre anni di gloria. Scudetto, Coppa dei Campioni a Bruxelles e Coppa delle Coppe. Rossi vinse il Pallone d’Oro, uno dei pochissimi dei del calcio italiano a farlo, sotto la Tour Effeil. Alla Juventus lo fece poi Roberto Baggio nel 1993 e scrisse il suo nome accanto a quello del grande Pablito. A Madrid, Rossi segnò il primo gol per l’Italia. Una rete cercata e rincorsa in area di rigore, fiutata. Gli altri due gol furono segnati da Tardelli e dal suo storico urlo liberatorio e anche da Altobelli. Incredulo ed emozionato, mentre alzava le braccia al cielo.
Era quella l’Italia del 1982, in campo. Era quella l’Italia del 1982 nella quotidianità. L’anno dopo Toto Cutugno spopolava nelle radio. Aveva vinto il Sanremo della primavera del 1983 e la sua canzone “L’Italiano” si elesse a colonna sonora del Mondiale vinto dagli eroi del calcio. Rossi era uno dei grandi di quell’epoca. Fu coinvolto nel primo scandalo del calcio scommesse ma ne soffrì immensamente. E poi rinacque in campo e tornò grande. Era sempre lui il numero 9 da imitare. Il numero 9 da urlare con gli amici nei cortili e nei campetti di periferia. Se n’è andato in una notte fredda di dicembre, a pochi giorni dal Natale.
“Ciao Paolo, io c’ero quella sera del 1982 davanti alla televisione. Ero piccolina, ma ho gioito con mio fratello e i miei genitori. Grazie, per sempre”.
“Fallo laterale dell’Italia e rimessa in gioco di Cabrini. Tardelli aggancia la palla e lancia sul fondo per Conti, che si dimena contro un avversario per liberarsi dalla sua morsa asfissiante.. il pallone finisce fuori ed è calcio d’angolo per gli Azzurri. Ancora Cabrini riapre il gioco e crossa, Oriali riprende il pallone e viene di nuovo messo a terra, questa volta da Rummenigge.. la punizione è battuta velocemente dallo stesso Oriali, che passa per Gentile dall’altra parte del campo. Crossa Gentile in area di rigore e aggancia Rossi in velocità, che smorza il pallone in rete.. gol. Per tutti diventa Pablito”.
(Il Faro online)