Stefano Maniscalco, il più grande di tutti i tempi: “Ho rivoluzionato il karate, sono un vincente e un sognatore”
Prosegue il viaggio de Il Faro online nella storia dei campioni della World Karate Federation. L’ex campione delle Fiamme Gialle e della Nazionale si racconta. La carriera, le vittorie, il film, il libro e il futuro..
Roma – Un film sul karate Stefano lo ha già girato nel 2019 e mentre aspetta che il Covid passi, per ritornare ancora una volta davanti alla macchina da presa, probabilmente il film più bello l’ha già realizzato. E’ quello della sua vita da sportivo. Da karateka. Il più grande di tutti, perché tutti nel karate lo dicono e ne sono convinti. Un’icona per molti giovani che vorrebbero ripercorrere le sue tappe sul tatami. La pioggia di medaglie vinte in palmares batte ancora sul cuore del campione delle Fiamme Gialle, oggi allenatore del II Nucleo Atleti al Centro Sportivo della Guardia di Finanza, che racconta di sé e della sua splendida carriera. Pluricampione mondiale e pluricampione europeo. “Pluri”. Più di un alloro vinto. Ed è un suffisso che descrive una carriera eccezionale. Se nel calcio Maradona o Pelè hanno segnato il tempo e tracciato la strada nel proprio sport, Maniscalco lo ha fatto nel karate.
Come Maradona e Pelé nel calcio. Maniscalco il più forte di tutti i tempi
Un campione che ha rivoluzionato il modo di svolgere la sua arte marziale. E se un atleta cambia la propria disciplina, o meglio, la migliora con il suo talento innato e la sua classe arricchendola, forse Maniscalco si può annoverare tra i migliori. Se non il migliore al mondo, di tutti i tempi. Un peso massimo. Agile, elegante, veloce, eclettico. Vinceva e stravinceva Stefano sul tatami, incantando il pubblico. Di misura anche. Lo dice lui stesso nella sua intervista. 10 a 0, 7 a 0, 12 a 0. Non si accontentava di poco, i sogni chiamavano sempre un po’ più in là. Racconta di sé allora a Il Faro online il preparatore fisico delle Fiamme Gialle, in questo strano anno 2020, in cui la World Karate Federation sta festeggiando i suoi 50 anni di storia. Non poteva non raccontare Stefano Maniscalco Il Faro online, per celebrare l’anniversario della Federazione Mondiale. Il Maradona, il Pelé, il Platini, il Cristiano Ronaldo del karate. 8 medaglie mondiali conquistate, 20 medaglie europee collezionate e altrettante vinte nei tornei nazionali. L’ultima medaglia Stefano l’ha messa al collo agli Assoluti Italiani di kumite ad Ostia, nel 2017. Naturalmente un oro, il numero 17 (leggi qui). Festeggiato e acclamato da chi quel giorno era al Pala Pellicone, per ammirare i karateka italiani e l’ultima sfida dell’Imperatore del karate, lo ha visto trionfare sul tatami centrale. E proprio quel giorno la citazione appena scritta è venuta alla luce. Mediante un gesto di ammirazione del suo ultimo avversario sportivo. Christian Toni, argento nel kumite nel 2017, lo ha abbracciato il suo idolo e lo ha definito proprio così: “L’Imperatore del karate”.
E poi Stefano ha ben ripreso questo splendido complimento per creare un altro progetto importante, in lavorazione in questi giorni. Grazie ad Alex Pietrogiacomi, scrittore di una nota casa editrice milanese, il pluricampione mondiale di kumite sta scrivendo la sua biografia e il titolo, come Stefano anticipa a Il Faro online, sarà proprio quello: “L’ultimo imperatore del karate”, con uscita nella prossima primavera. Solo uno dei tanti sogni che Stefano vuole realizzare per il futuro, insieme a quelli già avverati. Una vita come allenatore, una famiglia, un figlio a cui insegnare i valori ricevuti dal padre Maestro di karate, una donna forte e intelligente al suo fianco e ancora la sua vita nello sport. Immancabile per un ex atleta, che mai finirà di essere un vero e proprio atleta, neanche se addio alla carriera. Si definisce un combattente Stefano e lo sarà sempre, fino a che avrà fiato in corpo. Ci tiene a sottolinearlo, con convinzione.
I compagni di squadra, Benetello e Loria. I Maestri di karate, papà Sergio, Fujoka, Culasso e Aschieri. Le figure più importanti della carriera
20 anni passati alle Fiamme Gialle e in Nazionale. Tanti gli amici con cui ha combattuto e condiviso la sua lunga esperienza di atleta e con cui ha vissuto uno splendido anniversario nel Karate Fiamme Gialle Day del 2016 (leggi qui). E i nomi sono tutti importanti: Davide Benetello, Luca Valdesi, Savio Loria, Gennaro Talarico, Lucio Maurino, Fulvio Sole, Luigi Busà e Nello Maestri. Sono alcuni di quelli citati da Stefano. Come molteplici sono gli episodi che racconta, sul film della sua vita. Il momento in cui Culasso si accorse di lui, l’arrivo alle Fiamme Gialle e gli allenamenti fatti, come i viaggi intrapresi per arrivare a Roma e tornare a Palermo, sua città del cuore. Le vittorie avute. Gli ori mondiali di Tampere e di Tokyo, al Budokan, dove a luglio del 2021, il karate debutterà alle Olimpiadi. Lui lì c’è già stato e si è preso le sue grandi soddisfazioni. Senza pensare troppo a quei Giochi a cui lui non potrà partecipare con dolore, ma comunque sentendosi fiero del percorso fatto in carriera. Medaglie numerosissime che valgono probabilmente la medaglia d’oro olimpica. Ricorda quella volta in cui i membri del Cio lo guardarono vincere ai Giochi del Mediterraneo.
Il karate era sotto osservazione per essere annoverato nelle discipline olimpiche. Espinos (presidente della Wkf) lo guardò ammirato e lo ringraziò, mediante una lettera scritta, per aver mostrato con il suo talento, che cosa il karate era effettivamente. E forse anche Stefano ha messo del suo per realizzare il sogno di tanti karateka, anche azzurri, che a Tokyo potranno partecipare alla competizione olimpica. Ci sono voluti un po’ di anni poi, per cui il karate entrasse alle Olimpiadi, ma Stefano ha costruito la strada che ha condotto l’arte marziale fino in cima all’Olimpo. E ci vorrà restare anche dopo Tokyo. Lo commenta Stefano. Dispiaciuto dell’esclusione di Parigi 2024, è sicuro che il suo sport del cuore sarà introdotto anche a Los Angeles 2028 (leggi qui). Forse un giorno, nei panni di un attore che lui vorrà vestire in futuro, come ha già fatto anche e insieme a Claudio Del Falco per “Karate Man” nel 2019, lo girerà proprio il lungometraggio più importante. E sarà lui stesso ad interpretare il suo ruolo di protagonista, innamorato del karate e dello sport. Un bambino che praticava anche il judo e pure il calcio. Ma gli unici calci che lui voleva tirare erano quelli sul tatami, non certo ad un pallone.
Il Maestro Fujoka lo ha preso per mano e lo ha fatto crescere con cura e affetto. Lo ricorda con particolare emozione il campione di karate più forte di tutti i tempi. Insieme a Fujoka, un’altra figura fondamentale che lo ha poi introdotto nel karate importante è stata quella di Claudio Culasso. Lo ringrazia sentitamente Stefano, come fa nei confronti del direttore tecnico della Nazionale Fijlkam Pierluigi Aschieri, e Claudio parla di lui. Interpellato da Il Faro online per dare del suo campione, la definizione da Maestro ed ex direttore tecnico del settore karate delle Fiamme Gialle, Culasso ha dichiarato: “Ho arruolato Stefano che era ancora un giovane emergente. Si mise subito in evidenza e metteva in difficoltà gli atleti più esperti come Benetello, Talarico, Loria. Aveva mobilità articolare, era eccezionale. E’ stato un talento unico e raffinato, lasciava tutti a bocca aperta”. Le sue parole arrivano emozionate e piene di ricordi. Di quei ricordi che fanno parte dello sport e che solo chi li ha vissuti ne conosce il valore vero.
48 medaglie vinte, come fossero un Oscar del cinema. Stefano come un attore di Hollywood sul tatami
Il valore. Perché è Stefano un campione di valore e ce l’ha quell’Italia dello sport che molto deve ai suoi campioni che l’hanno resa grande nel mondo. Maniscalco lo ha fatto per il karate e per quella sua tecnica leggera, veloce, elegante e di impatto. Che faceva emozionare. Era un ragazzo ribelle, ma dal cuore buono. Un uomo oggi pieno di sogni e determinato nel volerli realizzare. Guardava i film di Chuck Norris e Jean Claude Van Damme in tv e sognava di recitare anche lui nel ruolo del campione buono che poi alla fine vince l’avversario più temuto. Lo ha recitato ogni volta in competizione, quel ruolo Maniscalco. Frame dopo frame nel film della sua vita da campione. Finale dopo finale, medaglia dopo medaglia, vittoria dopo vittoria, mettendosi al collo allori interminabili, come fossero Oscar di Hollywood da conservare in bacheca. Chissà se un giorno Stefano non lo faccia veramente.. e accanto alle medaglie che lui conserva nella sua cameretta di Palermo, c’è forse uno spazio da riempire. Ma solo i sogni del 2020 in poi potranno arricchire la sua bacheca personale. Nel secondo tempo della sua vita, come fosse un altro film da girare. Lui è pronto e sale già sul tatami della quotidianità, per insegnare, per sognare e per vincere ancora. perché un campione lo è sempre, anche quando smette la carriera. E Stefano sarà sempre un combattente di kumite, anche senza il karategi indosso. Ce l’ha dentro quello e l’indole non mente. Ciak Stefano, in bocca al lupo. Oss.
Il palmares di Stefano descritto da lui stesso. Una miriade di medaglie scintillanti: 8 medaglie mondiali (3 ori e 5 bronzi), due medaglie di bronzo ai Combat Games e un argento ai World Games. Tre medaglie d’oro ai Giochi del Mediterraneo, 17 titoli italiani assoluti, 5 titoli europei e più di 20 medaglie conquistato. Maniscalco ne è convinto: “Ho fatto veramente il mio”. 11 finali europee con 20 medaglie messe al collo e 5 ori. 3 ori ai campionati del mondo, insieme a 5 bronzi conquistati.
Claudio Culasso racconta Stefano Maniscalco
“Ho arruolato Stefano a 18 anni, quando era ancora un giovane emergente, era un ragazzo dalle belle promesse. L’ho seguito insieme a Marco Lanzilao. Per le sue caratteristiche fisiche e tecniche naturali, si è subito messo in evidenza, metteva in difficoltà anche gli atleti più esperti come Davide Benetello, Gennaro Talarico e Savio Loria. Un ragazzone di quella struttura fisica e velocità, mobilità articolare, era eccezionale. L’ho seguito e ha cominciato ad essere visionato da Aschieri per la Nazionale Italiana. Ha fatto la prima gara giovanile juniores in azzurro, vincendo subito. E’ arrivato secondo ai Mondiali. Ha vinto gli Europei Juniores. Era già un atleta dalle grandissime promesse, sotto l’occhio di tutti. Poi è diventato Maniscalco. Arrivò primo ai Campionati d’Europa, c’erano campioni del calibro di Gulanov, Baldé. Una generazione di fortissimi tra cui anche Benetello, che era nel suo massimo splendore agonistico. Stefano ha vinto gli Europei ed è arrivato primo a Monterrey al Mondiale. Ha vinto il bronzo iridato nel 2004, a 22 anni. Ha conquistato due medaglie ai Giochi del Mediterraneo ad Almeria e poi è arrivato il titolo eclatante mondiale a Tampere negli Open. E in quella competizione avrebbe potuto vincere in due classi diverse, un doppio oro mondiale praticamente. Il terzo posto a Tampere gli stava stretto e si giocò la possibilità di arrivare in finale. Nel 2007 poi ha vinto ancora gli Europei e poi ha vinto a Tokyo la Coppa del Mondo. Vinse il bronzo contro Aghayev e invertì le medaglie rispetto a Tampere. I suoi risultati lo annoverano tra i più grandi delle Fiamme Gialle e della Nazionale. Viene ricordato come talento unico e con prestazioni di altissimo livello. Riusciva ad esprimere velocità, eleganza nel gesto atletico, così raffinato che lasciava tutti a bocca aperta. La sua caratteristica era quella di essere un atleta polivalente e versatile. Poteva fare in gara tantissimi punti, con tecniche di braccia e di gambe. Proiettava come sapevano fare pochissimi. Posso dire che, confermato da Aschieri, è il più grande atleta nella storia del karate italiano e mondiale. I suoi risultati parlano chiaro”.
Caro Stefano, cominciamo da questo difficile anno 2020. Come stai vivendo la realtà di una pandemia che ha condizionato le vite di tutti?
“A gennaio ho firmato la dismissione al Centro Sportivo della Guardia di Finanza, dopo 20 anni di onorata carriera. Ero contentissimo e stavo per cominciare un nuovo percorso. Siccome il settore karate è fermo, grazie alle Fiamme Gialle inizio un percorso con gli atleti del judo, come preparatore fisico. Chiaramente un anno complicato per tutti per la pandemia. Allenarsi in Caserma senza obiettivi sportivi è stato difficile. Senza sapere quale gara fare. Avere un distanziamento sociale, non potersi abbracciare e non andare a casa a Palermo, dai miei genitori. Da febbraio e giugno sono stato solo, senza vedere la mia famiglia, mi pesava moltissimo. Ho comprato casa all’Eur, per fortuna c’è un parco, inizialmente non si poteva neanche andare. Ti svegliavi la mattina e dovevi allenarti a casa. Da solo. Fare sempre le stesse cose. Poi ti ci abitui. Colazione, allenamento, stretching, spesa, notizie sportive, pranzo, riposo, allenamento e serie tv. Tutti i giorni era così. Per fortuna potevo comunque andare in Caserma. Ci alternavamo con gli altri tecnici. Sono inquadrato come tecnico del karate, ma in questo momento mi occupo di judo. E’ stato tosto. Stavamo preparando le Olimpiadi, ma in modo molto condizionato. Hanno spostato i Giochi. E’ stato un bene il loro slittamento. Un evento che ogni 4 anni richiama folle che non puoi coinvolgere, non è una Olimpiade vera. Speriamo che nel 2021 si possano fare con il pubblico. Doveva partecipare anche il karate e si dovrà attendere ancora. Sembra ci sia una “maledizione” su di noi. Ho fatto parte di questa grande famiglia, stiamo lavorando per poter svolgere il ruolo di tecnico in questo settore, alle Fiamme Gialle, prestissimo, sta avvenendo.
Il 15 dicembre mi hanno premiato, per i miei 20 anni di carriera. Lo hanno fatto il Generale Parrinello e il Colonnello Viti. Una bella premiazione, segna un percorso. Un fighter non smette mai di combattere, al momento del suono della campanella, si rimette i guantini e torna sul tatami. Ho chiuso un percorso ma non ho smesso di combattere, fino a che avrò fiato lo farò anche a 80 anni”.
Non sei solo un grande campione, ma hai girato anche un film sul karate e stai scrivendo un libro sulla tua vita. Puoi raccontare queste esperienze? Puoi darne delle anticipazioni?
“In questo stop forzato e in questi anni in cui ho smesso con il karate sportivo, mi sono reinventato. Sin da bambino ho avuto sempre questo atteggiamento. Il karate l’ho praticato grazie a mio padre maestro della disciplina, insieme alle mie sorelle Laura e Michela, campionesse italiane e mondiali. Sognavo di essere come Jean Claude Van Damme, Chuck Norris, Westley Snipes, tutti grandissimi campioni. Guardavo i loro film sulle arti marziali. Ero anche un bravo calciatore, ma i miei calci non li volevo dare certo a un pallone, ma ad un avversario sul tatami. Mio padre mi ha preparato nella ginnastica artistica e lo consiglio a tutti i bambini. E’ propedeutica per la crescita di un atleta. Lo farò sicuramente con mio figlio, un giorno. Tutti i sogni che ho avuto nella mia vita, li ho realizzati. Il mio desiderio era quello di diventare un campione di karate (mondiale, europeo e italiano) e lo sono diventato, avevo il sogno di entrare nelle Fiamme Gialle e l’ho fatto. Non pensavo alle Olimpiadi, ma c’era il mondo da conquistare e allora pensavo solo ad esso. Pagherei oro per partecipare ai Giochi oggi, a 38 anni non mi preme particolarmente però, anche se.. rosicherò tantissimo (ride) quel giorno in cui vedrò i karateka a Tokyo. Certo, è l’unica medaglia che mi manca.. però non era quello che volevo. Volevo fare anche l’attore. Cinque anni fa ho conosciuto il mio grande amico Claudio Del Falco, un artista marziale che ha fatto più di 20 film distribuiti in giro per il mondo e sulle piattaforme digitali e televisive. Abbiamo girato un film insieme sulle arti marziali “Karate Man”, con un regista importante come Claudio Fracasso. Lo abbiamo fatto lo scorso anno prima della pandemia, per fortuna. C’erano altri attori e artisti marziali con noi. Io interpreto me stesso. Nella storia Claudio ha problemi fisici e poi vince il titolo mondiale. Doveva uscire in questi mesi il film, ma è slittato a causa del Covid. Uscirà nella prossima primavera, ci sarà una bella anteprima. Non vedo l’ora di essere al cinema con tutti i karateka, per mostrare che il mio sport è arrivato nelle sale. Ho realizzato anche questo sogno.
Fracasso mi ha fatto i complimenti e mi ha detto che sono un bravo attore e allora.. aspetto tutti al cinema. Insieme a Del Falco stiamo cercando di girare un altro film, sempre sulle arti marziali. Sono stato contattato poi anche da uno scrittore e karateka Alex Petrogiacomi, per la casa editrice Alcatraz di Milano. L’ho conosciuto tramite il mio amico fraterno Massimiliano Ferrarini, suo maestro di karate (che mi ha portato a vincere l’ultimo argento europeo e gli ultimi due titoli italiani, sarò sempre grato per questo). Si parla di karate e non solo nel mio libro. Di flirt con star dello spettacolo, di televisione e di reality show e trasmissioni televisive a cui ho partecipato. Il personaggio ideale per un libro insomma, me lo ha detto Pietrogiacomi. Stiamo scrivendo questo libro, quasi pronto. Titolo “Ultimo imperatore del karate”. Prende spunto da ciò che mi disse Christian Toni, dopo la finale vinta agli Assoluti del 2017. Mi abbracciò e mi disse: “Sei l’ultimo imperatore del karate”. Lo zar del karate. Sto realizzando anche questo desiderio allora, debutterò sia come attore che come scrittore. Nella vita bisogna andare avanti sempre”.
Una carriera lunghissima cominciata con le Fiamme Gialle, da professionista, nel 2000. Cosa ricordi dei momenti con la squadra gialloverde? C’è una persona in particolare che ti senti di ringraziare?
“Entrai certo nel 2000, ma le Fiamme Gialle le frequentavo già nel 1998. Feci una gara a Catania, ai Campionati Italiani Juniores. Fui presentato dal mio Maestro Fujoka scomparso nel 2015. Purtroppo non c’è più, sono molto legato a lui (dice con affetto). Mi presentò a Claudio Culasso, tramite Luca Valdesi. Culasso mi vide e restò colpito dalla mia struttura fisica. Io sognavo quei colori gialloverdi: i migliori erano tutti in Fiamme Gialle. Savio Loria, Davide Benetello, Edgardo Artini, Corrado Ferrara, Luca Valdesi, Lucio Maurino, Fulvio Sole. I più grandi. Quando feci quella competizione, Claudio Culasso ancora non mi aveva visto. Mio padre lo vide sugli spalti e lo chiamò. Il tempo di dare un colpo vincente di mawashi geri velocissimo al mio avversario inglese.. che Claudio si girò a guardarmi, dicendo: “Che pennellata!”. Subito mi ha preso alle Fiamme Gialle. Avevo 16 anni e andavo alle gare con il pulmino gialloverde (una cosa bella che mi piaceva molto. Ero nel loro mondo, era bellissimo, per un ragazzo che sognava di esserci) (ride). Claudio mi diceva sempre che se avrei proseguito a vincere e a fare bene nel karate, a 18 anni sarei entrato ufficialmente nella Guardia di Finanza. E dopo due anni ci sono entrato. In quei due anni facevo la spola Palermo – Roma con Luca Valdesi. Alle sei del mattino arrivavamo a Villa Spada e poi ci allenavamo. Una settimana eravamo a Roma e 10 giorni a casa. Nel 2000 ho cominciato a vincere tantissimo: gli Europei Juniores e Seniores, terzo ai Mondiali nel 2004, ho avuto degli infortuni e mi sono rotto il naso per la prima volta nel 2001. Ho vinto diversi titoli italiani, abbiamo conquistato la Coppa Europa con le Fiamme Gialle. Ho partecipato ai Combat Games di Pechino, insieme a Luigi Busà. Poi sono stato all’edizione di San Pietro Burgo e ho vinto il bronzo. Unico italiano ad aver vinto due medaglie in una stessa edizione dei Mondiali, l’unico fighter del kumite, insieme ad Aghayev. Accadde a Tampere (oro e bronzo) e a Tokyo (oro e bronzo). A 18 anni ho vinto il mio primo campionato italiano a Palermo, dove c’erano famiglia e Fujoka a fare il tifo per me. Grazie a Claudio Culasso, che mi prese. Mi sta sempre vicino oggi e mi da dei consigli. Ringrazio la mia famiglia e mio padre, che non mi lascia e mi sta vicino. Mi ha sempre sostenuto a livello economico, mentale. Mia madre, le mie sorelle, sempre parte di me.
Anche oggi che ho smesso la carriera sportiva. Ringrazio Culasso che mi ha portato a Roma. Ringrazio il Prof. Pierluigi Aschieri, direttore tecnico della Nazionale. Ha sempre creduto in me e mi ha sempre “bastonato” per spronarmi. E’ stato sempre l’unico ad aver detto costantemente che sono stato il più grande campione di tutti i tempi. Claudio mi lisciava e Aschieri mi tirava “bordate”. Ero un cavallo pazzo.. (ride) dovevo essere trattato così per trovare il mio equilibrio. Questo è il segreto del mio successo. Ho un carattere esuberante.. lo riconosco, ma sono una brava persona. Riesco anche a chiedere scusa. Il primo titolo mondiale a Tampere mi ha entusiasmato. La cosa più bella per me. Ho vinto i Mondiali poi anche a Tokyo, al Budokan, dove si svolgeranno le prossime Olimpiadi. Il Maestro Fujoka mi telefonò e mi disse: “Stefano sei grande”.
Chi sono stati i tuoi compagni di viaggio più affezionati? Puoi raccontare qualche episodio con loro?
“Ce ne sono stati tantissimi. Ho avuto tanti compagni di viaggio. Sin dal 2000 il mio amico fraterno Savio Loria, insieme a Davide Benetello. In quei primi anni alle Fiamme Gialle, mi hanno adottato e preso per mano. Benetello è stato un grande compagno di squadra. Eravamo della stessa categoria di peso, ma non è mai stato invidioso di me, anzi è stato una chioccia. Mi ha dato consigli e mi ha fatto crescere. Abbiamo fatto finali insieme. In Nazionale facevamo uno la categoria open e l’altro i pesi massimi. Sempre affiatati. Nel 2004 Davide ha smesso la carriera ed è diventato il grande dirigente della Wkf che tutti conosciamo. Da quell’anno ho proseguito il mio cammino in Fiamme Gialle con Savio. Mi dava consigli anche prima della sua gara. E’ sempre stato un allenatore, come lo è ora. Già in quegli anni. Ho condiviso con lui molti allenamenti, ci tiravamo, combattevamo insieme. A volte uscivamo dal tatami sfiniti e provati sulla pelle, entrambi. E’ stato un mio grande amico. Non solo nel karate, anche nella vita. Io andavo a Torino e lui veniva a Palermo. In estate andavamo in vacanza insieme a ci allenavamo per i Mondiali, a casa sua al mare. Fino al 2013 siamo stati insieme alle Fiamme Gialle.
Poi Savio ha lasciato la carriera agonistica. Da allora ho condiviso il mio cammino sportivo e personale con Nello Maestri. E’ stato mio allievo alla Yamarashi, nel gruppo degli agonisti. Lo allenavo e lo prendevo sempre sotto la mia ala, stava zitto, prendeva botte e aveva un temperamento da combattente. Più si arrabbiava e più diventava forte. Un grande già da allora. Siamo diventati grandi amici fraterni. Dal 2006 è all’Esercito, dove è stato un grande campione e ora è allenatore. Ha vinto tantissimi tornei internazionali. Con lui anche Luigi Busà. Mi chiedeva di tirare insieme a lui e io notavo le sue qualità da campione immenso che è oggi. Mi hanno sempre portato rispetto, sono più piccoli di me e quando erano giovani atleti, io ero già un campione affermato grosso fisicamente, un idolo. Sono stati loro poi i miei compagni di viaggio. Mi hanno accompagnato fino all’ultima gara nel 2017 a Ostia. Un passaggio di testimone anche da capitano: Talarico a Benetello, Benetello a Loria, Loria a me fino al 2017 in Nazionale. L’ho passato poi a Busà, oggi capitano della Nazionale di karate”.
Le Fiamme Gialle ti hanno recentemente consegnato il Premio alla Carriera. Come è stata la cerimonia? E’ stato importante per te?
“Finalmente dopo 20 anni di onorata carriera ho ricevuto un premio che ha riconosciuto sacrifici e successi. Il Generale Aniello e il Generale Parrinello. Il Colonnello Viti. Mi hanno premiato loro. Una bella manifestazione al Centro Sportivo della Guardia di Finanza a Ostia. Ti fa capire quanto sei stato grande per quello che hai fatto. Contento di essere stato premiato da coloro che mi hanno visto crescere come atleta. C’è un tempo per tutto. E’ stato emozionante, ho pensato a tantissime cose. E’ stato il mio momento, insieme a Valerio Aspromonte e Libania Grenot. Una cosa fantastica. Me lo ha comunicato il Colonnello Viti alcune settimane prima ed ero davvero felicissimo. Luca Valdesi ricevette un riconoscimento nel 2015.. e poi come lui, io pochi giorno fa”.
Sei una delle icone del Cinquantenario della Wkf. Hai vinto due Mondiali e tre Europei da senior. Quali sono le emozioni più belle che hai vissuto in Nazionale? Nel 2017 hai fatto il tuo ultimo incontro agli Assoluti. Cosa ricordi di quel momento?
“Penso di essere stato uno dei più grandi campioni. Credo di essere stato uno che ha rivoluzionato il modo di essere un karateka. Ho sempre messo potenza, eleganza, la completezza, prima di tutto. Mi è sempre piaciuto fare spettacolo sul tatami. Se qualcuno oggi mi chiede chi è stato il più grande, rispondo sicuramente: io. Non voglio peccare di presunzione, anzi. Chi può dire, chi è il più grande? Ce ne sono stati tanti nella storia. Anche negli altri sport. Ma io sono stato un rivoluzionatore. Un metro e 90 e 100 chili. Ho lavorato sulle proiezioni, sui calci, sui pugni, sulla leggerezza. Ho fatto finali dove vincevo di misura sugli avversari (12 a 0, 7 a 0, 12 a 2, 5 a 2, 10 a 0). Con Erkan ai Giochi del Mediterraneo ho fatto 9 a 1. Risultati tennistici. Se mi dovessero dire chi ha vinto di più direi sicuramente Aghayev. Se devo dire chi ha lasciato qualcosa, penso a me. L’ultimo incontro che feci nel 2017 agli Assoluti stavo bene sia di testa e di fisico. Stavo perdendo con Christian Toni e mi sono inventato questo uromawashi e vinsi. Ricordo benissimo quella vittoria.
L’abbraccio del mio avversario, un bravissimo ragazzo e persona leale, ha sempre dato il massimo a livello nazionale. Avrebbe potuto dire anche qualcosa a livello internazionale. Un ottimo contendente. Oltre alle finali fatte con i grandi campioni. Io sono al numero uno della classifica, ma devo anche citare Luigi Busà che si è qualificato alle Olimpiadi, posso dire Rafael Aghayev, Alex Biamonti, che mi è sempre piaciuto, lo stesso Davide Benetello per la sua precisione. Savio Loria anche per la sua tattica. Ci sono tanti campioni che posso nominare”.
Nel kumite sei stato nel mondo, uno dei migliori. Se non il migliore. Cosa pensi della tua carriera? Quali sono i tuoi sogni futuri sul tatami? Hai un album di foto o un luogo dove conservi i tuoi ricordi e cimeli sportivi?
“Come già detto, nel kumite credo di essere stato il migliore, insieme ad altri. Ho rivoluzionato il modo di combattere. Velocità, completezza, esplosività, pulizia tecnica. Nel 2005 ai Giochi del Mediterraneo, momento in cui il karate era in lizza per le OIimpiadi, sono venuti i membri del Cio a guardare le gare. Mi ricordo che mi dissero di fare bene, perché il Cio era venuto a visionare il karate. Disputai una finale stratosferica, in un minuto feci 10 a 0 al mio avversario, con velocità. Misi pugni, calci e proiezioni. E i membri del Cio dissero che, se quello era il karate, doveva per forza essere uno sport olimpico. Arrivò una lettera di Antonio Espinos, che si congratulava con me per aver mostrato quello che era il karate puro. Quello bello, che si era visto in quel giorno. Non entrò poi nell’edizione dei Giochi successiva, non decidevano certo i membri del Cio, ma io li impressionai. Ero un 100 chili che combatteva come un atleta di 60. Spostamenti, calci, pugni. Ho rivoluzionato il modo di combattere. Il mio obiettivo futuro adesso è quello di aprire il karate ancora alle Fiamme Gialle. Portare a sognare gli atleti verso altissimi livelli. Come me, se non meglio. Mi piace lavorare con i ragazzi e farli sognare. Sono un motivatore, è la cosa più bella fare. In questa vita dove tutto può accadere nel bene e nel male, vorrei aiutare persone convinte del proprio talento, come io ho fatto nella mia vita sportiva. Poter allenare le Fiamme Gialle e la Nazionale, insieme a Savio e Guazzaroni.
Avere un Maestro accanto come Culasso e amici come Davide Benetello, Max Ferrarini. Averli accanto a me. A casa ho una bacheca speciale enorme, piena di ricordi, dove conservo le mie medaglie. Mio padre ne prendeva una e la deponeva dentro. Ogni volta che vado a Palermo, entro nella mia camera e mi soffermo a guardarla. Ho vissuto una bellissima vita sportiva. Sono contentissimo di quello che ho fatto”.
Il karate non potrà essere uno degli sport partecipanti a Parigi 2024. Cosa pensi di questa esclusione?
“Sono rimasto male ogni volta, che il karate non è riuscito ad entrare alle Olimpiadi. Lo ha fatto quando io avevo già vinto tutto. Avevo già finito la mia carriera. Ho provato a fare la qualifica olimpica a 36 anni e ho visto che non ne avevo più voglia. Non è detto che non lo sarà a Parigi. La decisione finale sarà presa dopo le Olimpiadi di Tokyo. Siamo ancora dentro al movimento olimpico, siamo stati esclusi dal Paese ospitante. Queste sono le nuove regole. La Wkf sta lavorando per il 2024 e per restare nel 2028 a Los Angeles. Il Cio ha investito sul karate e lo ha garantito ai Giochi Europei del 2023. Alle prossime Olimpiadi Giovanili del 2026 ci sarà. Se tu investi in uno sport a livello europeo e livello olimpico giovanile, vuol dire che qualcosa c’è e ci sarà. Vuol dire che il Cio ci vede di buon occhio. Lo ha deciso il Paese ospitante di non farci entrare. Il Cio no. Questa è una notizia che già si sapeva. Noi faremo di tutto per esserci. Nel 2028 ci sono buonissime possibilità che il karate sia protagonista”.
Secondo te, chi potrà portare la medaglia d’oro a casa da Tokyo, della Nazionale italiana?
“Hanno le carte in regola i nostri ragazzi. Luigi Busà, Mattia Busato e Viviana Bottaro. Tutti possono farlo. Come possono vincere l’argento e il bronzo. Spero che possano vincere il titolo. Luigi è il più in forma, Viviana è l’eleganza fatta persona. Anche lei può vincere. Per il kata credo sia più difficile, ma Mattia è eccezionale”.
Guardiamo al futuro. Chi sarà Stefano tra 10 anni? Cosa dirai a tuo figlio di te un giorno? Cosa le insegneresti del karate, che tu hai imparato?
“Tra dieci anni mi piacerebbe avere un figlio ed essere allenatore in Nazionale e in Fiamme Gialle. Sarò conosciuto come atleta e come attore. Quello che penso e ciò per cui sto lavorando. Mi piacerebbe continuare a scrivere dei libri, per poter aiutare i ragazzi e dare loro degli incentivi motivazionali. Insegnerò a mio figlio i valori. Quello che mio padre ha insegnato a me, è un ottimo padre. Nello sport e nella vita, essere uomo e non mollare mai. Questo insegnerò a mio figlio, qualunque cosa voglia, deve sognare e lottare per i suoi desideri. Mi piacerebbe avere accanto una donna intelligente, una persona con cui posso condividere tutto e mi faccia stare sereno. Vorrei avere una famiglia. Vedere tantissimi campioni alle Fiamme Gialle. Poter dare tanto al karate e alle persone che vogliono crescere”.
(Il Faro online)(fotocopertina@fijlkam)