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Vestiti d’alta moda contraffatti venduti sui social: nei guai una 20enne

21 dicembre 2020 | 10:19
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Vestiti d’alta moda contraffatti venduti sui social: nei guai una 20enne

La giovane aveva realizzato un volume d’affari di circa mezzo milione di euro

Sinergia, è il termine che riassume l’essenza dell’operazione Bologna Luxury appena conclusa dal Nucleo Speciale Beni e Servizi della Guardia di Finanza, che ha puntualmente seguito le direttive del pubblico ministero inquirente, Antonella Scandellari della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna, con l’individuazione di un profilo social attraverso cui venivano proposti per la vendita capi e accessori d’abbigliamento di alta moda … ma contraffatti.

Dalla nascita del Siac, il Sistema Informativo AntiContraffazione, gestito dal Corpo sono state intessute e rafforzate strette forme di collaborazione con i titolari dei diritti di proprietà industriale e le associazioni di categoria che li rappresentano, mirate a stanare i “furbetti” del web e a reprimere le attività illecite poste in essere facendosi scudo delle garanzie di anonimato che internet talvolta permette.

Follie di lusso era il nome dell’account aperto, prima su Facebook, poi su Instagram da una giovane “imprenditrice” bolognese. Le è bastato poco: qualche conoscenza informatica, un pc e uno smartphone sono stati gli strumenti utilizzati per svolgere indisturbata, fino all’arrivo delle fiamme gialle, la sua attività economica, nella più completa indifferenza degli interessi dei legittimi titolari dei marchi violati e in totale spregio delle norme fiscali e amministrative nazionali che disciplinano le imprese commerciali.

La donna, sfruttando le regole dell’e-commerce, era convinta che fosse sufficiente allestire, comodamente da casa sua, una “vetrina virtuale” su un profilo social creato ad hoc e con un nome accattivante, postare quotidianamente centinaia di inserzioni promozionali, tratte qua e là sul web e individuare un fornitore “affidabile” in Cina per conseguire lauti compensi. Ha iniziato, quasi per gioco, ma poi, visto che la gente comprava, i guadagni c’erano e nessuno la “pizzicava”, ha cominciato a strutturare sempre di più la propria attività: nel momento in cui è stato chiesto il lockdown del suo profilo risultavano pubblicati oltre 2mila e 600 post di vendita e avere circa 8mila e 416 followers.

Il sistema messo in piedi, nella sua semplicità, era ben congegnato: gli acquirenti virtuali sceglievano l’oggetto del desiderio, iniziava, quindi, la contrattazione del prezzo su chat privata via whatsapp; a seguire, l’indagata, dopo aver percepito l’importo pattuito, attraverso bonifico o ricariche su carte postepay i cui estremi venivano dati sempre nel corso dello scambio di messaggi, procedeva a effettuare l’ordine dal suo referente in terra d’oriente.

La merce, pubblicizzata di alta qualità con la sigla AAA+ , veniva spedita direttamente al compratore finale, senza possibilità alcuna di reso.

Un’azione sistematica di monitoraggio del web, anche facendo ricorso a complessi algoritmi di ricerca, ha permesso ai titolari dei marchi violati di segnalare le infrazioni direttamente al social network e alla Guardia di Finanza di ricostruire l’attività illecita. Gli approfondimenti investigativi, da subito avviati, prima d’iniziativa e poi nell’ambito di attività delegata di PG coordinata dalle Procure di Roma e di Bologna, hanno portato alla esatta identificazione del titolare dell’account “Follie di Lusso”, una 20enne residente a Bologna, a cui sono stati contestati i reati di commercio di merci contraffatte e ricettazione.

Le successive perquisizioni hanno, poi, portato all’acquisizione di importanti elementi probatori, grazie ai quali è stata compiutamente delineata l’impresa del falso posta in essere dalla donna che, in poco più di due anni, aveva realizzato un “volume d’affari” di circa mezzo milione di euro, segnalato per il suo recupero a tassazione, e le sono state sequestrate disponibilità patrimoniali e finanziarie per circa 90mila euro.

Il minuzioso esame delle conversazioni via whatsapp, attraverso l’analisi forense dei supporti informatici sottoposti a sequestro e i dati emergenti dalle carte prepagate e dai conti correnti, ha, altresì, consentito di individuare la rete degli acquirenti, la cui posizione sarà valutata secondo la normativa vigente. Variegata la gamma degli acquirenti, dalla giovane ragazza che nel tentativo di “risparmiare e fare bella figura” aveva ben pensato di comprare una borsa contraffatta da regalare in occasione del compleanno della migliore amica, al professionista che aveva il desiderio di possedere un accessorio di lusso a buon mercato … tanto nessuno si sarebbe accorto che era falso.

Per fare un po’ di statistiche sugli acquirenti e vederne il loro profilo, vi è da dire che il 60 per cento ha un’età compresa tra i 30 e i 50 anni, il 24 per cento ha più di 50 anni e il 16 per cento è sotto i 30 anni.

Variegato è il panorama geografico, essendo state coperte pressoché tutte le province italiane, questo a ulteriore conferma del fatto che i negozi virtuali non hanno limitazioni territoriali. Al momento dell’arrivo della spedizione, ovviamente, le sorprese: merce di pessima qualità, borse e scarpe che puzzavano a causa di coloranti e collanti utilizzati, rifiniture molto approssimative, calzature che dopo il primo uso erano da buttare … facendo così svanire velocemente quel momento di “follia di lusso” e realizzando una perdita economica.