Natale, il Papa: “Dimenticando la mangiatoria di Betlemme diventiamo analfabeti di bontà”
Il Pontefice: “Dio è nato bambino per spingerci ad avere cura degli altri. Il suo tenero pianto ci fa capire quanto sono inutili tanti nostri capricci”
di FABIO BERETTA
Città del Vaticano – “Insaziabili di avere, ci buttiamo in tante mangiatoie di vanità, scordando la mangiatoia di Betlemme. Quella mangiatoia, povera di tutto e ricca di amore, insegna che il nutrimento della vita è lasciarci amare da Dio e amare gli altri. Gesù ci dà l’esempio: Lui, il Verbo di Dio, è infante; non parla, ma offre la vita. Noi invece parliamo molto, ma siamo spesso analfabeti di bontà”.
E’ una Messa della Notte di Natale sui generis quella che si celebra questa sera nella basilica vaticana: la piazza, nonostante sia addobbata, è deserta; anticipato di due ore a causa del coprifuoco, al rito che ricorda la nascita di Cristo partecipano poche decine di fedeli; la navata centrale è semibuia, così come il baldacchino del Bernini. Tutto si svolge all’Altare della Cattedra. Tutti, ad eccezione del Papa, indossano la mascherina.
Fuori, tra le colonne deserte, riecheggiano i rintocchi del campanone, dentro, tra marmi e stucchi antichi riecheggia il canto del “Gloria”, intonato dal coro in latino. Immagini, quelle che arrivano da Oltretevere in mondovisione, che richiamano alla memoria il lockdown e le celebrazioni della Settimana Santa: riti, quelli della Pasqua 2020, celebrati in un clima di restrizioni e divieti.
E se ieri il Papa aveva invitato tutti i fedeli a non ridurre il Natale a una festa “ricca di regali ma povera di fede” (leggi qui), oggi spinge a riflettere sulla profezia di Isaia: “Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio” (Is 9,5). “Si sente spesso dire che la gioia più grande della vita è la nascita di un bambino. È qualcosa di straordinario, che cambia tutto, mette in moto energie impensate e fa superare fatiche, disagi e veglie insonni, perché porta una felicità indescrivibile, di fronte alla quale niente più pesa. Così è il Natale: la nascita di Gesù è la novità che ci permette ogni anno di rinascere dentro, di trovare in Lui la forza per affrontare ogni prova”, sottolinea il Santo Padre nella sua omelia.
Ma il dono stupendo del Natale, fa notare il Pontefice, è che “Dio viene al mondo come figlio per renderci figli di Dio”. E aggiunge: “Oggi Dio ci meraviglia e dice a ciascuno di noi: ‘Tu sei una meraviglia’. Sorella, fratello, non perderti d’animo. Hai la tentazione di sentirti sbagliato? Dio ti dice: ‘No, sei mio figlio!’ Hai la sensazione di non farcela, il timore di essere inadeguato, la paura di non uscire dal tunnel della prova? Dio ti dice: ‘Coraggio, sono con te’. Non te lo dice a parole, ma facendosi figlio come te e per te, per ricordarti il punto di partenza di ogni tua rinascita”.
Al di sotto delle nostre qualità e dei nostri difetti, più forte delle ferite e dei fallimenti del passato, delle paure e dell’inquietudine per il futuro, c’è questa verità: siamo figli amati. E l’amore di Dio per noi non dipende e non dipenderà mai da noi: è amore gratuito, pura grazia.
Il Papa ricorda quindi “il dono gratuito” di Dio, ovvero suo Figlio: “Eppure, se guardiamo all’ingratitudine dell’uomo verso Dio e all’ingiustizia verso tanti nostri fratelli, viene un dubbio: il Signore ha fatto bene a donarci così tanto, fa bene a nutrire ancora fiducia in noi? Non ci sopravvaluta? Sì, ci sopravvaluta, e lo fa perché ci ama da morire. Non riesce a non amarci. È fatto così”.
E spiega: “Dio ci vuole bene sempre, più bene di quanto noi riusciamo ad averne per noi stessi. È il suo segreto per entrare nel nostro cuore. Dio sa che l’unico modo per salvarci, per risanarci dentro, è amarci. Sa che noi miglioriamo solo accogliendo il suo amore instancabile, che non cambia, ma ci cambia. Solo l’amore di Gesù trasforma la vita, guarisce le ferite più profonde, libera dai circoli viziosi dell’insoddisfazione, della rabbia e della lamentela”.
Il Santo Padre pone poi un’altra domanda: “Perché è venuto alla luce nella notte, senza un alloggio degno, nella povertà e nel rifiuto, quando meritava di nascere come il più grande re nel più bello dei palazzi?”. La risposta: “Per farci capire fino a dove ama la nostra condizione umana: fino a toccare con il suo amore concreto la nostra peggiore miseria. Il Figlio di Dio è nato scartato per dirci che ogni scartato è figlio di Dio”.
“È venuto al mondo come viene al mondo un bimbo, debole e fragile, perché noi possiamo accogliere con tenerezza le nostre fragilità. E scoprire una cosa importante: come a Betlemme, così anche con noi Dio ama fare grandi cose attraverso le nostre povertà. Ha messo tutta la nostra salvezza nella mangiatoia di una stalla e non teme le nostre povertà: lasciamo che la sua misericordia trasformi le nostre miserie!”, spiega Bergoglio.
Infine, il Papa riflette sulla mangiatoia: “A Betlemme, che significa ‘Casa del pane’, Dio sta in una mangiatoia, come a ricordarci che per vivere abbiamo bisogno di Lui come del pane da mangiare. Abbiamo bisogno di lasciarci attraversare dal suo amore gratuito, instancabile, concreto. Quante volte invece, affamati di divertimento, successo e mondanità, alimentiamo la vita con cibi che non sfamano e lasciano il vuoto dentro!”. E ammonisce: “Quella mangiatoia, povera di tutto e ricca di amore, insegna che il nutrimento della vita è lasciarci amare da Dio e amare gli altri. Gesù ci dà l’esempio: Lui, il Verbo di Dio, è infante; non parla, ma offre la vita. Noi invece parliamo molto, ma siamo spesso analfabeti di bontà”.
E conclude: “Dio è nato bambino per spingerci ad avere cura degli altri. Il suo tenero pianto ci fa capire quanto sono inutili tanti nostri capricci. Il suo amore disarmato e disarmante ci ricorda che il tempo che abbiamo non serve a piangerci addosso, ma a consolare le lacrime di chi soffre”.
Infine, una preghiera; “Ci è stato dato un figlio. Sei Tu, Gesù, il Figlio che mi rende figlio. Tu mi ami come sono, non come mi sogno. Abbracciando Te, Bambino della mangiatoia, riabbraccio la mia vita. Accogliendo Te, Pane di vita, anch’io voglio donare la mia vita. Tu che mi salvi, insegnami a servire. Tu che non mi lasci solo, aiutami a consolare i tuoi fratelli, perché da stanotte sono tutti miei fratelli”. Domani, a mezzogiorno, il Messaggio e la benedizione Urbi et Orbi.
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