“Basta violenze!”. Da Baghdad l’appello del Papa per un mondo senza armi
Il Papa agli iracheni: “La religione, per sua natura, dev’essere al servizio della pace. Il nome di Dio non può essere usato per giustificare omicidi e terrorismo”
Baghdad – “Vengo come pellegrino di pace, in nome di Cristo, Principe della Pace. Quanto abbiamo pregato, in questi anni, per la pace in Iraq! Tacciano le armi! Se ne limiti la diffusione, qui e ovunque! Cessino gli interessi di parte, quegli interessi esterni che si disinteressano della popolazione locale. Si dia voce ai costruttori, agli artigiani della pace! Ai piccoli, ai poveri, alla gente semplice, che vuole vivere, lavorare, pregare in pace. Basta violenze, estremismi, fazioni, intolleranze!”.
Dal Palazzo Presidenziale di Baghdad, prima tappa dello storico viaggio apostolico in Iraq, arriva un altro appello accorato appello di Papa Francesco al disarmo. Un appello pronunciato nella grande sala dove incontra, come da prassi, le Autorità politiche e religiose, i rappresentanti della Società Civile e i Membri del Corpo Diplomatico dell’Iraq.
Il Pontefice invita i leader del Paese a dare “spazio a tutti i cittadini che vogliono costruire insieme, nel
dialogo, nel confronto franco e sincero, costruttivo” un nuovo Iraq. Bergoglio incoraggia le Istituzione a dare voce “a chi si impegna per la riconciliazione e, per il bene comune, è disposto a mettere da parte i propri interessi. In questi anni l’Iraq ha cercato di mettere le basi per una società democratica”.
“È indispensabile in tal senso – aggiunge – assicurare la partecipazione di tutti i gruppi politici, sociali e religiosi e garantire i diritti fondamentali di tutti i cittadini. Nessuno sia considerato cittadino di seconda classe. Incoraggio i passi compiuti finora in questo percorso e spero che rafforzino la serenità e la concordia”.
Poi, un monito alla comunità internazionale, che, per Francesco, “ha un ruolo decisivo da svolgere nella promozione della pace in questa terra e in tutto il Medio Oriente. Come abbiamo visto durante il lungo conflitto nella vicina Siria – dal cui inizio si compiono in questi giorni ben dieci anni! –, le sfide interpellano sempre più l’intera famiglia umana. Esse richiedono una cooperazione su scala globale al fine di affrontare anche le disuguaglianze economiche e le tensioni regionali che mettono a rischio la stabilità di queste terre”.
Dal Santo Padre arriva anche un “grazie” a tutti quegli Stati e Organizzazioni internazionali “che si stanno adoperando in Iraq per la ricostruzione e per provvedere assistenza ai rifugiati, agli sfollati interni e a chi fatica a ritornare nelle proprie case, rendendo disponibili nel Paese cibo, acqua, alloggi, servizi sanitari e igienici, come pure programmi volti alla riconciliazione e alla costruzione della pace. E qui non posso non ricordare le tante agenzie, tra cui diverse cattoliche, che da anni assistono con grande impegno le popolazioni civili”.
“Venire incontro ai bisogni essenziali di tanti fratelli e sorelle è atto di carità e di giustizia, e contribuisce a una pace duratura. Auspico che le nazioni non ritirino dal popolo iracheno la mano tesa dell’amicizia e dell’impegno costruttivo, ma continuino a operare in spirito di comune responsabilità con le Autorità locali, senza imporre interessi politici o ideologici”, l’auspicio del Santo Padre.
Nel suo discorso riprende poi le parole pronunciate in Campidoglio, a Roma, durante la preghiera interreligiosa per la pace (leggi qui) e il Documento sulla fratellanza umana di Abu Dhabi (leggi qui), e ammonisce: “La religione, per sua natura, dev’essere al servizio della pace e della fratellanza. Il nome di Dio non può essere usato per ‘giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione’. Al contrario Dio, che ha creato gli esseri umani uguali nella dignità e nei diritti, ci chiama a diffondere amore, benevolenza, concordia”.
“Anche in Iraq la Chiesa Cattolica desidera essere amica di tutti e, attraverso il dialogo, collaborare in modo costruttivo con le altre religioni, per la causa della pace. L’antichissima presenza dei cristiani in questa terra e il loro contributo alla vita del Paese costituiscono una ricca eredità, che vuole poter continuare al servizio di tutti. La loro partecipazione alla vita pubblica, da cittadini che godano pienamente di diritti, libertà e responsabilità, testimonierà che un sano pluralismo religioso, etnico e culturale può contribuire alla prosperità e all’armonia del Paese”, conclude il Papa, che si avvia poi verso la Cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora della Salvezza per l’incontro con i Vescovi e i Religiosi.
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