Nettuno, riscuotevano da anni la pensione dei parenti defunti: frode da oltre 1 milione
Un familiare di una delle persone scomparse è stato colto mentre riscuoteva la mensilità
Nettuno – Sono nove le persone che per anni hanno intascato la pensione di familiari deceduti, che sono state scoperte dai Finanzieri del Comando Provinciale di Roma.
Le Fiamme Gialle della Compagnia di Nettuno, nel corso di indagini dirette dalla Procura della Repubblica di Velletri e coordinate dal II Gruppo della Capitale, hanno inizialmente acquisito dall’I.N.P.S. i dati dei titolari di pensione (anzianità, vecchiaia, assegno sociale e invalidità), incrociandoli con le risultanze delle banche dati anagrafiche.
In questo modo, sono risaliti a 21 posizioni – tuttora aperte – intestate a soggetti deceduti anche da più di 10 anni, in mancanza di qualsiasi comunicazione all’ente previdenziale. Di queste, 9 hanno riguardato l’appropriazione da parte di familiari delegati ad operare sui rapporti finanziari degli aventi diritto attraverso continui prelevamenti nel tempo, mentre, nei restanti 12 casi, i ratei sono confluiti nei conti correnti, rimasti “dormienti”, intestati ai soggetti deceduti.
Durante l’operazione, un familiare di una delle persone scomparse è stato colto mentre riscuoteva la mensilità; inoltre, è stato individuato un dipendente di un ufficio postale che, ricorrendo a vari artifici, ha prelevato per 3 anni la pensione di un cliente dell’agenzia, impossessandosi di oltre 80mila euro.
Al termine delle indagini, è stata appurata l’indebita erogazione di oltre 1,4 milioni di euro, dei quali oltre 900 mila subito recuperati dall’I.N.P.S., prelevandoli dai conti correnti “dormienti”. Ammonta, invece, a 170mila euro il valore dei beni e delle disponibilità finanziarie sottoposte a sequestro preventivo su disposizione dell’Autorità Giudiziaria ai fini della confisca c.d. “per equivalente”.
L’attività investigativa rientra nel più ampio dispositivo messo in campo dalla Guardia di Finanza di Roma a contrasto dei comportamenti illeciti che sottraggono risorse destinate alle fasce più bisognose della popolazione.
Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.
(Il Faro online)