Asili nido e scuole infanzia, in arrivo 700 milioni dal Ministero. Anief: “Fate presto”
Anief: “Apprezziamo l’intento, ma resta pesante l’alto numero di docenti e Ata non di ruolo”
Scuola – Un avviso pubblico da 700 milioni di euro da assegnare ai Comuni per la messa in sicurezza, la ristrutturazione, la riqualificazione, la riconversione o la costruzione di edifici per asili nido, scuole dell’infanzia e centri polifunzionali per i servizi alla famiglia: a pubblicarlo è stato congiuntamente il ministero dell’Istruzione con quello dell’Interno, in collaborazione con il ministero dell’Economia e delle Finanze e con il Dipartimento per le politiche della Famiglia. “Potenziare asili nido e servizi per l’infanzia significa non solo dare più opportunità educative alle bambine e ai bambini, riducendo le disuguaglianze sociali e territoriali, ma anche favorire concretamente l’occupazione femminile”, ha detto il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi.
“Apprezziamo l’intento – dichiara Anief – del dicastero dell’Istruzione che intende coprire un vuoto enorme sulla fascia 0-6 anni, con percentuali di frequenza scolastica molto molto lontane dalle indicazioni minime di Bruxelles: fino a tre anni, infatti, vi sono delle Regioni, soprattutto del Sud, dove la presenza nei nidi è inferiore al 10%. E anche quella nelle scuole dell’infanzia è in pericolosa discesa. Ma a rendere ancora più pesante il quadro della situazione italiana è anche l’alto numero di docenti e Ata non di ruolo: oltre 170 mila insegnanti e 40 mila impiegate, assistenti tecnici, collaboratrici scolastiche e Dsga”.
“Queste maestre – dice Marcello Pacifico, presidente Anief – vivono la loro professione con stress, sono vittime di burnout e non hanno nemmeno possibilità di fare carriera, se non tentare il passaggio alla dirigenza scolastica. Se a ciò aggiungiamo che il Cnel ha di recente evidenziato la mancanza di servizi di cura e di assistenza, pubblici e privati, oltre che l’assenza di un welfare familiare reale se non sulle spalle delle imprese lavorative, diventa giocoforza garantire l’emancipazione del sesso femminile e la parità di genere iniziando a garantire ai dipendenti una stabilità.
Incrementare, inoltre, il numero di ore di tempo scuola e di strutture per l’accoglienza di bambini fino a 6 anni, senza costi eccessivi per le famiglie, permetterebbe di “liberare”, in prospettiva lavoro, tante donne oggi costrette ad accudire i figli senza alternative. È chiaro che bisogna fare presto e fornire anche possibilità occupazionali maggiori rispetto a quelle attuali, peraltro ancora più modeste a causa dell’emergenza pandemica”.
“Con questo provvedimento si liberano risorse per iniziare a colmare una delle carenze strutturali più significative del nostro Paese, è un investimento strategico che costituisce una componente rilevante anche nel nostro Recovery Plan”, ha commentato il professore Patrizio Bianchi, da poche settimane individuato dal premier Mario Draghi come ministro dell’Istruzione.
“Si tratta di maestri che in questi ambiti sono vicini alla totalità di sesso femminile – spiega Anief -. Donne che vengono pagate meno di un impiegato, operano in condizioni di precarietà anche per decenni, disattendendo le stabilizzazioni automatiche previste dal Bruxelles per coloro che superano i 36 mesi di supplenze, a differenza di quanto ribadito qualche settimana fa dal Comitato dei diritti sociali europei, che ha accolto il ricorso Anief n. 146/2017 sull’illegittimità della reiterazione dei contratti a tempo determinato, con lo Stato che continua ottusamente a tenere chiuse le GaE e a non bandire concorsi riservati per titoli e servizi. Senza dimenticare che quando vengono immesse in ruolo, queste lavoratrici si ritrovano non di rado spedite a centinaia di chilometri da casa con l’obbligo di non tornare per almeno cinque anni pur in presenza di posti vacanti”.
“Sono donne che – ricorda Marcello Pacifico, presidente Anief, – si trovano pure a non potere crescere i loro figli, per via di norme desuete e prive di quell’aspetto umano che dovrebbe essere alla base di ogni rapporto, anche professionale. Ecco perché continuiamo a chiedere la cancellazione del vincolo di permanenza di cinque anni nella sede di destinazione, sia con precisi ciclici emendamenti, sia con un ricorso specifico contro l’imminente bando di mobilità 2021/22″.
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