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Nobel a infermieri e medici, Cimo-fesmed: “Un orgoglio per l’Italia”

25 marzo 2021 | 18:33
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Nobel a infermieri e medici, Cimo-fesmed: “Un orgoglio per l’Italia”

Quici: “Per medici stress fisico e psicologico, vita stravolta”

Roma – Intervistato dall’agenzia Dire, il presidente della federazione Cimo-Fesmed, Guido Quici, si è mostrato estremamente felice per la decisione di Oslo per quanto riguarda la candidatura SSN, la categoria dei sanitari italiani: “La candidatura al Nobel per la Pace 2021 di infermieri e medici italiani è un motivo d’orgoglio per il nostro Paese e per tutti i colleghi che per primi in Europa hanno affrontato la pandemia da Covid-19. Lo hanno fatto potendo fare affidamento su scarsi mezzi a disposizione, senza sapere quali conseguenze avrebbe avuto questo virus nella loro vita e in quella di tutti noi. A loro va il mio personale ringraziamento”.

Sempre Quici afferma che “Hanno corso rischi enormi, testimoniati da centinaia di colleghi medici deceduti e da oltre centomila sanitari contagiati. La loro vita e’ stata completamente stravolta: tutti, dal primo all’ultimo, hanno lavorato, e lavorano ancora oggi dovendo fare fronte a uno stress fisico e psicologico di enormi proporzioni”, ed è motivo di orgoglio per gli italiani.

Come possiamo immaginare, ogni medico, infermiere, sanitario impegnato da oltre un anno nella lotta al Covid ha la propria storia da raccontare. Ne è la prova il libro ‘Giuro di non dimenticare. Storie di medici al tempo del Covid’, scritto dal sindacato dei medici Cimo-Fesmed, al cui interno trovano spazio ben 28 storie, testimonianze di medici vissute all’interno degli ospedali durante la pandemia.

Il presidente Quici fotografa quelle che lo hanno maggiormente colpito. “C’è la collega tornata dalla maternità e che subito viene chiamata ad affrontare il Covid. C’è la dottoressa che, impegnata in Pronto soccorso, si ammala di Covid, viene inizialmente messa in isolamento in ospedale e poi a casa, da sola. Proprio dalla sua abitazione, vicina all’ospedale in cui lavora, osserva le ambulanze che corrono a sirene spiegate verso il nosocomio”.

Come si evince, ogni racconto è estremamente toccante. Ad esempio quello interpretato dall’attore Enrico Lo Verso lo scorso 20 febbraio, Giornata nazionale del personale sanitario organizzata dalla Fnomceo. Nelle righe che lo compongono, il collega medico chiede scusa ai propri pazienti, alcuni dei quali successivamente morti, per aver mentito loro pur di rassicurarli, anche se ben consapevole delle gravi condizioni in cui versavano.

“I nostri operatori sanitari, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, hanno descritto le proprie vicende, le proprie paure e le proprie ansie ma anche le tante soddisfazioni. Lo hanno fatto per lasciare una personale testimonianza di questa tragedia che ha colpito tutto il mondo, l’Italia in particolar modo”, aggiunge Quici.

Al momento quasi tutta l’Italia è in ‘zona rossa’ ma, secondo Quici, le misure non sono sufficienti “perché ancora una volta siamo di fronte a un netto scollamento tra le Regioni e il Governo centrale. Non si può andare avanti con i colori a macchia di leopardo. Emblematico è l’esempio della Sardegna, che dopo alcune settimane in ‘zona bianca’ è adesso diventata arancione. Credo che tutto il territorio nazionale debba uniformarsi a un’unica direttiva dai toni restrittivi: questo darà maggiore forza alle vaccinazioni e determinerà un crollo dei contagi, come avvenuto per il personale sanitario a cui è stato inoculato il farmaco”.

Riguardo i vaccini, in particolar modo quello di AstraZeneca, il pensiero di Quici è evidente: “I casi di eventi avversi riscontrati non sono molti rispetto al numero di vaccinazioni e rientrano nella casistica. Non si parla invece di effetti collaterali, che credo siano ugualmente presenti, nei vaccini di Pfizer e Moderna. Tutti I vaccini, indistintamente, devono essere tenuti sotto controllo. Considero però un miracolo che, dopo un anno, possiamo fare affidamento su alcuni sieri che ci permettono di avere una copertura significativa. La cosa fondamentale è svolgere un’attenta anamnesi”.

Il presidente del sindacato Cimo-Fesmed lancia però un allarme, dichiarando che: “Quando è arrivata la prima pandemia la paura del contagio da Covid-19 era molto alta. Oggi, invece, la percezione del rischio da parte dei cittadini si è abbassata. Dopo un anno ci si è quasi abituati a questa situazione e si sottovalutano I veri rischi, oggi moltiplicati per effetto della variante inglese, la cui contagiosità è molto più elevata”.

Coloro che invece si impegnano ogni giorno per tutelare la nostra salute, vivono una situazione totalmente diversa. “Chi opera negli ospedali è preoccupato- tuona Quici- perché continua a lavorare in condizioni di forte stress psicologico e fisico, con turni raddoppiati se non triplicati. E tutto questo avviene nel picco della terza fase della pandemia. Non nascondo che alcuni colleghi abbiano chiesto un sostegno psicologico, anche perché è grande la paura di contagiare i membri della propria famiglia”.

Il presidente Quici puntualizza infine. “Non ammetto che le vaccinazioni avvengano nelle farmacie. La vaccinazione è un atto medico perché presuppone un’anamnesi, un consenso informato e, soprattutto in caso di reazione allergica, un intervento immediato. Dunque, la vaccinazione deve essere una prerogativa assoluta del medico. Non vorrei- conclude- che questo aprisse la strada a anche a future vaccinazioni antinfluenzali e si creasse uno spazio che ritengo del tutto inammissibile”.

Fonte: agenzia Dire