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Reddito di cittadinanza ai mafiosi e ai loro familiari: denunciate 76 persone

27 aprile 2021 | 11:05
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Reddito di cittadinanza ai mafiosi e ai loro familiari: denunciate 76 persone

Le indagini da parte dei carabinieri di Catania. L’importo complessivo, finora riscosso indebitamente, è di oltre 600mila euro

Catania – Sono ritenute responsabili di aver ottenuto indebitamente il reddito di cittadinanza utilizzando dichiarazioni false, nonché omettendo informazioni dovute. Per questo motivo i Carabinieri del Comando provinciale di Catania, insieme a quelli del locale Nucleo Ispettorato Lavoro, hanno individuato e denunciato all’Autorità Giudiziaria 76 persone.

Di queste, 25 hanno personalmente richiesto ed ottenuto il beneficio pur essendo stati condannati per mafia, circostanza ostativa alla concessione. Le rimanenti 51 persone, di cui 46 donne, hanno invece richiesto ed ottenuto il beneficio, omettendo di comunicare che all’interno del proprio nucleo familiare vi fosse tra i destinatari del reddito di cittadinanza anche un proprio congiuntogravato da sentenze di condanna definitive per associazione di tipo mafioso.

La Procura distrettuale della Repubblica ha conseguentemente emesso nei confronti degli stessi un decreto di sequestro preventivo delle rispettive carte di reddito di cittadinanza.

Tra i beneficiari sono stati scovati ‘uomini d’onore’ e affiliati di diverse consorterie mafiose attive nel capoluogo etneo e in provincia. I più numerosi sono risultati essere quelli della famiglia di Cosa Nostra Santapaola-Ercolano (circa 50), ma non mancano anche elementi dei Mazzei, Cappello, Laudani, Cursoti Milanesi, Pillera, Scalisi e Santangelo – Taccuni.

L’importo complessivo finora riscosso indebitamente è di oltre 600mila euro ed è stato pertanto interessato l’Inps per l’immediata revoca del beneficio con efficacia retroattiva e l’avvio delle necessarie procedure di restituzione di quanto illecitamente percepito. (fonte Adnkronos)

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.