Francesco: “Una vita veramente cristiana si vede dalla testimonianza”
Al Regina Coeli la preghiera del Pontefice per il Myanmar: “Si trovi il coraggio di percorrere la strada dell’incontro, della riconciliazione e della pace”
Città del Vaticano – “I tralci senza la vite non possono fare nulla, hanno bisogno della linfa per crescere e per dare frutto; ma anche la vite ha bisogno dei tralci, perché i frutti non spuntano sul tronco dell’albero. È un bisogno reciproco, è un rimanere reciproco per dare frutto”.
Commentando il brano evangelico odierno, Papa Francesco, affacciato su piazza San Pietro per la preghiera del Regina Coeli (che nel tempo pasquale sostituisce l’Angelus), spiega che “il Signore ci vuole dire” che “prima di tutto noi abbiamo bisogno di Lui”, e “che prima dell’osservanza dei suoi comandamenti, prima delle beatitudini, prima delle opere di misericordia, è necessario essere uniti a Lui, rimanere in Lui. Non possiamo essere buoni cristiani se non rimaniamo in Gesù. E invece con Lui possiamo tutto”, osserva.
“Ma anche Gesù, come la vite con i tralci, ha bisogno di noi – prosegue -. Forse ci sembra audace dire questo, e allora domandiamoci: in che senso Gesù ha bisogno di noi? Egli ha bisogno della nostra testimonianza. Il frutto che, come tralci, dobbiamo dare è la testimonianza della nostra vita cristiana: è compito nostro continuare ad annunciare il Vangelo, in parole ed opere”.
“Attaccati a Cristo – aggiunge il Santo Padre -, riceviamo i doni dello Spirito Santo, e così possiamo fare del bene al prossimo e alla società, alla Chiesa. Dai frutti si riconosce l’albero. Una vita veramente cristiana dà testimonianza a Cristo”. Ma “come possiamo riuscirci?”, si domanda. Per Bergoglio, “la fecondità della nostra vita dipende dalla preghiera. Possiamo chiedere di pensare come Lui, agire come Lui, vedere il mondo e le cose con gli occhi di Gesù – conclude -. E così amare i nostri fratelli e sorelle, a cominciare dai più poveri e sofferenti, come ha fatto Lui, e amarli con il suo cuore e portare nel mondo frutti di bontà, di carità e di pace”.
L’appello per la pace in Myanmar
“Siamo entrati nel mese di maggio, in cui la pietà popolare esprime in tanti modi la devozione alla Vergine Maria. Quest’anno esso sarà caratterizzato da una ‘maratona’ di preghiera attraverso importanti Santuari mariani per implorare la fine della pandemia. Ieri sera c’è stata la prima tappa, nella Basilica di San Pietro (leggi qui)”, dice dopo la benedizione il Pontefice.
Che aggiunge: “In questo contesto c’è un’iniziativa che mi sta molto a cuore: quella della Chiesa birmana, che invita a pregare per la pace riservando per il Myanmar un’Ave Maria del Rosario quotidiano. Ognuno di noi si rivolge alla mamma quando è nel bisogno o in difficoltà. Noi, in questo mese, chiediamo alla nostra Madre del Cielo di parlare al cuore di tutti i responsabili del Myanmar, perché trovino il coraggio di percorrere la strada dell’incontro, della riconciliazione e della pace”.
Poi il pensiero va al Medio Oriente: “Con tristezza esprimo la mia vicinanza alla popolazione di Israele per l’incidente avvenuto venerdì scorso sul monte Meron (leggi qui), che ha provocato la morte di quarantacinque persone e numerosi feriti. Assicuro il mio ricordo nella preghiera per le vittime di questa tragedia e per i loro familiari”.
Infine, gli “auguri ai nostri fratelli e sorelle delle Chiese Ortodosse e delle Chiese Cattoliche Orientali e Latine che oggi, secondo il calendario giuliano, celebrano la Solennità di Pasqua. Il Signore risorto li ricolmi di luce e di pace, e conforti le comunità che vivono in situazioni particolarmente difficili. Buona Pasqua a loro!”. Quindi l’immancabile saluto: “A tutti voi auguro una buona domenica. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!”.
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