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L’ultima luce del Faro di Fiumicino, intervista al guardiano che “spense” la lanterna

31 ottobre 2021 | 19:03
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Piena operatività e marmi lungo le scale del faro di Fiumicino. Ecco com’era ciò che oggi è ridotto a rudere.

Fiumicino – A volte non serve la macchina del tempo per fare un viaggio nel passato, basta incontrare la persona giusta. Ed è ciò che è successo quando le strade del Faro online si sono incrociate con quelle di Rosario Alessandro, 89 anni, ultimo guardiano del vecchio faro di Fiumicino.

Parlare con lui è un’occasione unica per fare un tuffo nei ricordi e lasciar riemergere quelle che erano la vita, le attività, i compiti che si svolgevano in un posto che adesso è solo un fantasma di ciò che era in passato.

Tutti a Fiumicino conoscono il vecchio faro, per tutti è un simbolo, e allo stesso modo tutti sanno lo stato di abbandono e degrado in cui versa, ormai da molti anni.

E un senso di amarezza sale nella gola di quelli che, con qualche filo di argento nei capelli, guardano a ciò che per anni è stato l’immagine di Fiumicino e se lo ricordano all’epoca del suo splendore. Una amarezza che si fa malinconia anche negli occhi di Rosario, che proprio lì, in quel faro, ha lavorato e vissuto con la sua famiglia per tanti anni.

“Il faro non si deve spegnere mai”

Rosario è stato guardiano del faro dal 1 gennaio del 1967 al dicembre del 1972, quando una mareggiata ha costretto lui e la sua famiglia ad abbandonare una struttura di cui conosce ogni dettaglio: gli uffici, il marmo delle scale che conducevano alla lanterna, le stanze del genio civile, il gruppo elettrogeno da attivare in caso di mancata corrente.

Il faro non si deve spegnere mai – è questo il credo di ogni buon guardiano, ci spiega Rosario – c’è la corrente, ma se dovesse mancare, c’è il gruppo elettrogeno, se non dovesse funzionare ci sono le batterie, poi c’è il gas…perchè il faro non si deve spegnere mai”.

Un faro, ricorda Rosario, che rappresentava “una vera e propria eccellenza della costa laziale: era infatti sia un faro aeromarittimo, che forniva la rotta agli aerei, sia un radiofaro a servizio delle navi, in particolare le petroliere, che transitavano lungo la costa.

All’inizio il meccanismo di rotazione della lanterna andava caricato, come fosse una pendola, e qui c’erano in servizio 4 persone, che si alternavano per ricaricare il sistema; poi tutto è stato automatizzato e siamo rimasti solo in due ad occuparci del faro: io in particolare, come ex sottoufficiale della Telecomunicazioni, ero addetto alla manutenzione del radiofaro”.

Un servizio che non poteva essere svolto in “orario d’ufficio” per questo Rosario viveva nel vecchio faro, con tutta la sua famiglia, moglie e tre figli.

“Il simbolo di una località”

Ma non era solo la tecnologia all’avanguardia che facevano del faro di Fiumicino un unicum nel panorama laziale: “Questo faro – racconta il vecchio guardiano – era anche qualcosa di bello per la cittadinanza di Fiumicino: la gente veniva da Roma per vederlo, qui si radunava una vera e propria comunità, c’erano le bilance dei pescatori, gli attori venivano a recitare in quello che era un vero e proprio set naturale, si giocava a pallone nel cortile: qui non abbiamo mai sofferto la solitudine.

Adesso a vederlo così – confessa Rosario – ogni volta mi si stacca un pezzo di cuore. Quando c’è stata l’ultima mareggiata ci hanno fatto sfollare in quattro e quattr’otto, perchè c’era il rischio di un crollo; eppure i fatti hanno smentito quello che fu deciso allora”.

Dopo 49 anni, invece, il faro è ancora in piedi, vittima del vandalismo, del degrado, ma ancora – nel bene o nel male – il simbolo della Fiumicino di un tempo. “Mi piacerebbe che tornasse il faro di una volta – dice Rosario – c’erano dei progetti di ricostruzione, ma adesso è tutto di nuovo fermo… io non sono certo di primo pelo, chissà se sarò ancora qui per vederlo”.

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