Pedofilia nella Chiesa, il dolore di Francesco: “Una cultura di morte da sradicare”
Il Pontefice: “La Chiesa prova dolore e vergogna per non essere stata sempre buona custode incapace di proteggere i minori che le venivano affidati”
Città del Vaticano – Un “cammino di conversione personale e comunitaria”: questa la strada che deve intraprendere la Chiesa tutta rispetto alla piaga degli abusi sessuali sui minori. “Un cammino che come Chiesa siamo chiamati a compiere tutti insieme, sollecitati dal dolore e dalla vergogna per non essere stati sempre buoni custodi proteggendo i minori che ci venivano affidati nelle nostre attività educative e sociali”. A ribadirlo è Papa Francesco nel messaggio inviato ai partecipanti al convegno intitolato “Promuovere child safeguarding al tempo del Covid-19 e oltre”, organizzato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII con l’Azione Cattolica e il Centro Sportivo Italiano in collaborazione col Centro per la Vittimologia e la Sicurezza dell’Università di Bologna.
Il “processo di conversione” rispetto alla piaga degli abusi sessuali sui minori “richiede con urgenza una rinnovata formazione di tutti coloro che rivestono responsabilità educative e operano in ambienti con minori, nella Chiesa, nella società, nella famiglia. Solo così, con un’azione sistematica di alleanza preventiva, sarà possibile sradicare la cultura di morte di cui è portatrice ogni forma di abuso, sessuale, di coscienza, di potere”, afferma il Pontefice. Di seguito il testo completo del messaggio del Santo Padre:
Cari fratelli e sorelle!
Rivolgo il mio saluto a tutti voi che partecipate – in presenza e da remoto – al Convegno “Promuovere child safeguarding al tempo del Covid-19 e oltre”, organizzato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII con l’Azione Cattolica Italiana e il Centro Sportivo Italiano, in collaborazione con il Centro per la Vittimologia e la Sicurezza dell’Università di Bologna. Saluto con riconoscenza i Rappresentanti del Parlamento Europeo e di quello Italiano e di altre Istituzioni, in particolare della Polizia Postale.
Come ebbi a dire nella Lettera al Popolo di Dio (20 agosto 2018), «guardando al futuro, non sarà mai poco tutto ciò che si fa per dar vita a una cultura capace di evitare che tali situazioni non solo non si ripetano, ma non trovino spazio per essere coperte e perpetuarsi». Vi trovate oggi a riflettere insieme e a raccogliere i frutti di due anni di ascolto, ricerca e formazione. Questo lavoro è partito “dal basso”, come espressione della partecipazione attiva del popolo di Dio al cammino di conversione personale e comunitaria. Un cammino che come Chiesa siamo chiamati a compiere tutti insieme, sollecitati dal dolore e dalla vergogna per non essere stati sempre buoni custodi proteggendo i minori che ci venivano affidati nelle nostre attività educative e sociali.
Questo processo di conversione richiede con urgenza una rinnovata formazione di tutti coloro che rivestono responsabilità educative e operano in ambienti con minori, nella Chiesa, nella società, nella famiglia. Solo così, con un’azione sistematica di alleanza preventiva, sarà possibile sradicare la cultura di morte di cui è portatrice ogni forma di abuso, sessuale, di coscienza, di potere.
Se l’abuso è un atto di tradimento della fiducia, che condanna a morte chi lo subisce e genera crepe profonde nel contesto in cui avviene, la prevenzione dev’essere un percorso permanente di promozione di una sempre rinnovata e certa affidabilità verso la vita e il futuro, su cui i minori devono poter contare. E questo noi, come adulti, siamo chiamati a garantire loro, riscoprendo la vocazione di “artigiani dell’educare” e sforzandoci di esservi fedeli. Ciò significa favorire l’espressione dei talenti di coloro che accompagniamo; rispettarne i tempi, la libertà e la dignità; contrastare con ogni mezzo le tentazioni del sedurre e dell’indurre, che solo in apparenza possono facilitare le relazioni con le giovani generazioni.
Guardo con fiducia e speranza, in particolare, ai molti giovani che si sono formati in questo vostro Progetto. Sono specialmente loro che ci chiedono un passo deciso di rinnovamento di fronte alle ferite degli abusi riscontrate nei loro coetanei. Mi viene in mente l’espressione di San Paolo VI: “giovani apostoli dei giovani” (cfr Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 72), e penso che possa trovare attuazione anche in questo senso, come vicinanza fraterna e solidale. Il contributo dei giovani, poi, sarà prezioso nel riconoscere le situazioni a rischio e nel richiamare con coraggio tutta la comunità alla sua responsabilità nella salvaguardia dei minori, a rivedere il modo di relazionarsi con le giovani generazioni, perché si torni ad assicurare loro la bellezza di incontrarsi, dialogare, giocare e sognare.
Agli adulti che hanno condiviso questo percorso con i giovani auguro di continuare a essere credibili, vale a dire responsabili nella cura e coerenti nella testimonianza. Possano essere promotori e custodi di una rinnovata alleanza educativa tra le generazioni e tra i diversi contesti di crescita dei minori, capaci di stimolare tra loro una connessione generativa e tutelante, soprattutto in questo tempo complesso di pandemia.
Come associazioni laicali, infine, vi esorto a perseverare in questa azione di formazione alla corresponsabilità, al dialogo e alla trasparenza. La tutela dei minori sia sempre più concretamente una priorità ordinaria nell’azione educativa della Chiesa; sia promozione di un servizio aperto, affidabile e autorevole, in contrasto fermo ad ogni forma di dominio, di sfregio dell’intimità e di silenzio complice.
Cari fratelli e sorelle, vi auguro un fruttuoso convegno, che sia base solida per proseguire insieme il servizio ai bambini e ai ragazzi, alle famiglie e all’intera comunità ecclesiale e civile. Vi assicuro la mia preghiera e di cuore vi benedico.
(Il Faro online) Foto © Vatican Media – Clicca qui per leggere tutte le notizie di Papa & Vaticano
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