Giornata dei Poveri, il Papa striglia i credenti: “Non voltiamoci dall’altra parte”
Dal pulpito della basilica di San Pietro, alla presenza di 2mila poveri, il Pontefice si scaglia contro quelli che definisce i “restaurazionisti”, cristiani che “vogliono una Chiesa tutta rigida. Gesù ci vuole ‘convertitori di bene’”
Città del Vaticano – “Non voltarsi dall’altra parte, non aver paura di guardare da vicino la sofferenza dei più deboli”. E’ questo il senso della Giornata Mondiale dei Poveri, nata come frutto del Giubileo della Misericordia e oggi giunta alla sua quinta edizione. A dirlo è lo stesso Bergoglio, dal pulpito della basilica di San Pietro, dove presiede una solenne messa alla presenza di 2.000 poveri. e al mondo del volontariato e dell’associazionismo cattolico, che quotidianamente assiste i poveri romani. Tra i banchi, ad assistere alla celebrazione, c’era anche Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità del ministero della Salute, e coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico.
In un messaggio su Twitter pubblicato questa mattina, il Pontefice ha scritto: “Siamo chiamati a scoprire Cristo nei poveri, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro”. Un concetto ripreso anche nell’omelia: “Siamo dentro a una storia segnata da tribolazioni, violenze, sofferenze e ingiustizie, in attesa di una liberazione che sembra non arrivare mai. Soprattutto, a esserne feriti, oppressi e talvolta schiacciati sono i poveri, gli anelli più fragili della catena”.
“Il sole della loro vita è spesso oscurato dalla solitudine – sottolinea Francesco -, la luna delle loro attese è spenta; le stelle dei loro sogni sono cadute nella rassegnazione ed è la loro stessa esistenza a essere sconvolta”. E tutto ciò “a causa della povertà a cui spesso sono costretti, vittime dell’ingiustizia e della disuguaglianza di una società dello scarto, che corre veloce senza vederli e li abbandona senza scrupoli al loro destino”.
Ma il cristiano non può voltarsi “dall’altra parte”. “Cosa devono fare i cristiani?”, si domanda il Papa. La risposta: “Ci è richiesto di nutrire la speranza di domani risanando il dolore di oggi. Sono collegati: se tu non vai avanti risanando i dolori di oggi, difficilmente avrai la speranza di domani”.
E spiega: “La speranza che nasce dal Vangelo, infatti, non consiste nell’aspettare passivamente che un domani le cose vadano meglio, questo non è possibile, ma nel rendere oggi concreta la promessa di salvezza di Dio. Oggi, ogni giorno. La speranza cristiana non è infatti l’ottimismo beato, anzi, direi l’ottimismo adolescente, di chi spera che le cose cambino e nel frattempo continua a farsi la sua vita, ma è costruire ogni giorno, con gesti concreti, il Regno dell’amore, della giustizia e della fraternità che Gesù ha inaugurato”.
Questo chiede oggi la Chiesa ai cristiani: “Fermati e semina speranza nella povertà. Avvicinati ai poveri e semina speranza”. “A noi è chiesto questo: di essere, tra le quotidiane rovine del mondo, instancabili costruttori di speranza; di essere luce mentre il sole si oscura; di essere testimoni di compassione mentre attorno regna la distrazione; di essere amanti e attenti nell’indifferenza diffusa. Testimoni di compassione. Vicinanza, compassione e tenerezza. Questo ci è chiesto oggi”, rimarca Bergoglio.
Francesco ricorda anche le parole di don Tonino Bello, “un Vescovo vicino ai poveri, e povero di spirito lui stesso: “Non possiamo limitarci a sperare, dobbiamo organizzare la speranza”. Infatti, spiega il Pontefice, “se la nostra speranza non si traduce in scelte e gesti concreti di attenzione, giustizia, solidarietà, cura della casa comune, le sofferenze dei poveri non potranno essere sollevate, l’economia dello scarto che li costringe a vivere ai margini non potrà essere convertita, le loro attese non potranno rifiorire. A noi, specialmente a noi cristiani, tocca organizzare la speranza, tradurla in vita concreta ogni giorno, nei rapporti umani, nell’impegno sociale e politico”.
Infine, Papa Bergoglio bacchetta i “restaurazionisti” che “vogliono una Chiesa tutta ordinata, tutta rigida: questo non è dello Spirito Santo. Sta a noi anche superare la tentazione di occuparci solo dei nostri problemi, per intenerirci dinanzi ai drammi del mondo, per compatire il dolore”. E ammonisce: “Non serve parlare dei problemi, polemizzare, scandalizzarci – questo lo sappiamo fare tutti –; serve imitare le foglie, che senza dare nell’occhio ogni giorno trasformano l’aria sporca in aria pulita”. “Gesù ci vuole ‘convertitori di bene’: persone che, immerse nell’aria pesante che tutti respirano, rispondono al male con il bene”, sottolinea.
“È bella, è evangelica, è giovane una Chiesa che esce da sé stessa e, come Gesù, annuncia ai poveri la buona notizia”, conclude Francesco, rinnovando l’appello ad essere “seminatori di speranza”: “portiamo questo sguardo di speranza nel mondo. Portiamolo con tenerezza ai poveri, con vicinanza, con compassione, senza giudicarli – noi saremo giudicati –. Perché lì, presso di loro, presso i poveri c’è Gesù; perché lì, in loro, c’è Gesù, che ci attende”. All’uscita dalla basilica, ai poveri presenti alla celebrazione, è stato consegnato un pacco con cibo e alimenti.
Un pensiero per i poveri Papa Francesco lo dedica anche all’Angelus (leggi qui), ricordando che il tema di quest’anno sono le parole di Gesù “I poveri li avete sempre con voi”. “Ed è vero: l’umanità progredisce, si sviluppa, ma i poveri sono sempre con noi, sempre ce ne sono, e in loro è presente Cristo, nel povero è presente Cristo. L’altro ieri, ad Assisi (leggi qui), abbiamo vissuto un momento forte di testimonianza e di preghiera, che vi invito a riprendere, vi farà bene. E sono grato per le tante iniziative di solidarietà che sono state organizzate nelle diocesi e nelle parrocchie in tutto il mondo”.
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