Savio Loria: “L’oro al Mondiale eccezionale, come i miei ragazzi azzurri”
Il coach campione iridato nel kumite a squadre lascia la Nazionale. Nel futuro un progetto per i ragazzi delle periferie
Roma – Un’impresa eccezionale allo scorso Mondiale di karate. L’Italia ha collezionato 10 medaglie ed è salita sul primo gradino del podio nel kumite a squadre.
Un risultato storico quello, il primo nelle pagine del libro del karate italiano. Era sfuggito quel successo nel 1982 e poi nel 2004 e nel 2018 la medaglia vinta era stata quella di bronzo. Il destino lo ha aspettato ad Abu Dhabi, però. A Monterrey coach Loria era stato atleta e capitano. E salì sul terzo gradino, festeggiando sì ma sognando il primo posto mondiale a squadre. Quel sogno ha dovuto attendere un po’ e il cammino di Savioè stato lungo. Ma ha trovato una rivincita personale nell’essere allenatore della Nazionale e guida di ragazzi giovani ed eccellenti: “Vincere il titolo mondiale a squadre sarebbe stato davvero un sogno realizzato.. più di tutti gli altri”. Lo avrebbe voluto fare da atleta, ma è stato poi il coach post carriera agonistica ad afferrare un desiderio immenso.
Ne ha parlato proprio lui. Al Salone d’Onore del Coni, ospite delle sue Fiamme Gialle della vita, Savio Loria ha raccontato di quell’impresa custodita ormai in bacheca, ma così vicina ancora e non solo di date e calendari. Lo scorso 21 novembre gli azzurri hanno conquistato il titolo mondiale a squadre in un kumite in cui lo stesso Loria ha segnato i passi della leggenda. E sulla pelle sente ancora i brividi: “Bisognava aspettare per esultare quando ho visto che il 3 a 0 poteva portarci all’oro..”. Questo è il bello dello sport. Quelle intense emozioni non se ne vanno e sono destinate ad essere raccontate, per portare in quel mondo narrato chi non fa propriamente parte dell’universo agonistico. La chiave per entrarvi sono proprio le emozioni. E Loria ne ha da descrivere. Li ha seguiti da bordo tatami gli azzurri della gloria che resteranno negli anni per sempre: i fratelli De Vivo, con Daniele e giovanissimo e Gianluca più esperto e che ha siglato il risultato del 3 a 0 del successo azzurro; Michele Martina e Luca Maresca. Entrambi dotati di grande talento e altissima concentrazione. E’ Savio a parlare dei suoi. El Sharaby veloce e potente, insieme Pietromarchi che ha tanto margine di crescita. E Simone Marino, reduce dall’argento iridato nella gara individuale, che non ha potuto disputare la finale per un problema al ginocchio. Ma lo spirito del karate lo ha ugualmente portato sul tatami, donandogli l’oro della storia. E’ questa, la formazione dei sogni. E premiati sul primo gradino del podio da un certo campione mondiale della gloria azzurra che porta il nome di Davide Benetello, oggi vicepresidente della Fijlam e presidente del settore karate della Fijlkam e presidente della commissione atleti nella World Karate Federation. Un intreccio di storie e di destini, tutte accompagnate da un comune denominatore: la passione per il kumite. E Savio in prima fila a godersi il successo di atleti, scelti insieme alla direzione tecnica della Nazionale Italiana di karate e seguiti da tanti anni. Che porta quella passione nel cuore e che utilizzerà per costruire nuove carriere, ma uomini del domani. Portato in trionfo dagli azzurri a margine della finale, ha festeggiato un oro inseguito da atleta e conquistato da allenatore. E’ la storia di tanti coach e di tante altre discipline sportive. E’ accaduto anche a lui. A lui che lascia la Nazionale e che si occuperà dell’attività di ‘talent scout’ per dare al karate talenti e medaglie nuove: “Un progetto con la Direzione Tecnica della Nazionale – ha detto ai lettori de Il Faro online – che possa riconoscere talenti nella periferia e farli crescere”.
Era solo un bambino Savio, quando sognava di esserci sul tatami. Portato sin lì da allenatori che hanno segnato i suoi passi. I passi che oggi seguono sogni nuovi. Pluricampione mondiale di kumite e vincitore di medaglie numerose in carriera, ha fatto parte della squadra delle Fiamme Gialle, la più vincente di tutti i tempi. Che oggi trova in Matteo Fiore e Sofia Ferrarini nuovi atleti su cui costruire il domani, guidati da coach Stefano Maniscalco. E grande amico di Savio. Che racconta con gli occhi lucidi di quell’impresa mondiale di Abu Dhabi, al Coni. Con la voglia di costruire nuove strade, partendo dalle sue esperienze recenti come le Olimpiadi e i Mondiali da allenatore, passando per quegli allori ottenuti da atleta, sale sul tatami della l’ex coach azzurro Loria, per essere coach per tanti giovani che sognano di vincere un oro iridato, come i loro beniamini del 2021. Oss.
Caro Coach Loria, torniamo alla finale mondiale del team di kumite. Quali emozioni hai provato, aspettando uno storico risultato?
“A livello di emozioni, avevamo creato un bel clima in squadra. In quel momento, ho visto che si stava realizzando qualcosa di grande. Soprattutto nel terzo incontro di Gianluca De Vivo.. se vinceva portava il team sul 3 a 0, risultato netto. Stavo aspettando il momento finale della gara per esultare. Ho imparato a non gioire subito, ma ad attendere, nello sport può cambiare tutto da un momento all’altro. Quando ha dato lo stop l’arbitro, si è creato un sogno importante. Da atleta avevo il sogno di vincere il Mondiale in squadra e non l’ho realizzato, l’ho fatto da coach. Vincere come team è qualcosa di veramente enorme, l’emozione è stata grande e l’ho vissuta anche nei giorni successivi..”.
Gli azzurri hanno portato a casa un risultato straordinario. Puoi descrivere le caratteristiche di ognuno di loro?
“Una squadra giovane e scelta con lo staff. Ci sono due civili, Ahmed El Sharaby e Daniele De Vivo. Quest’ultimo è il più giovane e negli ultimi periodi ha dimostrato di avere personalità e talento. E’ entusiasta e spavaldo. El Sharaby è un ragazzo talentuoso, veloce, potente, imprevedibile, ci ha dato sicurezza. Dal terzo incontro in poi abbiamo avuto sicurezza. Gianluca De Vivo è tornato, l’abbiamo scelto in corsa. Anche lui è una sicurezza, esperto, ha esperienza ed è talentuoso, ha dimostrato quello che può fare. Martina è un ragazzo determinato, ha cuore e una gran testa, qualità grandi fisiche e tecniche, sapevamo che avrebbe fatto bene, come lo ha fatto Maresca, che ha talento e grande tecnica. Lorenzo Pietromarchi è giovane e di gran talento. Simone Marino non ha combattuto la finale perché ha avuto un problema al ginocchio. Sia Maresca e Martina hanno avuto la loro rivincita individuale anche per il discorso olimpico. Hanno avuto entusiasmo e gratificazione. Nn hanno partecipato alle Olimpiadi e nella gara individuale al Mondiale non erano arrivati fino in fondo, ma per quella a squadre hanno vinto”.
Si è chiusa la tua parentesi come allenatore della Nazionale. Quali sono i tuoi progetti futuri?
“Ho deciso per una questione personale di fare un percorso diverso, voglio stare vicino al Direzione Tecnica della Nazionale, ma seguire un progetto nel Nord Italia. Ho preferito abbracciare un progetto ambizioso per creare un punto di riferimento importante per la crescita del karate. Voglio farlo per atleti molto bravi e voglio lavorare con loro. Un progetto che con la Fijlkam, la Direzione Tecnica e con il settore karate, insieme a Davide Benetello, vogliamo portare avanti. Voglio stare di più sul territorio, per fare in modo che la periferia cresca. Dopo le Olimpiadi e i Mondiali volevo dare spazio a valori diversi”.
(foto@fijlkam)
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