Banti: “La forza di una donna per vincere le Olimpiadi.. e a Parigi voglio fare il bis”
L’oro nel Nacra 17 a Tokyo e le difficoltà nell’essere donna nello sport. L’amore per la vela e l’in bocca al lupo all’Italia Team a Pechino
La passione. Questa è la parola d’ordine. E la passione si diffonde in tutti gli ambiti della vita. Nella vela dei venti del cuore, in famiglia quando è possibile tornare dopo lunghe, impegnative e vincenti trasferte, così come il dedicare tempo al fidanzato e avere cura di se stessa. Le donne lo fanno. Le donne ci tengono. E ci tiene anche Caterina Banti. Non è semplice gestire una vita al femminile quando si richiedono prestazioni olimpiche (che poi si vincono) e si richiede di governare i venti e prima interpretarli a bordo e ai bordi del Nacra 17, appesa. E’ lei a muovere le vele, è lei a sentire il vento come soffia e da dove soffia, perché poi bisogna scegliere la rotta giusta da seguire in quel soffio di vento che provenga da nord, da sud, da est o da ovest. Come nella vita. Continuare a navigare, anche se il vento che arriva è contrario oppure è a favore e anche meglio. Ma la rotta mai si deve perdere. E se poi giungono straordinarie medaglie, come è accaduto all’azzurra campionessa olimpica di vela a Tokyo atleta del Circolo Canottieri Aniene, allora lo stile di vita, come il muovere le vele, mentre Ruggero Tita, con lo ‘stick’ che fa da timone, guida la barca direzione traguardo e cima della Medal Race, è quello vincente.
E una vincente è Caterina. Si racconta a Il Faro online, appena tornata ad aprire la nuova stagione, dopo l’ubriacatura felice di vittorie alle Olimpiadi. Una vittoria insperata e mai immaginata. Se l’umiltà e il sapere che mai si è perfetti, neanche se l’oro al collo testimonia di essere i migliori al mondo, sono i valori principali. E non solo nello sport. Insieme a Ruggero Tita, la Banti ha scritto la storia del Nacra 17. Prima barca nel libro della vela italiana a salire sul primo gradino del podio a cinque cerchi. Una coppia perfetta nello sport, un feeling automatico e naturale che è nato immediatamente. Lo spiega Caterina e non spiega come quell’armonia d’insieme sia arrivata così, senza forzare. E’ la predestinazione filosofica. E loro, secondo molti addetti ai lavori, erano destinati a vincere le Olimpiadi. E la finale che doveva essere più sofferta e sudata di tutte quelle fatte in carriera, è stata invece la più facile per loro in Giappone. La classe olimpica (e non solo come categoria di vela) è nel sangue dei due azzurri e insieme e prima della finale erano già in cima alla Medal Race a cinque cerchi. Dovevano solo decidere il colore della medaglia e quest’ultima si è tinta d’oro perché hanno puntato il traguardo senza strafare e mantenendo i nervi saldi, mentre tutto il mondo intorno a loro faceva i fuochi d’artificio. Predestinati i due campioni olimpici con un palmares eccezionale in bacheca.
Un oro mondiale insieme, come tre ori europei vinti, con due titoli nazionali di migliori atleti della Federvela per due anni di seguito e tante medaglie nelle tappe del circuito internazionale di vela. Di vita. Se lo sport è la metafora dell’esistenza. E quei tornei stanno tornando. Al momento, sia Caterina che Ruggero sono in preparazione a Cagliari con i vessilli di una Federvela che vuole vincere ancora. E se a Parigi Caterina vuole fare il bis, sapendo ancora organizzare il suo essere donna e atleta, con i sacrifici fisici e naturali richiesti, la storia potrebbe tornare a scriversi.
E’ la passione che lei mette in tutto quello che fa. Negli allenamenti, nei sacrifici quotidiani, nel curare necessità e cicli ormonali femminili che possono a volte stancare o dare malesseri vari, mentre sul Nacra 17 si trova a fare un ruolo prettamente maschile. L’universo di una donna è così, ma il mondo di un’atleta può aiutare quell’universo, se poi tutto torna nella medaglia d’oro vinta alle Olimpiadi. E vorrebbe che una coppia mista cresca sempre di più nella vela. Al momento questa realtà vittoriosa esiste appunto nel Nacra 17 e nella specialità del ‘470’. Complementari un uomo e una donna in barca, se si incastrano bene talenti, necessità e mondi diversi. Come nella vita. In bocca al lupo Campionessa.
Cara Caterina, cosa stai facendo in questo momento, hai ricominciato la preparazione?
“Abbiamo ricominciato la stagione, ci stiamo allenando. Non vedevamo l’ora di tornare in barca, volevamo farlo il più velocemente possibile, per ritrovare la nostra routine. Prima abbiamo fatto alcuni giorni di allenamento a Gaeta, presso la Caserma della Guardia di Finanza e poi oggi siamo a Cagliari con la Federazione”.
Cosa significa ricominciare, dopo il grande successo olimpico ottenuto?
“Non è scontato ritrovare la motivazione dopo aver vinto una Olimpiade. Hai vinto ciò a cui di più uno sportivo ambisce. Da un lato è facile, dall’altro non lo è perché hai come obiettivo esclusivo quello di vincere la medaglia alle Olimpiadi.., una volta raggiunto.. quello ti dici.. è: adesso? Lì poi ti rendi conto. Faccio ciò che mi piace più fare al mondo, stare in barca e fare la vita di atleta che amiamo fare entrambi (con Ruggero Tita), ci divertiamo con tanti sacrifici che si fanno.. lontani dalla famiglia, dai fidanzati.. . Imparare cose nuove ogni giorno. Ti fa ripartire la passione, che viene prima di tutto. Ti vuoi migliorare ogni giorno, motivazione intrinseca che hai dentro”.
Cosa c’è da migliorare ancora?
“Ogni giorno troviamo cose nuove. Non bisogna mai pensare di essere arrivati.. sarebbe inutile continuare a fare vela..”.
Quali sono i vostri prossimi impegni?
“Abbiamo tappe di regate internazionali da svolgere, come a Palma e Hyères tra poco, poi ci saranno i Mondiali e gli Europei, insieme ad altre regate internazionali. Non abbiamo partecipato né ai Mondiali né agli Europei dopo le Olimpiadi, eravamo fermi. Ma torneremo in competizione per riprenderci la medaglia.. hanno vinto gli inglesi con cui ci alleniamo ogni giorno..”
Vi buttate un’occhiata reciprocamente in allenamento, per carpire segreti e navigazione?
(ride) “Si condivide il quotidiano.. c’è grande stima..”.
Arriviamo a Tokyo. Il Nacra 17 è stata la prima barca italiana nella storia a vincere un oro olimpico e voi stessi per la prima volta lo avete fatto.. quali ricordi ti porti dentro?
“Eravamo già primi in classifica in finale, avevamo al collo la medaglia d’argento matematica. Una giornata particolare.. abbiamo avuto una pausa prima, tra le altre regate e la finale. Eravamo primi e avevamo al collo una sicura medaglia, tutti esultavano.. ma non potevamo esultare noi.. abbiamo fatto uno sforzo importante per restare concentrati, per non perdere le energie emotive.. le Medal più semplici della nostra vita.. l’unica cosa che non potevamo era fare errori, partire bene e stare appiccicati agli inglesi senza scuffiare.. non abbiamo realizzato alla fine quando abbiamo vinto.. non l’abbiamo sentita perché la regata è stata col freno tirato .. le emozioni erano un po’ soffocate, dovevamo mantenere concentrazione e calma. Siamo stati poi presi in un vortice che è terminato a novembre.. alla fine è stato bellissimo vivere questa esperienza.. adesso vedo le cose in modo diverso..”
Ossia?
“Sono maturata come atleta”.
Adesso qual è il tuo sogno sportivo?
“Abbiamo ricominciato ad andare in barca. Sicuramente l’obiettivo è prenderci un’altra medaglia olimpica.. fare un bis a Parigi. Ma voglio sfruttare questi anni per cercare di migliorare il più possibile e per testimoniare la mia esperienza e i valori dello sport, che purtroppo non sempre vengono rispettati. Se tutti lo facessimo, il mondo sarebbe più bello.. vorrei concentrarmi sull’aspetto umano dei valori per testimoniare ogni giorno queste cose..”.
C’è qualcosa che vuoi dire ai giovani?
“Il problema è pensare a divertirsi, imparare e migliorare. Vincere è bello e bisogna certo essere competitivi, ma allo stesso tempo bisogna rispettare le regole, se stessi e gli altri. Mi piacerebbe che coesistessero nel mondo della vela uomini e donne. L’equipaggiamento insieme è un’arma, ma non è facile perché veniamo da due mondi differenti.. e mi rendo conto che (sorride) le donne sono molto particolari.. però siamo un grandissimo punto di forza. Siamo complementari agli uomini, negli equipaggi è qualcosa nella vela che manca, ma nelle classi olimpiche sta esistendo, come ovviamente nel Nacra e nel 470. Spero che possa essere ampliato tutto questo, al mondo del professionismo della vela.. “.
Come vivi il tuo essere donna nella vela? Debolezze, difficoltà..
“Sicuramente si fanno tanti sacrifici non scontati. Io svolgo un ruolo prettamente maschile in barca, devo essere forte e fisica per governare le vele. Ho dovuto modificare il mio fisico. Ho fatto su Instagram un posto da poco per questo: il bello nello sport ma anche nella vita è che sei tu a decidere, fino a quale punto vuoi sacrificarti e sei disposta a farlo, per raggiungere il tuo obiettivo. Può essere sportivo e non. Qualsiasi scopo dipende da quanto impegno ci metti e quanto sei disposta a sacrificarti per piacerti o raggiungere il traguardo prefissato. Per raggiungere il mio scopo sportivo ho dovuto prendere otto chili, modificare il mio fisico per le Olimpiadi. Prendere massa e ingrassarmi. Devi prendere la pillola e patisco il ciclo e faccio del tutto per evitare di stare male durante le regate. Metti via la tua femminilità, per raggiungere l’obiettivo, ma sono fasi della vita comunque. Non è sempre facile. Devi sempre farti vedere forte, ma il mondo in generale è così. Fa carattere anche questo, imparo ad essere forte”.
Tecnicamente come si governa la barca del Nacra 17?
“Io e Ruggero siamo appesi fuori e facciamo raddrizzamento perché l’albero è alto. Ruggero ha in mano un bastoncino di carbonio chiamato ‘stick’ che guida il timone, io regolo le vele e faccio la velocità con l’altezza di volo.. bisogna interpretare i venti..”
..e come si fa a riconoscere la direzione dei venti?
“Si impara sicuramente pian piano, con l’allenamento, la sensibilità.. non è facile. Bisogna adattarsi al vento e portare la barca alla massima performance. Per fare un percorso più breve e veloce”.
Com’ è nata la tua passione per la vela e perché hai deciso di praticare questo sport?
“La mia passione nasce un po’ tardi rispetto agli altri. Con la mia famiglia passavo l’estate al lago di Bracciano, io facevo equitazione e vedevo mio fratello che faceva vela.. non mi sono mai messa in mezzo però e poi ho deciso.. ho fatto il mio primo corso a 13 anni e mi piacque molto, ma non volevo mettermi in mezzo alle cose di mio fratello e continuavo a fare equitazione, ho fatto un sacco di sport. A un certo punto a 20 anni, a mio fratello serviva una prodiera e sono andata io.. per gioco e per aiutarlo.. mi ci sono appassionata immediatamente.. e mi sono innamorata di questo sport. Volevo fare uno sport a livello agonistico, ho avuto la fortuna di incontrare persone che hanno creduto in me e mi ci sono dedicata completamente”.
E’ tempo di Olimpiadi invernali. Cosa vuoi dire ai tuoi colleghi dell’Italia Team del ghiaccio?
“Farò tantissimo il tifo. Mi piace particolarmente lo snowboard, come il pattinaggio su ghiaccio. Divertitevi e un super in bocca al lupo”.
Ti piace la musica? Cosa ascolti? Cosa fai nel tempo libero?
“Mi piace molto. Ascolto diversi tipi di musica, dipende dai mood dell’allenamento, in palestra e per rilassarmi. Mi piace il rock, Jovanotti o De Gregori cose più tranquille.. veramente ascolto tanto la musica. Il tempo libero è poco purtroppo. Devo fare tutto quello che si accumula quando sono in giro per il mondo. Convivo con il mio compagno e sfruttiamo al meglio il nostro tempo insieme, cerco di godermi la mia famiglia, mi piace leggere anche se riesco a farlo poco, mi piacere andare in mare e anche la montagna”.
Con Ruggero fai una grande squadra vincente. Come nasce il vostro feeling in barca? In che modo vi amalgamate?
“Non sappiamo neanche noi. Non sempre è scontato. Ne abbiamo passate davvero tante.. c’è sempre stato un grande feeling ..non so perché, riusciamo ad averlo in modo naturale e a portare benissimo la barca..”.
(foto@CaterinaBanti-Facebook)
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