Il miracolo olimpico di Sofia Goggia: l’argento del destino oltre il buio dell’infortunio
“Ho creduto veramente a tutto questo, altrimenti non ce l’avrei fatta”. Le parole dell’azzurra a Pechino
Pechino – Quante stelle nel cielo stanotte, sopra le nuvole. Non in tutta Italia brillava un cielo sereno, ma oltre la coltre delle nubi qualcosa splendeva. E dall’altra parte del mondo, una stella riemergeva dal suo buio, dando un messaggio forte e prepotente di speranza che nella vita i tunnel possono essere superati, se il cuore batte all’impazzata. E il suo cuore lo ha fatto, sin dal cancelletto di partenza. O sin dall’infortunio di Cortina. Prima di dolore per quest’ultima vicenda triste della sua carriera, poi di emozione e di gioia di tornare in pista, per questa vicenda straordinaria della sua carriera. Sofia Goggia ha tracciato di nuova una strada. Dal buio alla luce. E dopo 23 giorni dal ginocchio franato sulla neve in Coppa del Mondo, insieme al perone quasi scheggiato dal colpo ricevuto, eccola sul podio olimpico. Sono le storie dei campioni che insegnano, sono le vicende sportive che parlano anche di vita e lo fanno per chi nella quotidianità affronta problemi insormontabili tutti i giorni. Chi è oggi la Goggia? Oggi 15 febbraio 2022 è una Donna nuova, con la D maiuscola. Ed è una Campionessa vera, di vita. Di vita e di sport. Con la C maiuscola.
L’esultanza sul traguardo: davanti al mondo e intima dritta al cuore
Quel suo piegarsi su se stessa appoggiandosi sui bastoncini, dopo aver tagliato il traguardo per la consapevolezza dolorosa di avercela fatta, è un gesto che per sempre apparterrà alle immagini olimpiche e per sempre apparterrà alla sua vita intima. Probabilmente non racconterà mai completamente che cosa si è detta o che cosa lei abbia vissuto veramente dalla cima della montagna (della paura di non farcela, fino al traguardo del ritorno) fino all’arrivo di Pechino, del suo rialzarsi dalla terra al sole.
Da Cortina a Pechino: l’argento traccia la strada oltre il buio della paura
L’argento messo al collo, con quell’urlo liberatorio oltre la paura, oltre la pioggia caduta, oltre la notte scesa nel cuore, ha un valore immensa e non solo sportivo. Ha un valore d’oro. anche se oro non è. E’ rammaricata della mancata doppietta personale alle Olimpiade del titolo a cinque cerchi dopo quello avuto nel 2018, ma poco importa evidentemente, se è riuscita a superare anche questo tunnel, dopo quello vissuto a causa di tanti infortuni subìti. Una domenica nera quella del 23 gennaio scorso. In Coppa del Mondo e con la forza e l’energia di sapere che poi sarebbe volata a Pechino con il Tricolore in mano e con i colori delle Fiamme Gialle addosso, che non l’hanno mai lasciata sola nel percorso nel bene e nel male, ha affrontato la gara di Cortina. Ma quella gara ha falciato i suoi sogni o rischiato di farlo o l’ha fatto a metà. Perché l’argento ha raddrizzato un destino ancora una volta messo in discussione. Ricorda la medaglia d’oro di Gianmarco Tamberi alle Olimpiadi di Tokyo, dopo sei anni di buio in cui ha sognato di volare ai Giochi, oltre la frattura alla caviglia. Ricorda il ritorno sul podio di Yuri Chechi a Pechino nel 2008, dopo l’infortunio post l’oro di Atene 2004.
La dodicesima medaglia della spedizione tricolore: un numero speciale
E ricorderà per sempre Sofia Goggia con le braccia alzate al cielo sul podio con il sorriso stampato in viso. E’ un’altra pagina storica dello sport italiano che colleziona 13 medaglie a Pechino. La sua è la numero 12. 12, come i giorni trascorsi dall’infortunio al ritorno sugli sci, come lei stessa dichiara a margine della gara. 12 come uno di quei numeri che ricordano anche la sua fede cattolica che lei ha espresso in questo periodo. Nei giorni più difficili disse: “Se questo è il disegno di Dio per me, non posso che aprire le braccia e accettarlo..”. Il disegno di Dio era quello di vederla sul podio, probabilmente, per lanciare un messaggio di speranza a chi soffre. Grazie al cuore di un’atleta, grazie Sofia.
“Sentivo dentro di me che non ero stata velocissima perché nell’ultima parte non sentivo i miei sci veloci come sapevo – dice la vicecampionessa olimpica a Pechino – complimenti alla Suter, avrei firmato per l’argento. Mi dispiace un po’ per l’oro, però è stato talmente un periodo tosto che oggi è stata la giornata più facile”. L’azzurra emozionato prosegue: “Dedico questa medaglia a me stessa, perché al cancelletto c’ero io, e a tutte le persone che ci hanno creduto e che mi hanno presa per mano in questo percorso che dopo Cortina sembrava andato in fumo. Questa medaglia ha un valore incredibile”.
Commentando il periodo nero vissuto da Cortina e Pechino, prosegue: “Il momento più difficile? Il lunedì dopo l’infortunio e quando qui a Pechino ho rimesso gli sci ai piedi, perché sapevo avrei dovuto far una progressione enorme e avevo quasi paura anche in campo libero di fidarmi della mia gamba, di fidarmi di me stessa nuovamente. Mi sentivo bene ancor al ginocchio ma il momento più duro sicuramente è stato quando in Superg sono incappata in una scivolata banale, sbattendo contro le reti ma per me è stata una mazzata psicologica allucinante. Pensavo di aver peggiorato la situazione ma ho avuto un pomeriggio di sconforto in cui ho pensato di non farcela”. L’analisi personale dell’azzurra si sposta sulla mentalità: “Io credo di esserci arrivata con la forza di volontà. Penso di aver avuto una progressione incredibile sia a livello fisico che sugli sci, perché serviva il coraggio di buttarsi da una discesa nuova, dopo Cortina, senza mai essere andata ancora veloce e farlo con questa scioltezza non penso fosse da tutti. Io ci ho veramente creduto, anche nelle giornate più buie. Da dicembre 2020 ero imbattuta nella disciplina, stavo disputando una grande stagione anche in Superg e farmi male a così poco dall’evento mi ha fatto rivivere i fantasmi della stagione passata sapendo che l’Olimpiade c’è ogni quattro anni. Ci ho creduto veramente, sennò non ce l’avrei fatta”.
Parlando della gara, Sofia dice: “Al cancelletto di partenza ero concentrata ma pensavo solo a cosa volevo fare sugli sci. All’arrivo ho capito che i miei sci non mi avevano dato la sensazione solita nella parte sotto, e non penso sia un discorso di sci visto che sono i miei preferiti, però penso di aver sbagliato un po’ l’entrata nel piano – una curva che non mi è mai entrata bene neanche in prova -, è stata una sensazione ma ho sentito di non esser stata così veloce. Ero contenta ma sapevo che quattro decimi erano pochi. Per il valore soggettivo è l’impresa più bella della mia carriera, per il valore della medaglia no, ma per quello che significa per me sì – e arrivano i ringraziamenti, come riporta il sito ufficiale della Federazione Italiana Sport Invernali – ringrazio i medici perché penso siano stati anche tacciati di pazzia per avermi rimesso sugli sci (ride). Si son presi responsabilità allucinanti ma visto che ho sempre preso le loro parole come vangelo: infatti 12 giorni dopo ero sugli sci”.
(foto@fisi.org)
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