Le Palme, il Papa contro Putin: “Con la follia della guerra si torna a crocifiggere Cristo”
Il Pontefice benedice i rami d’ulivo ma per lui niente processione: il dolore al ginocchio persiste. E torna a condannare la guerra in Ucraina giustificata da Putin con le parole del Vangelo: “Quando si usa violenza non si sa più nulla su Dio”
Città del Vaticano – “Quando si usa violenza non si sa più nulla su Dio, che è Padre, e nemmeno sugli altri, che sono fratelli. Si dimentica perché si sta al mondo e si arriva a compiere crudeltà assurde. Lo vediamo nella follia della guerra, dove si torna a crocifiggere Cristo”.
Dal sagrato di piazza San Pietro, addobbato a festa come non si vedeva da due anni, Papa Francesco torna a condannare la guerra in Ucraina. Sul sagrato, sferzato dal vento e baciato dal sole, risplendono alberi d’ulivo e rami di palme. Il Pontefice, come da tradizione, li benedice con l’acqua ma, a causa del dolore al ginocchio, salta la processione d’ingresso e arriva in auto fin all’altare (leggi qui): troppa, per lui, la distanza che separa l’obelisco dalla sede (avvicinata all’altare).E così, dopo due anni di stop dovuti al Covid, la Domenica delle Palme in piazza San Pietro torna ma senza la figura del Pontefice nel rito che apre le celebrazioni della Settimana Santa.
Nell’omelia, il Pontefice tuona contro il leader del Cremlino. Prendendo spunto dal Vangelo odierno, smorza i toni di “guerra santa” proclamata da Putin e dal Patriarca Kirill (che avevano giustificato il conflitto usando, come nel caso di Putin, proprio le parole del Vangelo) sottolineando come in Ucraina, oggi, “Cristo è ancora una volta inchiodato alla croce nelle madri che piangono la morte ingiusta dei mariti e dei figli. È crocifisso nei profughi che fuggono dalle bombe con i bambini in braccio. È crocifisso negli anziani lasciati soli a morire, nei giovani privati di futuro, nei soldati mandati a uccidere i loro fratelli”.
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Nell’omelia Francesco si sofferma anche sulle parole che Gesù pronuncia sulle croce, parole che si contrappongono a quelle dei suoi crocifissori. Chi lo sta mettendo a morte, infatti, ripete un ritornello: “Salva te stesso”. “Salvare se stessi, badare a se stessi, pensare a se stessi; non ad altri, ma solo alla propria salute, al proprio successo, ai propri interessi; all’avere, al potere e all’apparire. Salva te stesso: è il ritornello dell’umanità che ha crocifisso il Signore. Pensiamoci”, il commento del Papa, che “alla mentalità dell’io” fa notare come si contrappone “quella di Dio; il salva te stesso si scontra con il Salvatore che offre se stesso”.
Nel Vangelo odierno, spiega, “sul Calvario anche Gesù prende la parola tre volte, come i suoi oppositori (cfr vv. 34.43.46). Ma in nessun caso rivendica qualcosa per sé; anzi, nemmeno difende o giustifica se stesso. Prega il Padre e offre misericordia al buon ladrone”.
Il Papa si sofferma su un’espressione in particolare, che “marca la differenza rispetto al salva te stesso: ‘Padre, perdona loro’ (v.34)”. Parole che Gesù dice “quando sente i chiodi trafiggergli i polsi e i piedi. Lì, nel dolore fisico più acuto della passione, Cristo chiede perdono per chi lo sta trapassando. Affisso al patibolo dell’umiliazione, aumenta l’intensità del dono, che diventa per-dono”.
E Dio, sottolinea, “fa così anche con noi: quando gli provochiamo dolore con le nostre azioni, Egli soffre e ha un solo desiderio: poterci perdonare. Lì, mentre viene crocifisso, nel momento più difficile, Gesù vive il suo comandamento più difficile: l’amore per i nemici”.
Il Papa invita quindi a pensare a chi “ci ha ferito, offeso, deluso; a qualcuno che ci ha fatto arrabbiare, che non ci ha compresi o non è stato di buon esempio. Quanto tempo ci soffermiamo a ripensare a chi ci ha fatto del male! Così come a guardarci dentro e a leccarci le ferite che ci hanno inferto gli altri, la vita, la storia”. Ma “Gesù oggi ci insegna a non restare lì, bensì “a reagire ai chiodi della vita con l’amore, ai colpi dell’odio con la carezza del perdono”.
In altre parole, Cristo, oggi, ai suoi discepoli, “chiede di spezzare la catena del ‘ti voglio bene se mi vuoi bene; ti sono amico se sei mio amico; ti aiuto se tu mi aiuti’. No, compassione e misericordia per tutti, perché Dio vede in ciascuno un figlio. Non ci divide in buoni e cattivi, in amici e nemici. Siamo noi che lo facciamo, facendolo soffrire”.
“Dio – ribadisce – non si stanca di perdonare, non sopporta fino a un certo punto per poi cambiare idea, come siamo tentati di fare noi”. Poi ammonisce tutti i credenti: “Non stanchiamoci del perdono di Dio: noi preti di amministrarlo, ogni cristiano di riceverlo e di testimoniarlo”.
Infine, il Papa fa notare che nella sue parole, Gesù, “non solo implora il perdono, ma dice anche il motivo: perdonali perché non sanno quello che fanno. Ma come? I suoi crocifissori avevano premeditato la sua uccisione, organizzato la sua cattura, i processi, e ora sono sul Calvario per assistere alla sua fine. Eppure Cristo giustifica quei violenti perché non sanno. Ecco come si comporta Gesù con noi: si fa nostro avvocato. Non si mette contro di noi, ma per noi contro il nostro peccato”.
“In questa settimana accogliamo la certezza che Dio può perdonare ogni peccato, ogni distanza, mutare ogni pianto in danza. Camminiamo verso la Pasqua con il suo perdono. Perché Cristo continuamente intercede presso il Padre per noi (cfr Eb 7,25) e, guardando il nostro mondo violento e ferito, non si stanca di ripetere: Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”, conclude.
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