Veglia Pasquale, Francesco: “Nella notte della guerra il Risorto brilla più forte delle scie di morte”
Il Papa non presiede il rito ma tiene l’omelia. In basilica presenti alcuni parlamentari ucraini e il sindaco di Melitopol. Il Pontefice: “Coraggio”. E in ucraino aggiunge: “Cristo è risorto”
Città del Vaticano – La basilica di San Pietro brilla nella notte santa di Pasqua. Alla celebrazione è presente in prima fila il sindaco della Melitopol, occupata dai russi, Ivan Fedorov, con tre parlamentari ucraini: Maria Mezentseva, Olena Khomenko, Rustem Umerov. È a loro che, verosimilmente, Papa Francesco si rivolgeva aggiungendo a braccio “Con Gesù, il Risorto, nessuna notte è infinita; e anche nel buio più fitto, brilla la stella del mattino. In questo buio che voi vivete, signor sindaco e signore e signori parlamentari, il buio oscuro della guerra e della crudeltà. Tutti noi preghiamo per voi, e con voi, questa notte. Preghiamo per le tante sofferenze. Noi soltanto possiamo darvi la nostra compagnia e la nostra preghiera e dirvi: ‘Coraggio’. E anche la cosa più grande che oggi si celebra: “Cristo è risorto” (pronunciato in ucraino)”.
Fuori, tra le colonne della piazza, risuonano i rintocchi del campanone e di tutte le altre campane della basilica vaticana. Dentro, tra candele e fiori, si canta l’annuncio della risurrezione di Cristo. Presenti 5500 fedeli: dopotutto questa è la prima celebrazione non contingentata al chiuso in Vaticano dalla fine dello stato d’emergenza”.
Il Pontefice è presente ma non presiede la celebrazione: al suo posto il cardinale decano, Giovanni Battista Re. E’ lui che benedice il fuoco dal quale poi si accende la fiamma del cero pasquale. Bergoglio, come al Te Deum (leggi qui), aspetta la processione d’ingresso, in disparte, seduto sulla poltrona bianca a ridosso della statua di San Pietro. Indosso solo la talare bianca, nessun paramento. I tanti impegni di nella Settimana Santa e il ginocchio, ancora dolorante, con conseguente affaticamento, le cause.
Al momento dell’omelia però il Santo Padre si alza e, dal pulpito, esordisce con un messaggio di consolazione non solo per l’Ucraina, ma per tutti i popoli in guerra: “Molti scrittori hanno evocato la bellezza delle notti illuminate dalle stelle. Invece le notti di guerra sono solcate da scie luminose di morte. In questa notte, fratelli e sorelle, lasciamoci prendere per mano dalle donne del Vangelo, per scoprire con loro il sorgere della luce di Dio che brilla nelle tenebre del mondo”.
E, come ci ha abituato in questi nove anni di pontificato, la sua omelia ruota attorno a tre parole, tre verbi, che riassumono le azioni delle donne protagoniste dell’odierna pagina di Vangelo (cfr Lc 24,1-10): Vedono, ascoltano, annunciano”. “Con queste tre azioni – spiega il Papa – entriamo anche noi nella Pasqua del Signore”.
Vedere. “Il primo annuncio della Risurrezione non è affidato a una formula da capire, ma a un segno da contemplare”, ovvero la tomba vuota. “La Pasqua, dunque, inizia ribaltando i nostri schemi. Giunge con il dono di una speranza sorprendente. Ma non è facile accoglierla”. “A volte, dobbiamo ammetterlo, nel nostro cuore questa speranza non trova spazio”. E Bergoglio striglia i credenti: “Troppo spesso guardiamo la vita e la realtà con gli occhi rivolti verso il basso; fissiamo soltanto l’oggi che passa, siamo disillusi sul futuro, ci chiudiamo nei nostri bisogni, ci accomodiamo nel carcere dell’apatia, mentre continuiamo a lamentarci e a pensare che le cose non cambieranno mai. E così restiamo immobili davanti alla tomba della rassegnazione e del fatalismo, e seppelliamo la gioia di vivere”. Al contrario, Dio, “in questa notte, vuole donarci occhi diversi, accesi dalla speranza che la paura, il dolore e la morte non avranno l’ultima parola su di noi. Grazie alla Pasqua di Gesù possiamo fare il salto dal nulla alla vita. Alziamo lo sguardo, togliamo il velo dell’amarezza e della tristezza dai nostri occhi, apriamoci alla speranza di Dio!”.
In secondo luogo, le donne ascoltano. Dopo aver visto la tomba vuota, due angeli dicono loro: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto”. “Ci fa bene ascoltare e ripetere queste parole: non è qui!”, il consiglio del Papa. “Ogni volta che pretendiamo di aver compreso tutto di Dio, di poterlo incasellare nei nostri schemi, ripetiamo a noi stessi: non è qui! Ogni volta che lo cerchiamo solo nell’emozione passeggera o nel momento del bisogno, per poi accantonarlo e dimenticarci di Lui nelle situazioni e nelle scelte concrete di ogni giorno, ripetiamo: non è qui!”, prosegue. “Non possiamo fare Pasqua – ammonisce – se continuiamo a rimanere nella morte; se restiamo prigionieri del passato; se riduciamo la fede a un amuleto, facendo di Dio un bel ricordo di tempi passati, invece che incontrarlo oggi come il Dio vivo che vuole trasformare noi e il mondo”. “Un cristianesimo che cerca il Signore tra i relitti del passato e lo rinchiude nel sepolcro dell’abitudine è un cristianesimo senza Pasqua – tuona -. Ma il Signore è risorto! Non attardiamoci attorno ai sepolcri, ma andiamo a riscoprire Lui, il Vivente! E non abbiamo paura di cercarlo anche nel volto dei fratelli, nella storia di chi spera e di chi sogna, nel dolore di chi piange e soffre: Dio è lì!”.
Infine, la terza azione: le donne annunciano. Ma cosa annunciano? “La gioia della Risurrezione. La Pasqua non accade per consolare intimamente chi piange la morte di Gesù, ma per spalancare i cuori all’annuncio straordinario della vittoria di Dio sul male e sulla morte”. Per questo “la luce della Risurrezione non tollera atteggiamenti sedentari, ma genera discepoli missionari”. Le donne, prosegue, “sanno che potrebbero essere prese per pazze, tant’è che il Vangelo dice che le loro parole parvero ‘come un vaneggiamento’, ma non sono preoccupate della loro reputazione, di difendere la loro immagine; non misurano i sentimenti, non calcolano le parole”.
Com’è bella una Chiesa che corre in questo modo per le strade del mondo! Senza paure, senza tatticismi e opportunismi; solo col desiderio di portare a tutti la gioia del Vangelo. A questo siamo chiamati: a fare esperienza del Risorto e condividerla con gli altri; a rotolare quella pietra dal sepolcro, in cui spesso abbiamo sigillato il Signore, per diffondere la sua gioia nel mondo.
Compito del cristiano è allora quello di “risuscitare Gesù, il Vivente, dai sepolcri in cui lo abbiamo rinchiuso; liberiamolo dalle formalità in cui spesso lo abbiamo imprigionato; risvegliamoci dal sonno del quieto vivere in cui a volte lo abbiamo adagiato, perché non disturbi e non scomodi più. Portiamolo nella vita di tutti i giorni: con gesti di pace in questo tempo segnato dagli orrori della guerra; con opere di riconciliazione nelle relazioni spezzate e di compassione verso chi è nel bisogno; con azioni di giustizia in mezzo alle disuguaglianze e di verità in mezzo alle menzogne. E, soprattutto, con opere di amore e di fraternità”.
Il rito prosegue con il battesimo di sette neofiti provenienti dall’Italia, dagli Stati Uniti d’America, dall’Albania e da Cuba. Francesco indossa la stole e, uno ad uno, li battezza. Domani mattina, salvo altre sorprese, il Papa presiederà la messa del giorno di Pasqua in piazza San Pietro. A mezzogiorno impartirà poi, dalla loggia centrale della basilica vaticana, la benedizione Urbi et Orbi.
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