Sentenza del Consiglio di Stato sul tema autorizzazioni Ncc, Fascianelli (Anar): “Ribadito un principio di diritto”
“Fare ricorsi su ricorsi può rivelarsi molto oneroso per chi li propone: non si gioca con le leggi”
“Attenzione ad invitare i noleggiatori con autorizzazioni extra provinciali che hanno la pretesa di operare stabilmente a Roma, a fare ricorso al Tar e al Consiglio di Stato, perché poi alla fine dura lex sed lex , e ci si ritrova a dover pagare ingenti cifre (che possono raggiungere e oltrepassare i 15mila euro tra legali propri e di controparte) di tasca propria, che possono addirittura minare l’esistenza stessa dell’azienda”. A parlare è Ivano Fascianelli, presidente di Anar (Associazione nazionale autonoleggiatori riuniti) che commenta la sentenza emessa dal Consiglio di Stato (Sezione Quinta) n. 03381/2022, nella quale si rigettano tutti i ricorsi fatti da un Ncc che operava in un comune diverso da quello dove aveva avuto l’autorizzazione, senza far rientro in sede a fine servizio, come invece previsto dalle norme, e senza nemmeno che la rimessa fosse realmente idonea ad ospitare le vetture utilizzate.
“Un ‘trucchetto’ – spiega Fascianelli . usato spesso, ma che i giudici hanno stroncato. Con conseguente aggravio di costi per chi ha fatto ricorso. Bisogna smetterla di dare informazioni fuorvianti, magari basandosi su momentanee sospensive rispetto alle decisioni del Tar, perché è un modo di fare estremamente rischioso perché alla fine si dovranno pagare anche le spese legali del comune resistente.
I giudici sono chiari – spiega Fascianelli -, e fanno riferimento all’art. 8, comma 3, della legge n. 21 del 1992, ossia la rimessa oltre che elemento coessenziale deve essere reale e non puramente fittizia.
I giudici chiariscono la sentenza della consulta n.56 del 2020, bene che la possibilità di non dover fare necessariamente rientro nella sede di servizio o di rimessa “ogni volta”, ossia tra un viaggio e l’altro che siano caratterizzati da una certa contiguità temporale, non è una requisito intoccabile, per elementari ragioni di ragionevolezza e di proporzionalità; ma ciò – dicono sempre i giudici – non vuol dire tuttavia che non debba comunque essere preservato un certo “vincolo territoriale” con la comunità di riferimento ossia con la
collettività del comune che ha rilasciato in concreto l’autorizzazione. Dunque il rientro nella sede di servizio e di rimessa, pur dopo una serie di viaggi tra loro in qualche misura “collegati”, non può di certo essere del tutto omessa.
C’è chi invece pretende proprio questo – conclude Fascianelli -: avere la licenza in un Comune e lavorare in un altro in maniera fissa. Non si può fare, e aspettiamo da tempo che il Comune di Roma ne prenda atto, facendo finalmente diventare operativo l’art. 29 del Regolamento Taxi/Ncc approvato a Giugno 2021 dalla vecchia giunta Raggi”.
(Il Faro online)
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