Mondiali di atletica, l’Italia chiude con un oro e un bronzo: l’analisi tecnica
Vallortigara e Stano sul podio. Bilancio positivo degli azzurri
Eugene – Con la finale della staffetta 4×400 (azzurre settime in 3:26.45) si chiude il Mondiale di atletica a Eugene 2022.
Una spedizione positiva per la squadra azzurra, che ha colto, soprattutto in termini di finalisti e punti, risultati mancati da diverse edizioni. L’oro di Massimo Stano (leggi qui) riporta il tricolore sul gradino più alto del podio dopo un’attesa durata 19 anni (l’ultimo a riuscirci fu Giuseppe Gibilisco nell’asta, a Parigi 2003), e rimette la squadra maschile nel medagliere a 13 anni da Berlino 2009 (la medaglia “postuma” di Giorgio Rubino nei 20km di marcia). E sempre da 13 anni non si riusciva ad ottenere più di un podio nella stessa edizione (con Stano, va a referto anche il magnifico bronzo nell’alto di Elena Vallortigara).
Anche in termini di punti e finalisti, il risultato è da sottolineare. Il raccolto complessivo è di 39 punti (dodicesimo posto nella speciale classifica che assegna 8 punti al primo classificato di ogni gara e un punto all’ottavo), il miglior risultato dal 2003 a questa parte (a Parigi, 19 anni fa, collezionammo esattamente 39 punti, come oggi). I finalisti sono dieci, divisi in maniera equa tra uomini e donne, pareggiando (ancora) Parigi 2003, e riportando la squadra italiana in doppia cifra dopo un’attesa durata 9 edizioni. Diciannovesimo piazzamento nel medagliere. Agli Stati Uniti il primo trofeo assegnato per la squadra vincitrice della classifica a punti. Dove, in effetti, è mancata una competizione. Gli americani hanno letteralmente dominato il Mondiale: 33 medaglie (13 d’oro), 65 finalisti, addirittura 328 punti. Giamaica (110) ed Etiopia (106) chiudono il trio di testa.
In termini più tecnici, ed uscendo dal computo numerico, è significativo il raffronto tra i finalisti dei Giochi di Tokyo e quelli del Mondiale americano. Furono dieci anche lo scorso anno, ma solo in due (Tamberi e Stano) sono stati capaci di confermarsi tra i primi otto a dodici mesi di distanza, il marciatore addirittura sul gradino più alto del podio (seppure su una distanza diversa). Questo a testimoniare la crescita di atleti che in Giappone non erano stati protagonisti, a fronte delle numerose assenze nella prima fila azzurra. Dei 10 finalisti di Tokyo, infatti, ben cinque – senza contarne altri in non perfette condizioni di forma perché reduci o alle prese con infortuni – non sono stati in grado di presentarsi a Eugene: Antonella Palmisano, Nadia Battocletti, Zane Weir, Alessandro Sibilio, Filippo Randazzo. Un dato interessante in chiave staffette: due quartetti con il tricolore sul petto entrarono in finale lo scorso anno (4×100 e 4×400 uomini, la prima salendo sul gradino più alto del podio), le altre tre (4×400 donne, 4×400 mista e 4×100 donne) sono riuscite quest’anno. (fidal.it)(foto@Colombo/Fidal)
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