Raid con i droni a Kabul, gli Usa uccidono il leader di al Qaeda al Zawahiri: “Giustizia è fatta”
Biden esulta e cita tutti gli attacchi attribuiti al medico egiziano, vice di bin Laden al momento degli attacchi dell’11 settembre. I talebani insorgono: “Violati i principi internazionali”
Washington – “Giustizia è fatta, questo leader terroristico non c’è più”. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden si affaccia all’1.30 ora italiana dal balcone della Casa Bianca – dove è di nuovo in isolamento a causa del covid – per rivendicare il successo dell’uccisione di Ayman al Zawahiri. “Miei concittadini americani – dice – sabato, su mio ordine, gli Stati Uniti hanno concluso un raid aereo a Kabul, nel quale è stato ucciso l’emiro di al Qaeda”.
“Al Zawahiri – ricorda – era il numero due di bin Laden, il suo vice al momento degli attacchi dell’11 settembre, era profondamente coinvolto nella pianificazione dell’11 settembre, uno dei maggiormente responsabili per gli attacchi che hanno ucciso 2.977 persone sul suolo americano”.
Il presidente cita tutti gli attacchi attribuiti al medico egiziano e ricorda i video di cui fu protagonista nei quali incitava ad attaccare l’America ed i suoi alleati, ancora nelle settimane scorse. “Adesso è stata fatta giustizia, questo leader terroristico non c’è più – scandisce il presidente – La gente nel mondo non deve avere più paura di questo leader feroce e determinato. Gli Stati Uniti continuano a dimostrare la loro determinazione e capacità di difendere il popolo americano contro coloro che vogliono colpirci”.
Ancora una volta, secondo Biden, “abbiamo reso chiaro che non importa quanto ci vuole, non importa dove vi nascondete, se siete una minaccia al nostro popolo, gli Stati Uniti vi troveranno ed elimineranno”.
Il presidente assicura quindi che la missione che ha portato alla morte del leader di al Qaeda “è stata attentamente pianificata e i rischi di colpire altri civili sono stati minimizzati in modo rigoroso e una settimana fa, dopo che mi è stato detto che le condizioni erano ottimali, ho dato l’approvazione finale per andarlo a prendere, la missione è stata un successo, nessuno dei membri della sua famiglia è stato ferito e non ci sono state vittime tra i civili”.
“Quando ho concluso la nostra missione militare in Afghanistan, quasi un anno fa, ho deciso che, dopo 20 anni di guerra, gli Stati Uniti non avevano più bisogno di migliaia di soldati sul terreno in Afghanistan per proteggere l’America dai terroristi che cercano di farci del male – ricorda quindi Biden – E ho promesso al popolo americano che avremmo continuato a condurre efficaci operazioni antiterrorismo in Afghanistan e oltre. Lo abbiamo fatto”.
Con l’eliminazione di al Zawahiri, l’Afghanistan non diventerà “mai più un rifugio sicuro per i terroristi, lui non c’è più e ci assicureremo che non accada altro”, l’Afghanistan non può più diventare “una piattaforma di lancio contro gli Stati Uniti, faremo in modo che ciò non accada”. ” E a coloro che nel mondo continuano a cercare di danneggiare gli Stati Uniti, ascoltatemi ora – conclude – resteremo sempre vigili e agiremo. E faremo sempre ciò che è necessario per garantire la sicurezza degli americani in patria e nel mondo”.
Da 11 anni al vertice di al-Qaeda
Nato in una famiglia di magistrati e medici egiziani, era considerato il numero due di al-Qaeda fino all’uccisione di bin Laden, dopo essere stato al suo fianco per oltre un decennio. Da quando, in nome della comune lotta contro ”gli ebrei e i crociati”, l’ala egiziana del jihad si unì a quella che faceva capo al miliardario saudita. Entrato nei Fratelli musulmani (il gruppo radicale sunnita che ha ispirato Osama bin Laden sin dall’inizio dei suoi studi in una scuola religiosa di Gedda) a 14 anni, al-Zawahiri fu tra le centinaia di persone arrestate a seguito dell’assassinio del presidente egiziano Anwar al Sadat, il 6 ottobre del 1981. Rilasciato poco dopo, si recò in Afghanistan, dove si unì alla resistenza dei mujahidin contro l’occupante sovietico: fu allora che per la prima volta entrò in contatto con bin Laden, con cui diede vita ad al-Qaeda.
Già nel 1996 gli Stati Uniti lo ritenevano la minaccia più seria e credibile contro gli obiettivi americani. Come poi dimostrato dagli attacchi alle ambasciate degli Stati Uniti in Kenya e Tanzania, nell’agosto del 1998, costati la vita a oltre 250 persone. Le autorità del Cairo lo ritengono responsabile anche dell’attentato nel novembre del 1997 a Luxor, nel quale morirono 62 turisti, per il quale è stato condannato a morte in contumacia. Volto e voce di al-Qaeda con numerosi messaggi video e audio che ha registrato per incitare al Jihad, denunciando “i crociati, le cospirazioni sioniste e gli arabi traditori”, al-Zawahiri nel 2012 aveva invitato i musulmani a rapire i turisti occidentali nei paesi musulmani.
Nel 2006 fu obiettivo di un raid americano. Il 13 gennaio, la Cia lanciò un attacco a Damadola, un villaggio pakistano al confine con l’Afghanistan, dove credeva si trovasse il medico egiziano invitato a una cena di leader militanti. Nel raid morirono 18 persone, tra cui cinque donne e cinque bambini, mentre al-Zawahiri, la cui presenza a quella cena non venne mai in realtà confermata, sfuggì all’attacco aereo americano. Dopo gli attentati dell’11 settembre il Dipartimento di Stato Usa mise una taglia di 25 milioni di dollari per informazioni utili alla sua cattura.
L’ira dei talebani
L’attacco con i droni che ha portato all’uccisione del leader di al-Qaeda Ayman al-Zawahiri è stato confermato dal portavoce dei Talebani Zabihullah Mujahid. Come riporta il Jerusalem Post, Zabihullah Mujahid ha condannato fermamente l’azione Usa, definendolo una violazione dei “principi internazionali”. (fonte Adnkronos)