Giovanni Paolo I, dal Conclave al funerale: diario di un pontificato durato solo 33 giorni
Dal Conclave alle esequie, 25 agosto – 4 ottobre 1978. Ripercorriamo le tappe di quello che è stato uno dei pontificati più brevi della storia
Città del Vaticano – Appena 33 giorni. Tanto è durato il pontificato di Giovanni Paolo I, al secolo Albino Luciani. La sua elezione avviene alla fine di agosto del 1978. L’extra omnes viene pronunciato alle ore 19 del 25 agosto. Ha così inizio il Conclave, il primo dopo il Concilio Vaticano II. Il 26 agosto, alla quarta votazione, dopo appena 24 ore dalla chiusura delle porte della Cappella Sistina, il Patriarca di Venezia raggiunge il quorum con un consenso pressoché unanime, accetta l’elezione e prende il nome di Giovanni Paolo.
Alle 19.20, dopo poco più di 24 ore dall’extra omnes, il cardinale protodiacono Pericle Felici annuncia: “Habemus Papam”. Alle 19.30 Giovanni Paolo I si affaccia dalla loggia centrale della basilica di San Pietro per impartire la benedizione apostolica mentre un folla festante lo acclama. La clausura del Conclave, tuttavia, viene prolungata fino alle 11.45 del giorno seguente.
Il 27 agosto, alle ore 9.30, la concelebrazione eucaristica con i conclavisti e la partecipazione dei cardinali ultraottantenni. Quindi pronuncia il radiomessaggio Urbi et Orbi, con i sei “vogliamo” del suo programma (un “prolungamento”, nelle idee di Luciani, del pontificato del suo predecessore, Paolo VI):
– vogliamo continuare nella prosecuzione dell’eredità del Concilio Vaticano II, le cui norme sapienti devono tuttora essere guidate a compimento, vegliando a che una spinta, generosa forse ma improvvida, non ne travisi i contenuti e i significati, e altrettanto che forze frenanti e timide non ne rallentino il magnifico impulso di rinnovamento e di vita;
– vogliamo conservare intatta la grande disciplina della Chiesa, nella vita dei sacerdoti e dei fedeli, quale la collaudata ricchezza della sua storia ha assicurato nei secoli con esempi di santità e di eroismo, sia nell’esercizio delle virtù evangeliche sia nel servizio dei poveri, degli umili, degli indifesi; e a questo proposito porteremo innanzi la revisione del Codice di Diritto Canonico, sia della tradizione orientale sia di quella latina, per assicurare, alla linfa interiore della santa libertà dei figli di Dio, la solidità e la saldezza delle strutture giuridiche;
– vogliamo ricordare alla Chiesa intera che il suo primo dovere resta quello dell’evangelizzazione, le cui linee maestre il Nostro Predecessore Paolo VI ha condensato in un memorabile documento: animata dalla fede, nutrita dalla Parola di Dio, e sorretta dal celeste alimento dell’Eucaristia, essa deve studiare ogni via, cercare ogni mezzo, « opportune importune »(12), per seminare il Verbo, per proclamare il messaggio, per annunciare la salvezza che pone nelle anime l’inquietudine della ricerca del vero e in questa le sorregge con l’aiuto dall’alto; se tutti i figli della Chiesa sapranno essere instancabili missionari del Vangelo, una nuova fioritura di santità e di rinnovamento sorgerà nel mondo, assetato di amore e di verità;
– vogliamo continuare lo sforzo ecumenico, che consideriamo l’estrema consegna dei Nostri immediati Predecessori, vegliando con fede immutata, con speranza invitta e con amore indeclinabile alla realizzazione del grande comando di Cristo: « Ut omnes unum sint »(13), nel quale vibra l’ansia del suo Cuore alla vigilia dell’immolazione del Calvario; le mutue relazioni fra le Chiese di varia denominazione hanno compiuto progressi costanti e straordinari, che sono davanti agli occhi di tutti; ma la divisione non cessa peraltro di essere occasione di perplessità, di contraddizione e di scandalo agli occhi dei non cristiani e dei non credenti: e per questo intendiamo dedicare la Nostra meditata attenzione a tutto ciò che può favorire l’unione, senza cedimenti dottrinali ma anche senza esitazioni;
– vogliamo proseguire con pazienza e fermezza in quel dialogo sereno e costruttivo, che il mai abbastanza compianto Paolo VI ha posto a fondamento e programma della sua azione pastorale, dandone le linee maestre nella grande Enciclica « Ecclesiam Suam », per la reciproca conoscenza, da uomini a uomini, anche con coloro che non condividono la nostra fede, sempre disposti a dar loro testimonianza della fede che è in noi, e della missione che il Cristo Ci ha affidata, « ut credat mundus »(14);
– vogliamo infine favorire tutte le iniziative lodevoli e buone che possano tutelare e incrementare la pace nel mondo turbato: chiamando alla collaborazione tutti i buoni, i giusti, gli onesti, i retti di cuore, per fare argine, all’interno delle nazioni, alla violenza cieca che solo distrugge e semina rovine e lutti, e, nella vita internazionale, per portare gli uomini alla mutua comprensione, alla congiunzione degli sforzi che favoriscano il progresso sociale, debellino la fame del corpo e l’ignoranza dello spirito, promuovano l’elevazione dei popoli meno dotati di beni di fortuna eppur ricchi di energie e di volontà.
Il 27 agosto è anche il giorno del suo primo Angelus: “Ieri mattina io sono andato alla Sistina a votare tranquillamente. Mai avrei immaginato quello che stava per succedere”. Poco dopo prende possesso dell’appartamento privato al terzo piano del Palazzo Apostolico, con al seguito il segretario don Diego Lorenzi.
Il 28 agosto arriva la nomina del cardinale Jean Villot a Segretario di Stato e conferma di tutti gli incarichi ufficiali di Curia. L’indomani, invece, nomina mons. Giuseppe Bosa amministratore apostolico a Venezia e invia messaggio ai veneziani, la sua precedente Diocesi. Nel frattempo giunge per il servizio presso l’appartamento pontificio suor Vincenza Taffarel, la religiosa che lo aveva assistito fin dall’episcopato a Vittorio Veneto.
Il 30 agosto è il giorno dell’allocuzione al Collegio dei cardinali. Il discorso pronunciato in italiano differisce completamente dal testo scritto ufficiale. Ai cardinali si rivolge in prima persona: “Cerchiamo insieme di dare al mondo spettacolo di unità”. Primi segnali di un protocollo, quello rigidissimo del Vaticano, che sarebbe stato infranto più volte.
Giovanni Paolo I conferma poi la terza Conferenza generale dell’episcopato dell!America Latina prevista dal 12 al 28 ottobre a Puebla. E conferma come “segretario in prima” padre John Magee, già segretario di Paolo VI. L’ultimo giorno di agosto pronuncia un discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, che si potrebbe tranquillamente riassumere in pochissime parole: “Il dovere di costruire la pace”. Una frase che oggi, alla vigilia della sua beatificazione, resta quanto mai attuale.
Il 1 settembre è la volta del discorso ai rappresentanti della stampa internazionale: “Se venisse san Paolo farebbe il giornalista”, dice ai media giunti a Roma da quasi un mese per la copertura dei funerali di Paolo VI e del Conclave.
I giorni di settembre che si susseguono con estrema velocità. Prima riceve i familiari, poi incontra le delegazioni delle Chiese non cattoliche. Il 2 settembre firma e invia la lettera agli emigranti veneti per la loro riunione ad Einsiedeln in Svizzera. Il 3 settembre incontra i pellegrini di Belluno, Vittorio Veneto e Venezia. A mezzogiorno si affaccia per l’Angelus: “Più preghiere e meno battaglie”, dice su una piazza San Pietro che d’ora in poi non vedrà più quello che era uno dei riti più antichi della storia: l’incoronazione del Sommo Pontefice.
Albino Luciani, infatti, rinuncia al rito di incoronazione, celebrando solo una solenne Messa d’inizio del ministero di pastore della Chiesa universale. Gli viene imposto il pallio, poi il saluto, uno a uno, dei centoquattro cardinali presenti che gli rinnovano l’obbedienza. Durante un pranzo con le suore di Maria Bambina, viene stabilito il team di
quattro religiose per l’assistenza di servizio nell’appartamento. La lunga giornata del Visita del medico personale
Antonio Da Ros.
Tra i pochi discorsi pronunciati, va ricordata l’allocuzione alle delegazioni ufficiali degli stati presenti per l’inizio del
pontificato: “Il nostro cuore è aperto a tutti i popoli, a tutte le razze”. Ma la morte, fin da subito, è presente nel pontificato di Luciani. Il 5 settembre riceve in udienza privata il Patriarca Nikodim, metropolita di Leningrado e Novgorod, che muore tra le braccia del Papa. “Mai in vita mia avevo sentito parole così belle sulla Chiesa”, riferirà lo stesso Luciani.
Il 6 settembre è il giorno della sua prima Udienza Generale. E anche qui apporta una piccola grande rivoluzione: lui, che era molto umile, rinuncia alla sedia gestatoria. Poi chiama al dialogo un bambino maltese. Segue l’appello per la pace in Medio Oriente in vista del summit di Camp David (USA). Lo stesso giorno, prende servizio presso l’appartamento come aiutante di camera Angelo Gugel.
L’8 settembre, giornata di suffragio per il metropolita Nikodim, riceve la delegazione russa, tra i cui membri figura il futuro Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill. Per desiderio del Papa, il card. Willebrands rappresenterà la Santa Sede alle esequie del metropolita in Unione Sovietica.
Il 10 settembre, all’Angelus, pronuncia il discorso che mise in crisi teologi e anche qualche credente: “Dio è papà; più ancora è madre”. Il 12 settembre, la preghiera sulla tomba di Paolo VI a un mese dalle esequie. L’indomani è il giorno della sua seconda udienza generale, che ha per tema la fede. Lo stesso giorno arriva la visita del dottor Da Ros.
Il 16 settembre riceve il presidente della Repubblica somala, generale Mohamed Siad Barre, dà udienza ad Alfonso López Trujillo, vescovo coadiutore di Medellín in Colombia e segretario generale del CELAM e della III Conferenza dell!episcopato latino-americano in programma a Puebla; ai nunzi apostolici in Canada e a Cuba.
Domenica 17 settembre è nuovamente la volta dell’Angelus, tutto incentrato su “scuola e società”. Nel pomeriggio, accompagnato dal card. Villot scende per una passeggiata nei giardini vaticani. Il 20 settembre la terza udienza generale, sul tema della speranza. Invia quindi una lettera ai vescovi delle Conferenze di Argentina e Cile in riferimento alla disputa sul canale di Beagle. Il 21 settembre, la visita ad limina di un gruppo di vescovi degli Stati Uniti d’America. lo stesso giorno, Luciani invia una lettera al presidente statunitense Jimmy Carter dopo la conclusione dei colloqui di pace a Camp David (17 settembre 1978).
Il 23 settembre, dopo l’udienza al cardinal Sebastiano Baggio, prefetto della Congregazione per i vescovi, e ai nunzi apostolici in Svizzera e in Madagascar, il rito di insediamento sulla Cathedra romana di San Giovanni in
Laterano, preceduto dall’incontro, ai piedi del Campidoglio, con la giunta comunale di Roma, guidata dal sindaco, Giulio Carlo Argan. Durante la solenne concelebrazione nella basilica lateranense, Giovanni Paolo I, rivolgendosi ai romani, afferma: “Desidero solo entrare al vostro servizio”. La sera nuova visita del dottor Antonio Da Ros durante i quali vengono presi accordi di massima con il dottor Renato Buzzonetti del Servizio sanitario vaticano per la cura del Papa.
Il 24 settembre, domenica, si affaccia per quello che sarà il suo ultimo Angelus: “Non la violenza può tutto, ma l’amore può tutto”, dice ai fedeli. Il 27 settembre è invece il giorno della sua quarta e ultima Udienza Generale, sul tema della carità. Verso la fine dell’incontro chiama a sé un bambino per farsi aiutare nella catechesi. Immagini e parole ancora oggi scolpite nella memoria collettiva:
Amare Dio – l’abbiamo visto – è pure un viaggio: Dio lo vuole sempre più intenso e perfetto. Ha detto a tutti i suoi: «Voi siete la luce del mondo, il sale della terra»; « siate perfetti com’è perfetto il vostro Padre celeste». Ciò significa: amare Dio non poco, ma tanto; non fermarsi al punto in cui si è arrivati, ma col Suo aiuto, progredire nell’amore.
I fedeli riuniti nell’Aula Nervi lo applaudono. Per Albino Luciani saranno gli ultimi applausi. Quel sorriso sarà l’ultimo immortalo pubblicamente dalle telecamere. Il 28 settembre è il suo ultimo giorno terreno: l’agenda è piena: c’è la visita ad limina di un gruppo di vescovi delle Filippine. Poi l’Udienza al card. Bernardin Gantin e suoi collaboratori, ma anche l’udienza ai nunzi apostolici del Brasile e dell’Olanda. Riceve in udienza anche Gianni Crovato, direttore del quotidiano «Il Gazzettino».
Nel pomeriggio di quel giorno il Papa rimane in appartamento. Prima di cena incontra il Segretario di Stato Jean Villot. Dopo cena, alle ore 21.00 si intrattiene in un colloquio telefonico di circa mezz’ora con il card. Giovanni Colombo, arcivescovo di Milano, al termine del quale si ritira nelle sue stanze.
Nella notte muore. Alle 5.20 circa del mattino del 29 settembre, il Papa viene trovato morto nel letto dalle suore Vincenza Taffarel e Margherita Marin, in servizio presso l’appartamento. Alle ore 6.00 il medico Renato Buzzonetti constata il decesso: infarto acuto del miocardio, la causa della morte. Viene quindi redatto l’atto canonico della Recognitio cadaveris. Roma, l’Europa, il mondo intero, ancora non sanno niente. L’annuncio è dato alle ore 7.30 dalla Radio Vaticana. La Chiesa, i fedeli tutti, restano sconvolti mentre Oltretevere si preparano nuovamente i funerali papali. La salma, composta con le sacre vesti, viene, come da tradizione, trasportata nella Sala Clementina. Alle ore 19.00 inizia il trattamento conservativo ad opera dell’equipe dell’Istituto di Medicina legale dell’Università di Roma La Sapienza che viene completato alle 3.30 del mattino seguente.
Il 30 settembre, il corpo del Papa del sorriso, come era stato ribattezzato, viene traslato nella basilica vaticana, dove rimane esposta ai fedeli fino al 3 ottobre. A rendergli omaggio oltre un milione tra uomini e donne, credenti e non. Il 4 ottobre è il giorno delle esequie: Giovanni Paolo I viene quindi deposto nelle Grotte vaticane, dove tuttora riposa.
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