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Papa Francesco, da Nur-Sultan un grido contro tutte le guerre: “Al mondo serve unità”

13 settembre 2022 | 17:18
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Papa Francesco, da Nur-Sultan un grido contro tutte le guerre: “Al mondo serve unità”
Papa Francesco, da Nur-Sultan un grido contro tutte le guerre: “Al mondo serve unità”
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Papa Francesco, da Nur-Sultan un grido contro tutte le guerre: “Al mondo serve unità”
Papa Francesco, da Nur-Sultan un grido contro tutte le guerre: “Al mondo serve unità”

A Nur-Sultan il primo discorso pubblico del viaggio apostolico in Kazakistan. Il Pontefice loda il paese asiatico per aver abolito la pena di morte e aver rinunciato agli armamenti nucleari. Poi il monito: “Una sana laicità dello Stato riconosce il ruolo insostituibile religione e contrasta gli estremismi che la corrode”

Nur-Sultan – Dal cuore del Kazakistan, nazione “tanto estesa quanto antica”, nel quale il Pontefice arriva come “pellegrino di pace, in cerca di dialogo”, Papa Francesco lancia un grido di condanna contro tutte le guerre: “Al mondo serve unità. Il nostro mondo ne ha urgente bisogno, ha bisogno di ritrovare armonia”.

Parole pronunciate nel primo dei quattro discorsi pubblici che attendono il Santo Padre in questa tre giorni in Asia dove prenderà parte al VII Congress of Leaders of World and traditional Religions. Bergoglio, nel Qazaq Concert Hall, dove arriva in sedia a rotelle, incontra – come da prassi per tutti i viaggi apostolici – le autorità locali, con la società civile e il corpo diplomatico kazako. Diversi i temi toccati nel suo intervento, pronunciato il lingua italiana.

Filo conduttore è la dombra, che non è solo uno strumento musicale ma uno dei simboli più importanti del Kazakhstan, tanto che recentemente le è stata dedicata una giornata specifica. Alcune versioni della dombra erano già suonate in epoca medioevale e che essa, lungo i secoli, ha accompagnato i racconti musicati di saghe e opere poetiche, collegando il passato al presente.

Francesco lo definisce “simbolo di continuità nella diversità” poiché “ritma la memoria del Paese”. E la memoria del Kazakhstan, aggiunge il Papa citando Giovanni Paolo II che visitò il paese nel settembre del 2001, “è una terra di
martiri e di credenti, terra di deportati e di eroi, Terra di pensatori e di artisti” che “reca impressa una gloriosa storia di cultura, umanità e sofferenza”. Il Pontefice ricorda “i campi di prigionia e le deportazioni di massa che hanno visto nelle città e nelle sconfinate steppe di queste regioni l’oppressione di tante popolazioni”. Eppure, “in questa terra, percorsa fin dall’antichità da grandi spostamenti di popoli, il ricordo della sofferenza e delle prove sperimentate sia un bagaglio indispensabile per incamminarsi verso l’avvenire mettendo al primo posto la dignità dell’uomo, di ogni uomo, e di ogni gruppo etnico, sociale, religioso”.

Tornando alla dombra, che viene suonata pizzicando le sue due corde, il Papa fa notare che in Kazakistan “risuonano le note di due anime, quella asiatica e quella europea, che ne fanno una permanente ‘missione di collegamento tra due continenti, un ponte fra l’Europa e l’Asia, un «anello di congiunzione tra Oriente e Occidente'”, dice citando nuovamente il suo predecessore.

Poi nuovamente l’appello all’unità. Un appello che arriva tramite un proverbio locale: “La fonte del successo è l’unità”. Francesco lo ripete due volte. Poi spiega: “Sono qui per sottolineare l’importanza e l’urgenza di tale aspetto, al quale sono chiamate a contribuire in modo particolare le religioni”. E ammonisce: “Opportunamente la Costituzione del Kazakhstan, nel definirlo laico, prevede la libertà di religione e di credo. Una laicità sana, che riconosca il ruolo prezioso e insostituibile della religione e contrasti l’estremismo che la corrode, rappresenta una
condizione essenziale per il trattamento equo di ogni cittadino, oltre che per favorire il senso di appartenenza al Paese da parte di tutte le sue componenti etniche, linguistiche, culturali e religiose”. “Le religioni, infatti – aggiunge -, mentre svolgono il ruolo insostituibile di ricercare e testimoniare l’Assoluto, necessitano della libertà di esprimersi. E dunque la libertà religiosa costituisce l’alveo migliore per la convivenza civile”.

La tutela della libertà, aspirazione scritta nel cuore di ogni uomo, unica condizione perché l’incontro tra le persone e i gruppi sia reale e non artificiale, si traduce nella società civile principalmente attraverso il riconoscimento dei diritti, accompagnati dai doveri.

Papa Bergoglio elogia poi il Kazakistan “per l’affermazione del valore della vita umana attraverso l’abolizione della pena di morte, in nome del diritto alla speranza per ciascun essere umano. Accanto a ciò, è importante garantire le libertà di pensiero, di coscienza e di espressione, per dare spazio al ruolo unico e paritario che ognuno riveste per l’insieme”.

“So che è stato avviato, soprattutto negli ultimi mesi, un processo di democratizzazione volto a rafforzare le competenze del Parlamento e delle Autorità locali e, più in generale, una maggiore distribuzione del potere. Si tratta di un tragitto meritorio e impegnativo, certamente non breve, che richiede di proseguire verso la meta senza volgersi indietro. Infatti, la fiducia in chi governa aumenta quando le promesse non risultano strumentali, ma vengono effettivamente attuate”, aggiunge il Santo Padre, spiegando che la vera democrazia “è la risposta più efficace a possibili estremismi, personalismi, populismi, che minacciano la stabilità e il benessere dei popoli”.

Il pensiero del Papa va anche “alla necessità di una certa sicurezza economica”. Una sfida, sottolinea, “che riguarda il mondo intero, il cui sviluppo integrale è tenuto in ostaggio da un’ingiustizia diffusa, per cui le risorse risultano distribuite in modo ineguale. Ed è compito dello Stato, ma anche del settore privato, trattare tutte le componenti della popolazione con giustizia e parità di diritti e doveri, e promuovere lo sviluppo economico non in ragione dei guadagni di pochi, ma della dignità di ciascun lavoratore”.

Francesco torna ancora alla dombra, e scherza con i presenti: “Direte che questo Papa è musicista”. “Essa – spiega Bergoglio – accomuna il Kazakhstan a diversi Paesi dell’area circostante e contribuisce a diffonderne la cultura nel mondo. Auspico che, similmente, il nome di questo grande Paese continui a essere sinonimo di armonia e di pace”. Già, la pace, quella che oramai manca in Europa e, da anni, in molte altre nazioni del pianeta. “Qui Giovanni Paolo II – ricorda il Papa – venne a seminare speranza subito dopo i tragici attentati del 2001. Io vi giungo nel corso della folle e tragica guerra originata dall’invasione dell’Ucraina, mentre altri scontri e minacce di conflitti mettono a repentaglio i nostri tempi. Vengo per amplificare il grido di tanti che implorano la pace, via di sviluppo essenziale per il nostro mondo globalizzato. E la pace è questo: una via di sviluppo essenziale per il nostro mondo globalizzato”.

È dunque sempre più pressante la necessità di allargare l’impegno diplomatico a favore del dialogo e dell’incontro, perché il problema di qualcuno è oggi problema di tutti, e chi al mondo detiene più potere ha più responsabilità nei riguardi degli altri, specialmente dei Paesi messi maggiormente in crisi da logiche conflittuali. A questo si dovrebbe guardare, non solo agli interessi che ricadono a proprio vantaggio.

Secondo il Pontefice per gli Stati di tutto il mondo “è l’ora di evitare l’accentuarsi di rivalità e il rafforzamento di blocchi contrapposti. Abbiamo bisogno di leader che, a livello internazionale, permettano ai popoli di comprendersi e dialogare, e generino un nuovo ‘spirito di Helsinki’, la volontà di rafforzare il multilateralismo, di costruire un mondo più stabile e pacifico pensando alle nuove generazioni. E per fare questo occorre comprensione, pazienza e dialogo con tutti. Ripeto, con tutti”.

Infine, un nuovo elogio al Kazakistan: “Proprio pensando all’impegno globale per la pace, esprimo vivo apprezzamento per la rinuncia agli armamenti nucleari che questo Paese ha intrapreso con decisione; così come per lo sviluppo di politiche energetiche e ambientali incentrate sulla decarbonizzazione e sull’investimento in fonti pulite, che l’Esposizione internazionale di cinque anni fa ha messo in risalto”. E, prima dei saluti, una promessa: “Insieme all’attenzione per il dialogo interreligioso, sono semi concreti di speranza piantati nel comune terreno dell’umanità, che sta a noi coltivare per le generazioni a venire; per i giovani, ai cui desideri occorre guardare per intraprendere le scelte di oggi e di domani. La Santa Sede vi è vicina in questo percorso: subito dopo l’indipendenza del Paese, trent’anni fa, sono state allacciate relazioni diplomatiche e sono lieto di visitare il Paese nell’imminenza di questo anniversario. Assicuro che i cattolici, presenti in Asia centrale fin da tempi antichi, desiderano continuare a testimoniare lo spirito di apertura e rispettoso dialogo che distingue questa terra. E lo fanno senza spirito di proselitismo”.

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