Gravina: “Mancato pass mondiale un evento negativo, soprattutto per i giovani”
Il Presidente della Federcalcio al Social Football Summit allo Stadio Olimpico
Roma – “Il calcio è vita, è gioia, è divertimento, è progettualità”. Così il presidente della FIGC Gabriele Gravina, che allo Stadio Olimpico ha chiuso il Social Football Summit, evento dedicato all’Innovazione e alla digital transformation nella Football Industry. Un lungo intervento, quello di Gravina (intervistato dal giornalista di Sky Sport Luca Marchetti), che ha spaziato su diversi temi di attualità legati al calcio italiano.
“La ferita per la mancata qualificazione al Mondiale è aperta ed è ancora più lacerante se si pensa alla mancata opportunità per i giovani, ma è quando si verificano eventi così negativi che bisogna mantenere lucidità e continuare a credere nel progetto – le parole del Presidente federale –. Abbiamo dimostrato di avere rispetto nei confronti di tutti coloro che hanno dato un messaggio a un Paese intero, riportando l’entusiasmo per la Nazionale. Il progetto ancora oggi è vivo, perché in questo momento abbiamo avuto coraggio, facendo capire che la strada giusta era quella di investire sui giovani. Abbiamo scelto la strategia del rilancio in termini di coerenza”.
Un rilancio che passa per il risultato sportivo, ma non solo: “Due anni di pandemia hanno avuto un impatto negativo, la Superlega non era l’idea per uscirne. La soluzione è un progetto che leghi i giovani, li coinvolga anche a livello comportamentale. Stiamo comunicando anche con progetti esterni alla competizione sportiva. Con la Media Factory abbiamo 500mila soggetti che hanno seguito la Live di Casa Azzurri in occasione di Italia-Inghilterra, ma dobbiamo fare qualcosa di più, creando i presupposti per l’utilizzo dei centri federali non solo per i ragazzi più talentuosi. Dobbiamo far sì che il talento colga l’opportunità di diventare campione”. Non mancano le novità dal punto di vista della formazione: “Da due mesi, la Federazione ha un suo dipartimento tecnico, affidato a esperti dirigenti e che sarà sviluppato in stretta sinergia con i club. Stiamo utilizzando come dipartimento tecnico lo sviluppo dei centri federali: prossimamente, ci saranno quattro o cinque allenatori top per lo sviluppo interregionale”.
L’obiettivo è ovviamente quello della qualificazione al Mondiale del 2026, che passa anche per l’utilizzo di un maggior numero di giocatori italiani nei campionati nazionali: “Non ho nulla contro la globalizzazione, ma per arrivare al Mondiale dobbiamo creare i presupposti per centrare l’obiettivo con un percorso che porta alla qualificazione. Ed è quello che, per esempio, il Ct Mancini sta coraggiosamente facendo con l’utilizzo di giocatori giovani in Nazionale. L’Italia non è qualificata, deve conquistare la qualificazione con un impegno che non è soltanto della Federazione ma di tutto il sistema. La Federazione ha le sue responsabilità, ma porteremo il sistema a riconoscere le proprie. Troppo facile dire ‘non andiamo al Mondiale’, dobbiamo capire il perché e lavorare per trovare i rimedi”.
In mattinata, Daniele De Rossi – anch’egli intervenuto al Social Football Summit assieme al Ct Roberto Mancini – aveva parlato di formazione tecnica giovanile. “Si tende a non far più giocare i bambini – aggiunge Gravina –. I bambini non si divertono, spesso sono fermi in campo ad aspettare una dimostrazione tecnico-tattica. Anni fa bastavano le giacche e i libri per fare le porte: sapevamo sulla base del nome o del viso chi fosse il compagno, cosa che stimolava la concentrazione. Facciamo giocare, facciamoli divertire di più”.
Dopo aver ricordato le iniziative imminenti della Federazione (l’11 ottobre sarà approvato il piano triennale di norme ispirate a stabilità, solvibilità e contenimento dei costi), chiusura sullo stato di salute del calcio italiano e sulla candidatura a ospitare l’Europeo del 2032: “Chiederemo al Governo di sostenere la nostra candidatura. Ma, oltre questo, servirà un’attenta politica di controllo per il futuro: per la sopravvivenza del sistema calcio non possiamo pensare di mantenere un rapporto ricavi/costo del lavoro del 90%”. (figc.it)
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