Le mafie si spartiscono la Capitale: “Chi ha la droga a Roma fa quello che vuole”
Secondo l’ultimo rapporto, a Roma sono oltre 100 le piazze di spaccio, attive 24 ore su 24, con la ‘ndrangheta in ascesa. Ma nella Capitale imperversano anche mafie autoctone
Roma – Le mafie non rimangono uguali nel corso del tempo: non si hanno più notizie di bombe sotto le macchine o di altri atti terroristici. Giovanni Falcone disse: “Seguire i soldi”. In questo caso bisogna seguire il circolo di droga: è quanto si evince dal VI e VII rapporto “Mafie nel Lazio” presentato questa mattina alla Camera di Commercio di Roma.
“Chi ha la droga a Roma fa quello che vuole” si legge nel rapporto, il quale fa riferimento al biennio 2020-2021 ed al primo semestre del 2022: il documento, elaborato sulla base del lavoro della Direzione Distrettuale Antimafia, forze dell’ordine e magistrati mappa i territori in cui le mafie agiscono tramite lo spaccio di droga. Si nota un sistema di tipo imprenditoriale con una gerarchia ben definita, basata sul pagamento di veri e propri stipendi oltre che sul “lavoro” minorile.
Si nota un sistema di tipo imprenditoriale con una gerarchia ben definita, basata sul pagamento di veri e propri stipendi oltre che sul “lavoro’’. Il rapporto inoltre mette in luce la differenza tra “piazze aperte” e “piazze chiuse”.
Quest’ultime sono quelle in cui è previsto un alto numero di sistemi di sicurezza, basati sull’uso di vedette e sentinelle che hanno il compito di ‘’salvaguardare’’ il cliente, monitorando l’eventuale arrivo delle forze dell’ordine. Fanno parte delle piazze chiuse le zone di: Tor Bella Monaca, San Basilio, Montespaccato, Ponte di Nona, Tufello, Primavalle, Acilia, Ostia e Nuova Ostia, Giardinetti, Torre Nova, Bastagi,Quartaccio, Corviale, Centocelle, Trullo e Boccea. I territori citati si legano in un modo religioso alle famiglie criminali, le quali detengono un ampio potere, anche grazie al carisma dei leader.
Le piazze aperte, invece, sono quelle in cui l’attività è di minor rilevanza ma pur sempre attiva: non sono previsti sistemi di sorveglianza ed il commercio di droga è libero, come nelle zone di Pigneto e San Lorenzo.
Tor Bella Monaca è l’emblema dell’attività della ‘’nuova’’ mafia: 13 piazze risultano essere attiva 24 ore su 24, con le mafie che sfruttano l’aumento costante della povertà e della disperazione, utilizzando numerose vedette e sentinelle sparse su tutto il territorio. Uno dei centri di mafia in cui la droga è maggiormente in circolo, ma non è l’unica: sono più 100 le piazze romane ad essere attive H24
Se un tempo le mafie erano rivali e si facevano la guerra tra loro, la musica sembra essere cambiata: dal rapporto evince anche un forte coinvolgimento della ‘ndrangheta, la quale si è ormai allargata e non opera più solo nel Sud più povero. E anzi, proprio a Roma è stata scoperta la prima “locale” della ‘ndrangheta. Ma non c’è un soggetto in posizione di forza e quindi di preminenza sugli altri. Al contrario, sullo stesso territorio convivono e interagiscono diverse organizzazioni criminali: innanzitutto gruppi che costituiscono proiezioni delle mafie tradizionali, con la ndrangheta dotata senza dubbio di maggiore potenza militare ed imprenditoriale. Insieme a queste proiezioni sullo stesso territorio coesistono, inoltre, gruppi criminali autoctoni che danno vita a vere e proprie associazioni mafiose e anche organizzazioni che, pur non rientrando nel profilo penale del 416 bis, sono egualmente pericolose perché accomunate dall’utilizzo del metodo mafioso. Da una parte le mafie tradizionali, dall’altra i gruppi romani autoctoni; ad accomunarli la ricerca di relazioni per contaminare il tessuto economico.
Le nuove mafie si organizzano in un’organizzazione a nero di vendita di droga, sono caratterizzate in veri e propri comparti aziendali e sono anche muniti di assistenza legale verso i “dipendenti”, senza dimenticare il mantenimento alla famiglia dell’eventuale mafioso arrestato. In conclusione, la notizia preoccupante è la seguente: l’attività di mafia cresce esponenzialmente nelle zone in cui dilaga la povertà. Non certo una novità, ma un ennesimo campanello d’allarme davanti al quale lo Stato non può certo restare immobile.
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