28 ottobre 1922: il giorno in cui cadde per sempre la credibilità del re d’Italia
Cento anni fa la marcia su Roma, la manifestazione paramilitare che favorì l’ascesa al potere di Benito Mussolini
Roma – Cento anni fa, il 28 ottobre 1922, avveniva la Marcia su Roma, la manifestazione paramilitare che favorì l’ascesa al potere di Benito Mussolini. Chiamato dal re d’Italia, che da quel giorno perse per sempre la sua credibilità, il futuro Duce e i quadrumviri da piazza del Popolo percorsero via del Corso fino a Piazza Venezia, per la tappa d’obbligo all’Altare della Patria. Poi raggiunge a piedi il Quirinale. Vittorio Emanuele III lo accolse come un salvatore della patria. L’idea di Vittorio Emanuele III era quella di affidargli il potere per pochi mesi ma la dittatura di Mussolini durerà per oltre 20 anni.
Una data che cambierà la storia d’Italia
Seguendo la politica del ‘doppio binario’, ossia combinando la pratica squadrista con il compromesso politico, Mussolini mise in atto efficacemente una nuova tattica di conquista del potere per mezzo di una ‘rivoluzione conservatrice’ dalle forme semilegali.
Dopo una prima adunata di squadristi svoltasi a Napoli il 24 ottobre, e mentre i gruppi dirigenti liberali si confermavano esitanti e divisi, la marcia iniziò il 26 ottobre, con Perugia come quartiere generale della manifestazione eversiva. Da qui i quadrumviri (Balbo, Bianchi, De Bono e De Vecchi) nominati qualche giorno prima da Mussolini coordinavano le operazioni. Il 27 ottobre circa ventimila camicie nere partirono da Santa Marinella, Tivoli, Monterotondo e, requisendo convogli ferroviari, si diressero verso la Capitale, difesa da 28.400 soldati. Sempre il 27 ebbe iniziò l’attacco delle milizie fasciste in varie province, con la presa di una serie di prefetture.
Nella notte tra il 27 e il 28 gli squadristi iniziarono ad affluire a Roma, sebbene la resistenza degli Arditi del popolo li bloccasse a Civitavecchia e l’esercito a Orte. Alle 6 del mattino del 28 ottobre il governo presieduto da Luigi Facta dichiarò lo stato d’assedio, ma il re Vittorio Emanuele III (alle 8:30) si rifiutò di controfirmarlo e Facta si dimise: il Paese era senza governo e fuori controllo. Dimessosi Facta, l’incarico di formare il nuovo governo fu affidato ad Antonio Salandra e si delineò l’ipotesi di un governo Salandra-Mussolini, cui peraltro guardavano con favore anche settori del grande capitale.
Il 29 ottobre, mentre la manovra eversiva si allargava ad altre città del Paese, Vittorio Emanuele III affidò l’incarico di formare il governo a Mussolini. Il futuro Duce, partito da Milano la sera stessa, giunse a Roma il 30 mattina per ricevere formalmente l’incarico. Con la formazione del suo governo – di cui facevano parte, con i fascisti, esponenti liberali, popolari, democratici e nazionalisti – iniziava il lungo ventennio della dittatura fascista.
Il discorso di Mussolini
Durante il suo discorso di insediamento davanti alla Camera dei Deputati, il 16 novembre, Mussolini si presentò con l’ormai famigerato ‘discorso del bivacco’: “Avrei potuto fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli. Potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto”.
“Fece fessi tutti”: con questa espressione Cesare Rossi, il più stretto collaboratore di Mussolini, commentò il ruolo del Duce nel successo della Marcia su Roma. “Tutti” si riferiva a Giovanni Giolitti, Francesco Saverio Nitti, Vittorio Emanuele Orlando, Antonio Salandra, Luigi Facta, con i quali Mussolini trattò segretamente e separatamente la presenza di alcuni esponenti fascisti in un governo di coalizione. Ma fu Michele Bianchi, l’artefice principale dell’insurrezione squadrista, che costrinse il re a consegnare il governo dell’Italia a un capo di un partito armato. (fonte Adnkronos)