Derby Roma-Lazio tra armi, coltelli e fumogeni: Daspo per 6 tifosi

Il Questore di Roma, all’esito dell’istruttoria avanzata dalla Divisione Anticrimine della Questura di Roma, ha emesso 6 Daspo nei confronti di altrettanti tifosi, per i fatti accaduti durante l’ultimo Roma-Lazio.
Roma – Il calcio, sport nazionale per eccellenza, è come una medaglia: ha due facce. Una di queste è in grado di unire il popolo, spesso sommerso nelle difficoltà della vita di tutti i giorni. L’altra, invece, caratterizzata da una violenza neanche nascosta.
Il Questore di Roma, all’esito dell’istruttoria avanzata dalla Divisione Anticrimine della Questura di Roma, ha emesso 6 Daspo nei confronti di altrettanti tifosi, per i fatti accaduti durante l’ultimo Roma-Lazio.
Armi, coltelli e fumogeni: la cronaca
I primi 4 provvedimenti sono scaturiti in seguito all’arresto di altrettanti tifosi romanisti da parte degli agenti della Polizia di Stato del Commissariato Villa Glori. I quattro individui, controllati nelle aree vicine allo stadio, sono stati trovati in possesso di diversi oggetti tra i quali una mazza di legno, un martello, un coltello di circa 20 cm e diversi vestiti per coprire il volto. Tutto è sono stato trovato all’interno della macchina a bordo della quale i 4 sono stati fermati.
Per questi fatti, il Questore ha emanato un Daspo della durata di 10 anni, uno della durata di 6 anni ed infine due Daspo della durata di anni 5.
Sono stati emanati, inoltre, altri 2 Daspo nei confronti di due tifosi laziali per fatti avvenuti all’interno dello stadio. Uno dei due soggetti, si è reso responsabile dello scavalcamento della Curva Nord con relativa invasione di campo, mentre l’ altro è stato trovato in possesso di un fumogeno, nascosto nella tasca dei pantaloni.
L’inosservanza a questo provvedimento è punita con la reclusione da 1 a 3 anni e con la multa da euro 10 mila a euro 40 mila e, nei confronti di chi contravviene al divieto, è consentito l’arresto nei casi di flagranza.
Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio
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