Epifania, Papa Francesco: “Gesù è nell’inquietudine delle domande”. E cita Ratzinger

6 gennaio 2023 | 11:43
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Epifania, Papa Francesco: “Gesù è nell’inquietudine delle domande”. E cita Ratzinger

Il Pontefice presiede la celebrazione in una San Pietro nuovamente addobbata a festa dopo il lutto per Benedetto XVI. Francesco: “La fede non cresce se rimane chiusa tra le mura delle chiese”. Poi cita Ratzinger

Città del Vaticano – “Dov’è colui che è nato?”. La stessa domanda che i Magi si posero nel guardare la stella che poi li guidò da Gesù Bambino è la chiave di lettura dell’omelia pronunciata da Papa Francesco durante la messa per la Solennità dell’Epifania. All’indomani dei funerali di Benedetto XVI (leggi qui), la basilica di San Pietro si veste nuovamente a festa: tornano i fiori sull’altare e i tappeti.

Francesco arriva in sedia a rotelle e, vestito il piviale, prende posto di lato. All’altare della Confessione, a celebrare la messa, il cardinal Tagle. Tra i marmi della basilica riecheggiano i canti di Natale e, come da tradizione, dopo la proclamazione del Vangelo, viene letto l’annuncio della Pasqua: nel 2023 si celebrerà il 9 aprile. Nell’omelia, il Santo Padre elenca tre “luoghi” in cui Gesù “ama essere cercato”. Luoghi, spiega il Pontefice, che si possono comprendere a partire dall’esperienza dei Magi.

E il primo luogo “è l’inquietudine delle domande”. Un primo riferimento al pensiero del suo predecessore, scomparso il 31 dicembre 2022, che più volte aveva parlato del “cuore inquieto” che ricerca Dio. Anche per Bergoglio, “nei Magi all’inizio c’è questo: l’inquietudine di chi si interroga. Abitati da una struggente nostalgia di infinito, essi scrutano il cielo e si lasciano stupire dal fulgore di una stella, rappresentando così la tensione al trascendente che anima il cammino delle civiltà e l’incessante ricerca del nostro cuore. Quella stella, infatti, lascia nel loro cuore proprio una domanda: Dov’è colui che è nato?”

Ma il cammino della fede, ammonisce il Papa, “inizia quando, con la grazia di Dio, facciamo spazio all’inquietudine che ci tiene desti; quando ci lasciamo interrogare, quando non ci accontentiamo della tranquillità delle nostre abitudini, ma ci mettiamo in gioco nelle sfide di ogni giorno; quando smettiamo di conservarci in uno spazio neutrale e decidiamo di abitare gli spazi scomodi della vita, fatti di relazioni con gli altri, di sorprese, di imprevisti, di progetti da portare avanti, di sogni da realizzare, di paure da affrontare, di sofferenze che scavano nella carne”.

Poi un nuovo monito: “Ogni giorno il clima che respiriamo offre dei ‘tranquillanti dell’anima’, dei surrogati per sedare la nostra inquietudine e spegnere queste domande: dai prodotti del consumismo alle seduzioni del piacere, dai dibattiti spettacolarizzati fino all’idolatria del benessere; tutto sembra dirci: non pensare troppo, lascia fare, goditi la vita! Spesso cerchiamo di sistemare il cuore nella cassaforte della comodità, ma se i Magi avessero fatto così non avrebbero mai incontrato il Signore. Dio, invece, abita le nostre domande inquiete”.

Il secondo luogo in cui possiamo incontrare il Signore è “il rischio del cammino”. Secondo Francesco, gli interrogativi, “anche quelli spirituali, possono infatti indurre frustrazione e desolazione se non ci mettono in cammino, se non indirizzano il nostro movimento interiore verso il volto di Dio e la bellezza della sua Parola”. E cita quindi Benedetto XVI, che nell’omelia del 6 gennaio 2013 disse: “Il loro pellegrinaggio esteriore era espressione del loro essere interiormente in cammino, dell’interiore pellegrinaggio del loro cuore”. I Magi, infatti, spiega ancora Papa Francesco, “non si fermano a guardare il cielo e a contemplare la luce della stella, ma si avventurano in un viaggio rischioso che non prevede in anticipo strade sicure e mappe definite”.

C’è un motivo per cui la maggior parte dei verbi che descrivono le azioni dei Magi nel Vangelo sono verbi di movimento: “Così è anche per la nostra fede: senza un cammino continuo e un dialogo costante con il Signore, senza ascolto della Parola, senza perseveranza, non può crescere. Non basta qualche idea su Dio e qualche preghiera che acquieta la coscienza”. E ammonisce: “La fede non cresce se rimane statica; non possiamo rinchiuderla in qualche devozione personale o confinarla nelle mura delle chiese, ma occorre portarla fuori, viverla in costante cammino
verso Dio e verso i fratelli”.

Infine, il terzo luogo in cui incontrare il Signore è “lo stupore dell’adorazione”. Non è la prima volta che Papa Francesco ribadisce questo concetto per i credenti: l’adorazione, infatti, “è il punto decisivo: le nostre inquietudini, le nostre domande, i cammini spirituali e le pratiche della fede devono convergere nell’adorazione del Signore. Lì trovano il loro centro sorgivo perché tutto nasce da lì, perché è il Signore che suscita in noi il sentire, l’agire e l’operare. Tutto nasce e tutto culmina lì, perché il fine di ogni cosa non è raggiungere un traguardo personale e ricevere gloria per sé stessi, ma incontrare Dio e lasciarsi abbracciare dal suo amore”.

Infine, un altro monito: “A nulla serve attivarci pastoralmente se non mettiamo Gesù al centro, adorandolo. Lì impariamo a stare davanti a Dio non tanto per chiedere o fare qualcosa, ma solo per sostare in silenzio e abbandonarci al suo amore, per lasciarci afferrare e rigenerare dalla sua misericordia”. “Arrendiamoci a Dio – conclude Francesco – nello stupore dell’adorazione. Adoriamo Dio e non il nostro io; adoriamo Dio e non i falsi idoli che ci seducono col fascino del prestigio e del potere; adoriamo Dio per non inchinarci davanti alle cose che passano e alle logiche seducenti ma vuote del male”. (Foto © Vatican Media)

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