Congo. Il Papa condanna “in nome di Dio” stupri e massacri. Poi ricorda l’ambasciatore Attanasio
“Violentata e costretta a mangiare carne umana”, “I miei genitori uccisi a colpi di machete”: le testimonianze choc dei congolesi che raccontano al Pontefice l’orrore che sono stati costretti a subire
Kinshasa – “I miei genitori uccisi a colpi di machete”. “Mi hanno rapita e violentata in continuazione. Ci hanno costretto a mangiare carne umana”. Sono storie di dolore, a tratti raccapriccianti quelle presentate a Papa Francesco che, nella Nunziatura Apostolica di Kinshasa incontra le vittime delle violenze nell’est della Repubblica Democratica del Congo, dove è in corso il suo 40mo Viaggio Apostolico.
Un viaggio che inizialmente prevedeva una tappa anche in quei territori, nello specifico a Goma, nelle zone di Butembo-Beni di Goma, Bunia, di Bukavu e Uvira (la stessa area dove due anni fa fu ucciso l’ambasciatore italiano Luca Attanasio). Le persone che vivevano lì raccontano al Pontefice il loro dolore, il loro strazio per aver visto la dignità umana calpestata. Ci sono stati bambini che hanno visto i propri genitori uccisi nei modi più atroci, donne violentate per giorni. Massacri di ogni sorta di cui il Papa ne è a conoscenza e, col volto addolorato, ascolta ora i resoconti delle vittime.
“Davanti alla violenza disumana che avete visto con i vostri occhi e provato sulla vostra pelle si resta scioccati e non ci sono parole, c’è solo da piangere. A voi, cari abitanti dell’est, voglio dire: vi sono vicino. Le vostre lacrime sono le mie lacrime, il vostro dolore è il mio dolore. A ogni famiglia in lutto o sfollata a causa di villaggi bruciati e altri crimini di guerra, ai sopravvissuti alle violenze sessuali, a ogni bambino e adulto ferito, dico: sono con voi, vorrei portarvi la carezza di Dio. Il suo sguardo tenero e compassionevole si posa su di voi”, le parole del Santo Padre che si commuove quando quelle stesse vittime perdonano i loro aguzzini deponendo ai piedi della croce che troneggia al centro della sala gli strumenti di morte e tortura.
Ma Francesco, che abbraccia e accarezza i volti di quelle persone sopravvissute, va oltre e, in nome di Dio, “insieme alle vittime e a chi s’impegna per la pace, la giustizia e la fraternità, condanno le violenze armate, i massacri, gli stupri, la distruzione e l’occupazione di villaggi, il saccheggio di campi e di bestiame che continuano a essere perpetrati nella Repubblica Democratica del Congo. E pure il sanguinoso, illegale sfruttamento della ricchezza di questo Paese, così come i tentativi di frammentarlo per poterlo gestire. Riempie di sdegno sapere che l’insicurezza, la violenza e la guerra che tragicamente colpiscono tanta gente sono vergognosamente alimentate non solo da forze esterne, ma anche dall’interno, per trarne interessi e vantaggi. Mi rivolgo al Padre che è nei cieli, il quale ci vuole tutti fratelli e sorelle in terra: umilmente abbasso il capo e, con il dolore nel cuore, gli chiedo perdono per la violenza dell’uomo sull’uomo. Padre, abbi pietà di noi. Consola le vittime e coloro che soffrono. Converti i cuori di chi compie crudeli atrocità, che gettano infamia sull’umanità intera! E apri gli occhi a coloro che li chiudono o si girano dall’altra parte davanti a questi abomini”.
Il Papa, infine, ricordando “tutti i seminatori di pace che operano nel Paese”, ricorda anche l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista Mustapha Milambo, assassinati due anni fa nell’Est del Paese: “Erano seminatori di speranza e il loro sacrificio non andrà perduto”. (Foto © Vatican Media)
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