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11 febbraio 2013: dieci anni fa la storica rinuncia di Benedetto XVI

11 febbraio 2023 | 07:00
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11 febbraio 2013: dieci anni fa la storica rinuncia di Benedetto XVI

Cosa rimane del pontificato di Benedetto XVI? Oltre alla grande produzione di testi, ci sono i fatti: Ratzinger è stato il primo Pontefice a dichiarare guerra alla pedofilia nella Chiesa

Città del Vaticano – “Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino […].  Ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice”.

Con queste parole, pronunciate in latino nella Sala del Concistoro, Benedetto XVI annunciava al mondo la decisione di abdicare. Sì, abdicare, perché il Papa è un monarca. Non si dimette, abdica. L’11 febbraio passa così alla storia per una decisione, secondo alcuni, formulata già anni prima.

Nel 2009, infatti, a pochi giorni dal terremoto che distrusse L’Aquila, Papa Ratzinger si recò in preghiera nelle zone colpite dal sisma per portare la sua vicinanza alle famiglie delle 309 vittime e far sentire il sostengo (suo e di tutta la Chiesa) ai cittadini aquilani. Nell’occasione, Benedetto XVI visitò anche la basilica di Collemaggio, quasi completamente rasa al suolo dalla furia della natura, entrando dalla Porta Santa. Il Papa tedesco ha quindi sostato in preghiera davanti l’urna di Celestino V, deponendovi come omaggio il Pallio (ovvero la striscia di lana bianca che gli arcivescovi indossano durante le celebrazioni liturgiche quale simbolo di pastore che tiene sulle spalle le pecore e guida il gregge) che gli venne imposto nella celebrazione di inizio del Pontificato.

Va fatta una precisazione: Celestino è stato il sesto, dopo Clemente I, Ponziano, Silverio, Benedetto IX e Gregorio VI a rinunciare al ministero petrino. Dopo di lui Gregorio XII e Benedetto XVI. Ma sbaglia chi ritiene che quel gesto, compiuto a Collemaggio, fu un anticipazione “simbolica” delle sue “dimissioni”. E’ difficile pensare che Benedetto XVI riflettesse già su un addio al ruolo di capo della Chiesa cattolica già quattro anni prima dell’annuncio ufficiale.

L’ex direttore dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, in un editoriale di prima pagina intitolato “Il futuro di Dio”, che accompagna l’apertura proprio sull’addio al pontificato di Benedetto XVI proprio dell’11 febbraio 2013, scrisse che la decisione era stata presa “da molti mesi, dopo il viaggio in Messico e a Cuba, in un riserbo che nessuno ha potuto infrangere” (il viaggio del Papa a Cuba e Messico si svolse poco meno di un anno prima della declaratio fatta ai cardinali, dal 23 al 29 marzo 2012).

La decisione di rinunciare al Soglio Pontificio, dunque, arriva a ridosso dell’11 febbraio 2013. Il suo pontificato, ufficialmente, però non finì quel giorno, ma alle 20 del 28 febbraio 2013, quando – tra le lacrime – due guardie svizzere chiudevano il portone della Villa Pontificia di Castel Gandolfo.

Le immagini dell’elicottero che sorvolavano la Capitale, mentre tutte le campane delle chiese di Roma suonavano a distesa per salutare il Vicario di Cristo in terra, resteranno scolpite nella memoria di tutti come indelebili pagine di storia.

“Sono semplicemente un pellegrino che inizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio in questa terra. Ma vorrei ancora, con il mio cuore, con il mio amore, con la mia preghiera, con la mia riflessione, con tutte le mie forze interiori, lavorare per il bene comune e il bene della Chiesa e dell’umanità”, fu il saluto alla folla che riempiva lo spiazzo davanti a quella che un tempo era la residenza estiva dei Papi (oggi Bergoglio l’ha trasformata in un museo).

Da quel momento, poche sono state le apparizioni pubbliche di Ratzinger, tutte contrassegnate dall’abbraccio con il suo successore: il concistoro del 22 febbraio del 2014, quando nella basilica di San Pietro si tolse lo zucchetto bianco in segno di rispetto del Papa regnante; la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, il 27 aprile del 2014.

E ancora, l’abbraccio, sullo sfondo sempre la basilica di San Pietro, durante la beatificazione di Paolo VI, il 19 ottobre 2014. In occasione del Giubileo Straordinario del 2015, Ratzinger fu il primo a varcare la Porta Santa aperta da Bergoglio. Anche quel giorno, nonostante la pioggia e le tensioni che si respiravano in tutta Roma a causa dell’alto rischio di attentati, l’abbraccio tra Ratzinger e Bergoglio caratterizzò l’8 dicembre 2015.

Non solo: gli auguri in occasione del Natale e della Pasqua, portati da Francesco a Benedetto ogni anno, o il saluto di tutti i nuovi cardinali creati da Bergoglio che, al termine di ogni Concistoro, si recavano al Mater Ecclesiae per salutare il “nonno” della Chiesa, come lo aveva amorevolmente chiamato Francesco.

Abbracci accompagnati anche da dialoghi, primo fra tutti quello avvenuto a Castel Gandolfo nel marzo del 2013, quando Raztinger e Bergoglio si incontrarono per la prima volta.

“Siamo fratelli”, disse Francesco a Benedetto, prima del colloquio di oltre 40 minuti avvenuto nella biblioteca. Un colloquio durante il quale Ratzinger rinnovò la sua “riverenza e obbedienza” al suo successore (come aveva già annunciato l’11 febbraio nella sua declaratio), oltre a mostrargli l’esito dell’inchiesta interna su Vatilieaks. Incontri preziosi per la vita della Chiesa e dei cattolici, che da soli bastano a smentire qualsiasi voce di corridoio che voleva una netta contrapposizione tra i due Papi, differenti nello stile ma fedeli al Magistero e alla Dottrina.

Cosa rimane del pontificato di Benedetto XVI? Oltre alle forti e ingiuste critiche da parte della stampa, parlano i fatti: Ratzinger è stato il primo Pontefice a dichiarare guerra alla pedofilia. Il mantra “tolleranza zero” che Bergoglio ha fatto suo, è stato in realtà “coniato” dal suo predecessore che già prima di salire sul trono di Pietro, aveva messo anima e cuore nella lotta a quella che è ancora oggi una piaga della Chiesa cattolica. E le prove sono sotto gli occhi di tutti (leggi qui).

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