Ucraina, un anno di guerra: le due strade per raggiungere la pace
A un anno dallo scoppio del conflitto alle porte dell’Europa abbiamo ascoltato la testimonianza di Jurij Blazejewski, originario di Kharkiv: “I russi in Ucraina hanno distrutto e ucciso in maniera barbara. Cosa potrebbe fare l’atomica che non abbiamo già visto in a Bucha?”
Roma – La pace in Ucraina? Ci sono due strade per raggiungerla: il pieno sostengo (anche e soprattutto militare) a Kiev da parte dell’Occidente e un cambiamento di mentalità nella società russa. Ne è convinto Jurij Blazejewski, sacerdote cattolico ucraino, dell’ordine di don Orione. Nato a Kharkiv, da tre anni è in Italia, dove sta continuando gli studi. La sua patria, da un anno a questa parte, è martoriata da bombardamenti e attacchi da parte dell’esercito russo, che il 24 febbraio 2022, dopo settimane di tensione, ha avviato quella che Putin ha definito “unìoperazione militare di liberazione dai nazisti”.
Jurij a Kharkiv, una delle città simbolo di questo conflitto, ha la sua famiglia e le notizie che quotidianamente arrivano dalla sua patria lo angosciano: “A un anno dall’invasione russa abbiamo capito una cosa: Putin non vuole cedere, vuole proseguire con la sua avanzata, lo ha fatto capire molto bene nel discorso alla nazione dell’altro giorno (leggi qui). Ma ai primi mesi di incertezze e paure, in noi è maturata la consapevolezza che questo è il momento per recuperare tutte le terre che Mosca ci ha portato via”, racconta a ilfaroonline.it.
“Non è solo una questione di terreno – precisa il sacerdote – Tutte le zone si ritrovano in unità col Paese, tutto il popolo condivide la strada presa dal Presidente. Per noi vincere la guerra significa recuperare tutti i territori occupati compresi Crimea e Donbass“.
“Se noi ci fermassimo lasciando quei territori alla Russia, tra cinque o dieci anni, recuperate le forze, Mosca tornerà a invaderci. Anche per questo motivo vogliamo entrare nell’Ue e nella Nato. Farne parte vuol dire mettere al sicuro le generazioni future, che saranno così protette”, sottolinea Jurij, che se da una parte plaude al ruolo dell’Occidente in questo conflitto, dall’altra fa notare come una delle strade per raggiungere la pace sia proprio in Russia: “Quella delle sanzioni strada giusta ma lenta, perché porta a un soffocamento della società“. Un disturbo ai russi, precisa il sacerdote, “che dovrebbero spingere le persone che vivono in Russia a porsi le giuste domande: vale la pena continuare? Qui in Europa non è molto chiaro questo: non è la guerra di Putin, è una guerra di tutta la nazione“.
“A Mosca e non solo c’è un folto numero di persone che con tanta energia è coinvolto e crede che questa guerra sia giusta perché in Ucraina c’è il nazismo. Il resto è solo consenso: non gioiscono del conflitto ma allo stesso tempo non protestano – aggiunge -. Se vengono arruolati non si lamentano. A questo dobbiamo puntare: far cadere il consenso suscitando domande e dubbi. Questo sarebbe un passo cruciale per far finire la guerra. Non solo in termini militari. Devono cambiare mentalità gli intellettuali e il popolo così da poter spingere i politici a un cambio di rotta”.
La minaccia del nucleare vi spaventa? “E’ solo una minaccia, un gesto di disperazione da parte russa. All’inizio della guerra quando i russi presero il controllo di alcune centrali nucleari abbiamo avuto paura. ‘Cosa succederà? Lo useranno come arma? E invece è stato solo un bluff. Continua a minacciare l’uso dell’atomica ma i tanti morti di Bucha, Kherson… i russi in Ucraina hanno distrutto e ucciso in maniera barbara. Cosa potrebbe fare l’atomica che non abbiamo già visto in queste città?”.
A tenere banco, in Ucraina come in Russia e in Occidente, è il ruolo della religione. In Ucraina i cattolici sono una minoranza, sono gli ortodossi a detenere il primato. Il problema è che vi sono due chiese: una che fa capo al Patriarcato di Costantinopoli, l’altra che fa capo a Mosca. Quest’ultima, racconta Jurij, in questi mesi “ha fatto una comunicazione ambigua. Non ha mai detto una parola contro le dichiarazione Kirill. In silenzio appoggia da dentro l’invasione, costringendo le persone a lasciare le parrocchie e le chiese dove le loro famiglie per anni hanno pregato. un grande dolore per i credenti”.
Ma l’appoggio ai russi, da parte della chiesa ortodossa che fa capo a Mosca, è anche pratico: “Una parte del clero e diversi monasteri hanno aiutato i russi a entrare in Ucraina. Il governo li ha scoperti e sono in corso dei processi contro quelli che, una volta scoperti, non sono riusciti a fuggire in Russia. Diversi sacerdoti e vescovi ortodossi sono infatti andati in Russia una volta che i territori sono stati riconquistati dal nostro esercito”.
Un grande aiuto alla popolazione arriva dai sacerdoti cattolici, sempre rimasti al loro posto, anche durante i bombardamenti, forti anche delle parole del Papa. Parole che, ultimamente hanno suscitato una certa tensione fra Vaticano e Kiev: “I discorsi del Pontefice suscitavano grande attenzione ma poi la Via Crucis al Colosseo dello scorso anno ha provocato un grande terremoto tra i credenti“, racconta il prete ucraino riferendosi alla decisione di Bergoglio di far portare la croce a una donna russa e una donna ucraina, insieme (leggi qui).
“Non si è compreso molto bene il motivo del nostro sdegno – racconta il sacerdote ucraino -. Quei giorni di inizio conflitto si combatteva a Mariupol, c’era la lotta per Azovstal, si erano appena scoperti i massacri di Bucha. Davanti a questo trauma per la nostra nazione, che ha visto un vero e proprio genocidio nei confronti della sua gente, senza che la Russia chiedesse perdono… Il Papa pensava di dare un segno di pace e riconciliazione, ma non è possibile senza la volontà di entrambi. E i russi questa volontà non ce l’hanno. Questo è stato un duro colpo all’immagine del Papa in Ucraina. E ancora oggi non è del tutto cancellata dall’immaginario collettivo ucraino“.
Come si arriva allora alla pace? Per Jurij Blazejewski ci sono tre scenari possibili: “La vittoria della Russia porterebbe il continuo del genocidio già messo in atto. Perché questo sta accadendo in Ucraina: da ottobre i bombardamenti con missili colpiscono gli impianti energetici e le persone non hanno né elettricità né acqua in pieno inverno: fuori cis sono meno 10 gradi e la neve. Se la Russia vince questo sarà il futuro dei civili ucraini: un cimitero”.
Il secondo scenario è una guerra “perpetua”: “Nessuno vince: Putin ha detto che non può perdere sul campo. Noi non smetteremo mai di difenderci. Questo significa che si potrebbe continuare all’infinito”. Il terzo scenario è la vittoria dell’Ucraina: “Solo così possiamo sperare che la pace arrivi. Noi vogliamo spingere fuori da casa nostra l’invasore, non vogliamo arrivare a Mosca conquistare territori russi – conclude il prete -. Come si raggiunge la pace? Cambiando la mentalità dei russi e continuando ad armare il nostro esercito. Se l’Occidente ci aiuterà in questi termini in maniera rapida avremo presto una vittoria e di conseguenza la pace. Ma se l’aiuto sarà lento e insufficiente la pace arriverà dopo anni di distruzione. Questa è l’unica strada possibile che vede ogni ucraino“.
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