Il Papa elogia monaci e monache: “Sono un ponte di intercessione per tutti i peccati”
Il Pontefice: “Ci farà bene visitare qualche monastero. Che il Signore ci dia nuovi monasteri che portino avanti la Chiesa con la loro intercessione”
Città del Vaticano – “I monaci e le monache prendono su di sé i problemi del mondo, i monasteri sono i grandi evangelizzatori: sono un ponte di intercessione per tutti i peccati”. A dirlo è Papa Francesco, che questa mattina è tornata in piazza San Pietro per la tradizionale Udienza generale del mercoledì. Il Pontefice, continuando il ciclo di catechesi su “La passione per l’evangelizzazione: lo zelo apostolico del credente”, ha incentrato la meditazione odierna sul tema “Testimoni: il monachesimo e la forza dell’intercessione. Gregorio di Narek”, osservando: “Ci farà bene visitare qualche monastero. Che il Signore ci dia nuovi monasteri che portino avanti la Chiesa con la loro intercessione”. Di seguito il testo completo con la riflessione del Santo Padre:
Siamo partiti da San Paolo e la volta scorsa abbiamo guardato i martiri, che annunciano Gesù con la vita, fino a donarla per Lui e per il Vangelo. Ma c’è un’altra grande testimonianza che attraversa la storia della fede: quella delle monache e dei monaci, sorelle e fratelli che rinunciano a sé, rinunciano al mondo per imitare Gesù sulla via della povertà, della castità e dell’obbedienza e per intercedere a favore di tutti. Le loro vite parlano da sé, ma noi potremmo chiederci: come può della gente che vive in monastero aiutare l’annuncio del Vangelo? Non farebbero meglio a impiegare le loro energie nella missione? Uscendo dal monastero e predicando il Vangelo fuori dal monastero? In realtà, i monaci sono il cuore pulsante dell’annuncio, la loro preghiera è ossigeno per tutte le membra del Corpo di Cristo, la preghiera loro è la forza invisibile che sostiene la missione. Non a caso la patrona delle missioni è una monaca, Santa Teresa di Gesù Bambino. Ascoltiamo come scoprì la sua vocazione, scrisse così: «Compresi che la Chiesa ha un cuore, un cuore bruciato dall’amore. Capii che solo l’amore spinge all’azione le membra della Chiesa e che, spento questo amore, gli apostoli non avrebbero più annunciato il Vangelo, i martiri non avrebbero più versato il loro sangue. Compresi e conobbi che l’amore abbraccia in sé tutte le vocazioni […]. Allora con somma gioia ed estasi dell’animo gridai: O Gesù, mio amore, ho trovato finalmente la mia vocazione. La mia vocazione è l’amore. […] Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l’amore» (Manoscritto autobiografico “B”, 8 settembre 1896). I contemplativi, i monaci, le monache: gente che prega, lavora, prega in silenzio, per tutta la Chiesa. E questo è l’amore: è l’amore che si esprime pregando per la Chiesa, lavorando per la Chiesa, nei monasteri.
Questo amore per tutti anima la vita dei monaci e si traduce nella loro preghiera di intercessione. A questo proposito vorrei portarvi come esempio San Gregorio di Narek, Dottore della Chiesa. È un monaco armeno, vissuto attorno all’anno Mille, che ci ha lasciato un libro di preghiere, nel quale si è riversata la fede del popolo armeno, il primo ad abbracciare il cristianesimo; un popolo che, stretto alla croce di Cristo, ha tanto sofferto lungo la storia. E San Gregorio trascorse nel monastero di Narek quasi tutta la vita. Lì imparò a scrutare le profondità dell’animo umano e, fondendo insieme poesia e preghiera, segnò il vertice sia della letteratura sia della spiritualità armena. L’aspetto che in lui più colpisce è proprio la solidarietà universale di cui è interprete. E fra i monaci e le monache c’è una solidarietà universale: qualsiasi cosa succede nel mondo, trova posto nel loro cuore e pregano. Il cuore dei monaci e delle monache è un cuore che prende come un’antenna, prende cosa succede nel mondo e prega e intercede per questo. E così vivono in unione con il Signore e con tutti. E San Gregorio di Narek scrive: «Io mi sono volontariamente caricato di tutte le colpe, da quelle del primo padre fino a quello dell’ultimo dei suoi discendenti». (Libro delle Lamentazioni, 72). E come ha fatto Gesù i monaci prendono su di loro i problemi del mondo, le difficolta, le malattie, tante cose e pregano per gli altri. E questi sono i grandi evangelizzatori. I monasteri come mai vivono chiusi ed evangelizzano? Perché con la parola, l’esempio, l’intercessione e il lavoro quotidiano, i monaci sono un ponte di intercessione per tutte le persone e per i peccati. Loro piangono anche con le lacrime, piangono per i loro peccati – tutti siamo peccatori – e anche piangono per i peccati del mondo, e pregano e intercedono con le mani e il cuore in alto. Pensiamo un po’ a questa – mi permetto la parola – “riserva” che noi abbiamo nella Chiesa: sono la vera forza, la vera forza che porta avanti il popolo di Dio e da qui viene l’abitudine che ha la gente – il popolo di Dio – quando incontra un consacrato, una consacrata di dire: “Prega per me, prega per me”, perché sai che c’è una preghiera d’intercessione. Ci farà bene – nella misura che noi possiamo – visitare qualche monastero, perché lì si prega e si lavora. Ognuno ha la propria regola, ma lì hanno le mani sempre occupate: occupate con il lavoro, occupate con la preghiera. Che il Signore ci dia nuovi monasteri, ci dia monaci e monache che portino avanti la Chiesa con la loro intercessione. Grazie.
I saluti
Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto le Suore Oblate Ospitaliere Francescane che celebrano il Capitolo Generale; il Movimento Shalom della Diocesi di San Miniato; l’Associazione “Pietro Rossano”, con il Vescovo di Alba; i cresimati della Diocesi di Treviso, accompagnati dal loro Vescovo, incoraggiando ciascuno ad essere gioioso testimone di Cristo tra i coetanei. Capito? Gioiosi testimoni di Cristo tra i coetanei.
Saluto con affetto i militari della Brigata Pozzuolo del Friuli e li ringrazio per il loro generoso servizio nei dintorni della Città del Vaticano, come pure per il dono dell’artistico mosaico. Sono lieto di accogliere i partecipanti al pellegrinaggio promosso dalle Suore Salesiane dei Sacri Cuori nel ricordo del Centenario della morte di San Filippo Smaldone. L’incisiva azione pastorale in campo ecclesiale e civile di questo Santo, vi aiuti a perseverare nella testimonianza di fede e di adesione ai valori del Vangelo.
Infine un pensiero, ai giovani, ai malati, agli anziani e agli sposi novelli, ispirato all’apparizione di Cristo ai due “discepoli di Emmaus” (cfr Lc 24, 13-35). Sappiate incontrare Gesù nella preghiera e nella riflessione, e il vostro cuore, come avvenne per i viandanti di Emmaus, arderà per i desideri, gli entusiasmi e le certezze che solo il divino Maestro sa suggerire. E fratelli e sorelle, non dimentichiamo di pregare per la martoriata Ucraina. A tutti la mia benedizione. (Foto © Vatican Media)
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