Sinodo dei Vescovi 2023, ecco l’“Instrumentum laboris”

Ecco il documento su quale poggerà la discussione del Sinodo dei Vescovi che si celebrerà a ottobre in Vaticano
SCHEDE DI LAVORO
PER L’ASSEMBLEA SINODALE
Introduzione
Se l’intero IL «è pensato come sussidio pratico a servizio dello svolgimento dell’Assemblea sinodale di ottobre 2023 e quindi per la sua preparazione» (n. 10), questo vale in modo peculiare per le Schede di lavoro qui presentate. Esse sono state predisposte per facilitare il discernimento sulle «tre priorità che con maggiore forza emergono dal lavoro di tutti i continenti» (n. 14), in vista dell’identificazione dei passi concreti a cui ci sentiamo chiamati dallo Spirito Santo per crescere come Chiesa sinodale. La presentazione delle Schede, la spiegazione della loro struttura e le indicazioni su come utilizzarle richiedono quindi prima di tutto di collocarle all’interno della dinamica dei lavori dell’Assemblea.
La dinamica dell’Assemblea.
L’Assemblea affronterà le questioni poste dall’IL alternando convocazioni plenarie (Congregationes Generales) e lavori di gruppo (sessioni dei Circuli Minores), come previsto dall’art. 14 di EC.
In particolare, l’Assemblea procederà affrontando i diversi temi, nell’ordine in cui l’IL li propone. Comincerà lavorando sulla Sezione A, «Per una Chiesa sinodale. Un’esperienza integrale» (nn. 17-42), con l’obiettivo di mettere meglio a fuoco le caratteristiche fondamentali di una Chiesa sinodale, a partire dall’esperienza del camminare insieme vissuta dal Popolo di Dio in questi due anni e raccolta dai documenti prodotti lungo la prima fase grazie al discernimento dei Pastori. All’Assemblea è richiesto di muoversi in una prospettiva integrale, considerando l’esperienza del Popolo di Dio nel suo insieme e con la sua complessità.
L’Assemblea passerà quindi ad affrontare le tre questioni prioritarie emerse dalla fase della consultazione e presentate nella Sezione B dell’IL (nn. 43-60). A ciascuna di esse è dedicata una delle tre parti in cui quella Sezione è articolata, «in collegamento con le tre parole chiave del Sinodo: comunione, missione, partecipazione» (n. 43), con un’inversione dell’ordine in cui i tre termini compaiono che viene spiegata al n. 44. A questa articolazione corrisponde quella delle Schede di lavoro, anch’esse suddivise in tre parti, ciascuna delle quali riprende il titolo della parte corrispondente della Sezione B, evidenziando così il legame che le unisce:
– «B 1. Una comunione che si irradia. Come essere più pienamente segno e strumento di unione con Dio e di unità del genere umano?» (nn. 46-50);
– «B 2. Corresponsabili nella missione. Come condividere doni e compiti a servizio del Vangelo?» (nn. 51-55);
– «B 3. Partecipazione, compiti di responsabilità e autorità. Quali processi, strutture e istituzioni in una Chiesa sinodale missionaria?» (nn. 56-60).
In particolare, a ciascuna delle tre priorità corrispondono cinque Schede di lavoro: ciascuna «costituisce una porta di ingresso per trattare la priorità a cui è associata, che in questo modo può essere affrontata da prospettive differenti ma complementari, in collegamento con aspetti diversi della vita della Chiesa emersi grazie al lavoro delle Assemblee continentali» (n. 45).
L’organizzazione dei lavori per passi successivi non elimina il dinamismo che lega le due Sezioni tra di loro: l’esperienza del Popolo di Dio affrontata con lo sguardo integrale della Sezione A continua a rappresentare l’orizzonte al cui interno collocare la trattazione delle diverse questioni poste nella Sezione B, che in quella esperienza sono radicate. Lo sforzo richiesto all’Assemblea sarà proprio di «mantenere la tensione tra lo sguardo di insieme […] e l’identificazione dei passi da compiere» (n. 16): questi ultimi danno al primo concretezza e profondità, e ne ricevono in cambio visione prospettica e coesione contro il rischio della dispersione nel dettaglio.
Infine l’ultimo segmento dei lavori dell’Assemblea sarà dedicato alla raccolta dei frutti, cioè concretamente all’elaborazione di piste lungo cui continuare a camminare insieme, proseguendo la rilettura dell’esperienza del Popolo di Dio e promuovendo i necessari approfondimenti, innanzi tutto teologici e canonistici, in vista della seconda sessione dell’Assemblea sinodale nell’ottobre 2024.
Lungo l’intero percorso, l’Assemblea procederà utilizzando il metodo della conversazione nello Spirito (cfr. nn. 32-42), opportunamente adattato. Manterrà così un collegamento con il modo di procedere che ha contraddistinto l’intero processo sinodale (cfr. figura a pag. 26), ma soprattutto facendone diretta esperienza potrà meglio mettere a fuoco come esso possa diventare parte della vita ordinaria della Chiesa e modo di procedere condiviso per discernere la volontà di Dio.
Come usare le Schede di lavoro
Le Schede di lavoro sono pensate come strumento di lavoro per affrontare le tre questioni prioritarie enunciate nella Sezione B durante l’Assemblea di ottobre 2023. Non sono quindi capitoli di un libro da leggere in successione, né brevi saggi più o meno completi su un tema. Sono “da fare” e non “da leggere”, nel senso che offrono una traccia per la preghiera e la riflessione personale in preparazione allo scambio in gruppo e in plenaria. Allo stesso modo possono essere usate per realizzare incontri di approfondimento tematico in stile sinodale a tutti i livelli della vita della Chiesa. Non sono pensate per essere trattate in successione: ciascuna va tenuta insieme alla parte della Sezione B dell’IL a cui corrisponde, ma può essere affrontata prescindendo da tutte le altre.
Le Schede hanno tutte la medesima struttura: cominciano con una rapida contestualizzazione dell’interrogativo espresso dal titolo a partire da quanto emerso nella prima fase. Formulano poi una domanda per il discernimento. Infine offrono alcuni spunti di approfondimento, che articolano una varietà di prospettive (teologica, pastorale, canonistica, ecc.), dimensioni e livelli (Parrocchia, Diocesi, ecc.), ma soprattutto restituiscono la concretezza dei volti dei membri del Popolo di Dio, dei loro carismi e ministeri, delle domande che hanno espresso durante la fase dell’ascolto. L’abbondanza degli stimoli proposta in ogni Scheda risponde a un’esigenza di fedeltà alla ricchezza e alla varietà di quanto raccolto dalla consultazione, senza farne un questionario in cui è necessario formulare una risposta a ogni domanda. Alcuni spunti risulteranno particolarmente stimolanti in alcune regioni del mondo, altri in regioni diverse. Ciascuno è invitato a privilegiare quello o quelli su cui sente che l’esperienza della “sua” Chiesa ha una maggiore ricchezza da condividere con le altre: sarà questo il suo contributo al lavoro comune.
Ogni Scheda si focalizza sulla questione indicata dal titolo, dando per acquisito il quadro di riferimento rappresentato dall’IL, i cui contenuti non vengono ripetuti né esplicitamente citati. Rappresentano però la base del lavoro, unitamente a tutti i documenti relativi alla fase della consultazione: «anche nella preparazione all’Assemblea, i Membri del Sinodo sono invitati a tenere presenti i documenti precedenti, in particolare il DTC e i Documenti finali delle Assemblee continentali, oltre a quello del Sinodo digitale, come strumenti per il loro discernimento» (n. 9). Non si tratta quindi di ripartire da zero, ma di proseguire un cammino già cominciato. È per questa ragione, oltre che per ovvi motivi di spazio, che le Schede non offrono una trattazione sistematica delle diverse questioni, né approfondiscono tutto: il fatto che il processo sinodale abbia fatto emergere alcuni punti come prioritari non significa che altre questioni siano meno importanti. Sulla base della consultazione del Popolo di Dio, le questioni proposte nelle Schede rappresentano portali d’ingresso per affrontare concretamente l’interrogativo di fondo che spinge e guida l’intero processo: «come si realizza oggi, a diversi livelli (da quello locale a quello universale) quel “camminare insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla missione che le è stata affidata; e quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale?» (DP 2).
Tra le Schede, anche relative a parti diverse, ci sono evidenti punti di contatto, e anche sovrapposizioni. Non si tratta però di ripetizioni, in quanto nella redazione si è tenuto conto del fatto che le Schede sono pensate per essere utilizzate indipendentemente le une dalle altre. Inoltre, in questo modo si evidenzia la ricca rete di interconnessioni tra i temi toccati.
Alcuni interrogativi emersi dalla consultazione del Popolo di Dio riguardano questioni su cui già esiste uno sviluppo magisteriale e teologico a cui fare riferimento: per limitarci a due esempi, basta pensare all’accoglienza dei divorziati risposati, tema trattato nell’Esortazione Apostolica Post-Sinodale Amoris laetitia, o all’inculturazione della liturgia, oggetto dell’Istruzione Varietates legitimae (1994) della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Il fatto che su punti di questo tipo continuino a emergere domande non può essere liquidato sbrigativamente, ma deve essere oggetto di discernimento e l’Assemblea sinodale è un ambito privilegiato per farlo. In particolare, andranno indagati gli ostacoli, reali o percepiti, che hanno impedito di compiere i passi indicati e identificare che cosa occorre per rimuoverli. Ad esempio, se il blocco deriva da una generica mancanza di informazione, servirà un migliore sforzo comunicativo. Se invece è dovuto alla difficoltà di cogliere le implicazioni dei documenti per le situazioni concrete o a riconoscersi in quanto da essi proposto, un cammino sinodale di effettiva appropriazione dei contenuti da parte del Popolo di Dio potrebbe essere la risposta appropriata. Altro caso ancora sarebbe quello in cui il ripresentarsi di una domanda fosse il segnale di un cambiamento della realtà o della necessità di un “traboccamento” della Grazia, che richiede di tornare a interrogare il Deposito della fede e la Tradizione viva della Chiesa.
Difficilmente i lavori della prima sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi potranno giungere alla formulazione di orientamenti conclusivi su molti di questi temi: per questo il Santo Padre ha stabilito che l’Assemblea sinodale si svolga in due sessioni. L’obiettivo della prima sarà soprattutto delineare percorsi di approfondimento da compiere in stile sinodale, indicando i soggetti da coinvolgere e le modalità per raccoglierne i frutti, così da permettere di completare il discernimento nella seconda sessione di ottobre 2024, elaborando le proposte concrete per crescere come Chiesa sinodale da presentare al Santo Padre.
B 1. Una comunione che si irradia
Come essere più pienamente segno e strumento
di unione con Dio e di unità del genere umano?
B 1.1 In che modo il servizio della carità e l’impegno per la giustizia e la cura della casa comune alimentano la comunione in una Chiesa sinodale?
Diverse sono le direttrici indicate dalle Assemblee continentali per crescere come Chiesa sinodale missionaria:
a) In una Chiesa sinodale, i poveri, nel senso originario di coloro che vivono in condizioni di indigenza e di esclusione sociale, occupano un posto centrale. Sono destinatari di cura, ma soprattutto portatori di una Buona Notizia che l’intera comunità ha bisogno di ascoltare: da loro la Chiesa ha innanzi tutto qualcosa da imparare (cfr. Lc 6,20; EG 198). Una Chiesa sinodale riconosce e valorizza il loro protagonismo.
b) La cura della casa comune invita a un’azione condivisa: la soluzione a molti problemi, come ad esempio i cambiamenti climatici, sollecita l’impegno dell’intera famiglia umana. La cura della casa comune è già un luogo di intense esperienze di incontro e collaborazione con i membri di altre Chiese e Comunità ecclesiali, con i credenti di altre religioni e con uomini e donne di buona volontà. Questo impegno richiede la capacità di agire coerentemente su una pluralità di piani: catechesi e animazione pastorale, promozione di stili di vita, gestione dei beni (immobili e finanziari) della Chiesa.
c) I movimenti migratori sono un segno del nostro tempo e «i migranti sono un “paradigma” capace di illuminare il nostro tempo»[10]. La loro presenza costituisce un appello a camminare insieme, in modo particolare quando si tratta di Fedeli cattolici. Invita a creare legami con le Chiese dei Paesi di origine e rappresenta una possibilità di sperimentare la varietà della Chiesa, ad esempio attraverso la diaspora delle Chiese Orientali Cattoliche.
d) Una Chiesa sinodale può svolgere un ruolo di testimonianza profetica in un mondo frammentato e polarizzato, soprattutto quando i suoi membri si impegnano a camminare insieme agli altri cittadini per la costruzione del bene comune. Nei luoghi segnati da profondi conflitti, questo richiede la capacità di essere agenti di riconciliazione e artigiani di pace.
e) «Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati a essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri» (EG 187). Questo comporta anche la disponibilità a prendere posizione a loro favore nel dibattito pubblico, a prestare la voce alle loro cause, a denunciare le situazioni di ingiustizia e discriminazione, senza complicità con coloro che ne sono responsabili.
Domanda per il discernimento
Camminare insieme significa non lasciare indietro nessuno ed essere capaci di andare al passo di chi fa più fatica. In che modo possiamo crescere nella capacità di promuovere il protagonismo degli ultimi nella Chiesa e nella società?
Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria
1) Le opere di giustizia e di misericordia sono una forma di partecipazione alla missione di Cristo. Ogni Battezzato è perciò chiamato a impegnarsi in questo ambito. Come risvegliare, coltivare e potenziare questa consapevolezza nelle comunità cristiane?
2) Le disuguaglianze che segnano il mondo contemporaneo attraversano anche il corpo della Chiesa, separando ad esempio le Chiese dei Paesi ricchi e dei Paesi poveri, o le comunità delle aree più ricche e più povere di uno stesso Paese. Quali strumenti sono necessari per poter camminare insieme tra Chiese al di là di queste disuguaglianze, sperimentando un’autentica circolazione di doni?
3) Lungo il cammino sinodale, quali sforzi sono stati fatti per dare spazio alla voce dei più poveri e integrare il loro contributo? Che esperienza hanno maturato le nostre Chiese nel sostenere il protagonismo dei poveri? Di che cosa abbiamo bisogno per coinvolgerli sempre di più nel nostro camminare insieme, lasciando che la loro voce metta in questione il nostro modo di fare quando non è abbastanza inclusivo?
4) L’accoglienza dei migranti diventa una occasione di camminare insieme con persone di un’altra cultura, specie quando condividiamo la stessa fede? Quale spazio hanno le comunità migranti nella pastorale ordinaria? In che modo si valorizza la diaspora delle Chiese Orientali Cattoliche come occasione per sperimentare l’unità nella diversità? Quali legami si creano tra le Chiese dei Paesi di partenza e quelle dei Paesi di arrivo?
5) La comunità cristiana sa camminare insieme alla società nel suo complesso nella costruzione del bene comune o si presenta come un soggetto interessato alla difesa dei propri interessi di parte? Riesce a testimoniare la possibilità della concordia al di là delle polarizzazioni politiche? Quali strumenti si dà per formarsi a questi compiti? Operare per il bene comune richiede di dare vita ad alleanze e coalizioni: quali criteri di discernimento ci diamo a questo riguardo? In che modo la comunità accompagna i propri membri impegnati in politica?
6) Quali esperienze di camminare insieme per la cura della casa comune abbiamo fatto con persone, gruppi e movimenti che non fanno parte della Chiesa Cattolica? Che cosa abbiamo imparato? A che punto siamo nella costruzione di una coerenza tra i diversi piani su cui la cura della casa comune richiede di agire?
7) L’incontro con poveri ed emarginati e la possibilità di camminare insieme a loro inizia spesso dalla disponibilità all’ascolto della loro vita. Ha senso pensare al riconoscimento di uno specifico ministero dell’ascolto e dell’accompagnamento per coloro che si fanno carico di questo servizio? In che modo una Chiesa sinodale può formarli e sostenerli? Come pensare a dare un riconoscimento ecclesiale a forme di impegno per la costruzione di una società giusta e per la cura della casa comune vissute come una risposta a un’autentica vocazione e come una scelta anche professionale?
B 1.2 Come una Chiesa sinodale può rendere credibile la promessa che «amore e verità s’incontreranno» (Sal 85,11)?
Provare a comprendere che cosa accogliere e accompagnare significhino concretamente per la comunità cristiana è stato un nucleo centrale delle diverse tappe della prima fase.
Il DTC ha scelto l’immagine biblica della tenda che si allarga (cfr. Is 54,2) per esprimere la chiamata a essere una comunità ben radicata e perciò capace di aprirsi. Le Assemblee continentali, sulla base delle diverse sensibilità, hanno proposto altre immagini per articolare la dimensione dell’accoglienza che fa parte della missione della Chiesa: l’Asia ha offerto l’immagine della persona che si toglie le scarpe per varcare la soglia, come segno di umiltà per disporsi all’incontro con l’altro e con Dio; l’Oceania ha proposto l’immagine della barca; l’Africa ha insistito sull’immagine della Chiesa famiglia di Dio, capace di offrire appartenenza e accoglienza a tutti i suoi componenti, nella loro varietà.
Al di sotto di questa diversità di immagini possiamo rintracciare un’unità di intenti: ovunque la Chiesa sta cercando come rinnovare la propria missione di essere una comunità accogliente e ospitale, di incontrare Cristo in coloro che accoglie e di essere segno della sua presenza e annuncio credibile della verità del Vangelo nella vita di tutti. Si tratta dell’esigenza profonda di imitare il Maestro e Signore anche nella capacità di vivere un apparente paradosso: «proclamare con coraggio il proprio insegnamento autentico e allo stesso tempo offrire una testimonianza di inclusione e accettazione radicale» (DTC 30).
Su questo punto il percorso sinodale è stato l’occasione per avviare un confronto profondo, con umiltà e sincerità. La sorpresa è scoprire che il modo di procedere sinodale consente di collocare nella prospettiva della missione gli interrogativi che nascono da questo confronto, senza rimanere paralizzati, alimentando la speranza che il Sinodo sia un catalizzatore di questo rinnovamento della missione e spinga a ricucire il tessuto relazionale della Chiesa.
La preoccupazione di essere capaci di autentica accoglienza viene espressa in una pluralità di direzioni, molto diverse tra di loro e non complanari:
a) i Documenti finali delle Assemblee continentali menzionano spesso coloro che non si sentono accettati nella Chiesa, come i divorziati e risposati, le persone in matrimonio poligamico o le persone LGBTQ+;
b) rilevano altresì come forme di discriminazione a base razziale, tribale, etnica, di classe o di casta, presenti anche nel Popolo di Dio, conducano alcuni a sentirsi meno importanti o meno graditi all’interno della comunità;
c) assai diffusa è la segnalazione di come una pluralità di barriere, da quelle pratiche ai pregiudizi culturali, generino forme di esclusione delle persone con disabilità e richiedano di essere superate;
d) emerge anche la preoccupazione che i poveri, a cui in primis è rivolta la Buona Notizia, siano troppo spesso ai margini delle comunità cristiane (ad esempio profughi, migranti e rifugiati, bambini di strada, persone senza dimora, vittime della tratta di esseri umani, ecc.);
e) infine, i documenti delle Assemblee continentali osservano che è necessario mantenere il legame tra conversione sinodale e cura delle vittime e delle persone emarginate all’interno della Chiesa; in particolare danno grande enfasi alla necessità di imparare a esercitare la giustizia come forma di accoglienza di coloro che sono stati feriti da membri della Chiesa, in particolare vittime e sopravvissuti di tutte le forme di abuso;
f) l’ascolto delle voci più frequentemente trascurate è indicato come la via per crescere nell’amore e nella giustizia cui il Vangelo dà testimonianza.
Domanda per il discernimento
Quali passi può compiere una Chiesa sinodale per imitare sempre di più il suo Maestro e Signore, che cammina con tutti con amore incondizionato e annuncia la pienezza della verità del Vangelo?
Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria
1) Qual è l’atteggiamento con cui ci avviciniamo al mondo? Sappiamo riconoscere il bene che c’è in esso e allo stesso tempo impegnarci a denunciare profeticamente tutto ciò che viola la dignità delle persone, delle comunità umane e della creazione?
2) Come possiamo far risuonare una voce profetica nello svelare le cause del male senza frammentare ulteriormente le nostre comunità? Come possiamo diventare una Chiesa che non nasconde i conflitti e non ha paura di salvaguardare spazi per il disaccordo?
3) Come possiamo ripristinare la prossimità e la cura delle relazioni come nucleo della missione della Chiesa, camminare con le persone invece di parlare di loro o a loro?
4) Nella linea dell’Esortazione Apostolica Post-Sinodale Christus vivit, come possiamo camminare insieme ai giovani? In che modo una “opzione preferenziale per i giovani” può essere al centro delle nostre strategie pastorali in chiave sinodale?
5) Come possiamo continuare a fare passi concreti per offrire giustizia a vittime e sopravvissuti degli abusi sessuali, spirituali, economici, di potere e di coscienza compiuti da persone che stavano svolgendo un ministero o un incarico ecclesiale?
6) Come possiamo creare spazi in cui coloro che si sentono feriti dalla Chiesa e sgraditi dalla comunità possano sentirsi riconosciuti, accolti, non giudicati e liberi di fare domande? Alla luce dell’Esortazione Apostolica Post-Sinodale Amoris laetitia, quali passi concreti sono necessari per andare incontro alle persone che si sentono escluse dalla Chiesa in ragione della loro affettività e sessualità (ad esempio divorziati risposati, persone in matrimonio poligamico, persone LGBTQ+, ecc.)?
7) Come possiamo essere più aperti e accoglienti verso migranti e rifugiati, minoranze etniche e culturali, comunità indigene che da lungo tempo sono parte della Chiesa ma sono spesso ai margini? Come possiamo testimoniare che la loro presenza è un dono?
8) Quali barriere fisiche e culturali abbiamo bisogno di far cadere perché le persone con disabilità possano sentirsi membri della comunità a pieno titolo?
9) Come valorizzare l’apporto delle persone anziane alla vita della comunità cristiana e della società?
B 1.3 Come può crescere un rapporto dinamico di scambio di doni tra le Chiese?
La comunione a cui la Chiesa è chiamata è una relazione dinamica di scambio di doni, che testimonia un’unità trascendente nella diversità. Uno dei doni più significativi del percorso sinodale finora compiuto è la riscoperta della ricchezza della diversità e della profondità della nostra interconnessione. Questa diversità e questa interconnessione non minacciano, ma forniscono il contesto per una ricezione più profonda della nostra unità di creazione, vocazione e destino.
Il processo sinodale è stato vissuto in maniera appassionata e vivace al livello locale della Chiesa, in particolar modo quando si sono realizzate occasioni di conversazione nello Spirito. Il DTC ha cercato di far emergere le diverse forme di questa vitalità e di sottolineare al tempo stesso la straordinaria convergenza riguardo a questioni e temi emersi nei vari contesti. Durante le Assemblee continentali, poi, sono stati scoperti come un dono prezioso alcuni aspetti della vita della Chiesa in contesti molto diversi tra loro. Al tempo stesso si è entrati in un rapporto più profondo con la diversità che segna le varie regioni: differenze tra Chiese del medesimo continente, come pure diversità di espressione della cattolicità, dovuta alla presenza di comunità cattoliche latine e orientali nello stesso territorio, spesso come risultato di ondate migratorie e della formazione di comunità in diaspora. In verità, come osserva un’Assemblea continentale, ci siamo sperimentati molto concretamente come “comunità di comunità”, notando i doni che così riceviamo e le tensioni che ne possono derivare.
Questi incontri hanno portato a osservazioni condivise e anche a richieste esplicite:
a) si desidera che le diverse tradizioni di specifiche regioni e Chiese possano farsi sentire e partecipare alla conversazione ecclesiale e teologica spesso dominata da voci latine/occidentali. La dignità dei Battezzati è riconosciuta come un punto chiave in molti contesti; allo stesso modo, in particolare per molti appartenenti a Chiese Orientali Cattoliche il Mistero pasquale celebrato nei Sacramenti dell’Iniziazione Cristiana rimane il fulcro della riflessione sull’identità dei Cristiani e sulla Chiesa sinodale;
b) le Chiese Orientali Cattoliche hanno una lunga e distinta esperienza di sinodalità, condivisa con le Chiese Ortodosse, una tradizione a cui desiderano sia garantita attenzione nelle discussioni e nel discernimento di questo processo sinodale;
c) allo stesso modo, esistono realtà specifiche e particolari che i Cristiani orientali in diaspora si trovano ad affrontare in nuovi contesti, insieme ai loro fratelli e sorelle ortodossi. Si desidera che le Chiese Cattoliche Orientali in diaspora siano in grado di preservare la loro identità e di essere riconosciute come qualcosa di più di semplici comunità etniche, cioè come Chiese sui iuris con ricche tradizioni spirituali, teologiche e liturgiche che contribuiscono alla missione della Chiesa oggi, in un contesto globale.
Domanda per il discernimento
Come può ogni Chiesa locale, soggetto della missione nel contesto in cui vive, valorizzare, promuovere e integrare lo scambio di doni con le altre Chiese locali, nell’orizzonte dell’unica Chiesa Cattolica? Come aiutare le Chiese locali a promuovere la cattolicità della Chiesa in un rapporto armonico tra unità e diversità, preservando la specificità di ciascuna?
Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria
1) Come aumentare la consapevolezza che la Chiesa una e cattolica è già, e fin dall’inizio, portatrice di una ricca e multiforme diversità?
2) Con quali gesti le differenti Chiese locali potrebbero donarsi ospitalità reciproca per beneficiare di uno scambio di doni ecclesiali e manifestare la comunione ecclesiale nella liturgia, nella spiritualità, nella pastorale e nella riflessione teologica? In particolare, come possiamo attivare uno scambio tra le esperienze e le visioni della sinodalità tra Chiese Cattoliche Orientali e Chiesa Latina?
3) Come potrebbe la Chiesa Latina sviluppare una maggiore apertura alle tradizioni spirituali, teologiche e liturgiche delle Chiese Orientali Cattoliche?
4) Come possono le Chiese Orientali Cattoliche in diaspora preservare la loro identità ed essere riconosciute come qualcosa di più di semplici comunità etniche?
5) Alcune Chiese vivono in situazioni di grande precarietà. Come possono le altre Chiese farsi carico della loro sofferenza e sovvenire alle loro necessità, mettendo in pratica gli insegnamenti dell’apostolo Paolo che alle comunità della Grecia chiedeva di sostenere con generosità quella di Gerusalemme: «la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza» (2Cor 8,14)? Quale ruolo possono avere a questo riguardo le istituzioni globali e quelle della Santa Sede dedicate al servizio della carità?
6) Come tenere presenti e valorizzare i contributi e le esperienze delle Chiese locali nell’elaborazione del Magistero e delle norme ecclesiastiche a livello universale?
7) In un mondo sempre più globalizzato e interconnesso, come sviluppare il tessuto di relazioni tra le Chiese locali della stessa regione e anche di continenti diversi? Come la crescente mobilità umana e quindi la presenza di comunità di migranti possono diventare occasione per la costruzione di legami tra le Chiese e lo scambio di doni? Come gestire in modo costruttivo tensioni e incomprensioni che dovessero nascere tra Fedeli di culture e tradizioni diverse?
8) Come possono le istituzioni globali della Chiesa, a partire da quelle che fanno capo alla Santa Sede e ai Dicasteri della Curia Romana, favorire la circolazione dei doni tra le Chiese?
9) Come rendere attivo e fecondo lo scambio di esperienze e di doni non solo tra le diverse Chiese locali, ma anche tra le diverse vocazioni, carismi e spiritualità all’interno del Popolo di Dio: istituti di vita consacrata e società di vita apostolica, associazioni e movimenti laicali, nuove comunità? In che modo è possibile assicurare la partecipazione a questa circolazione delle comunità di vita contemplativa?
B 1.4 Come una Chiesa sinodale può compiere meglio la propria missione attraverso un rinnovato impegno ecumenico?
«Il cammino della sinodalità, che la Chiesa Cattolica sta percorrendo, è e dev’essere ecumenico, così come il cammino ecumenico è sinodale»[11]. La sinodalità è una sfida comune che riguarda tutti i credenti in Cristo, così come l’ecumenismo è innanzi tutto una strada comune (syn-odos) percorsa insieme agli altri Cristiani. Sinodalità ed ecumenismo sono due cammini da percorrere insieme, con un obiettivo comune: una migliore testimonianza cristiana. Questa può prendere la forma della convivenza in un “ecumenismo della vita” a diversi livelli, compresi i matrimoni interconfessionali, e anche dell’atto supremo di donarla come testimonianza della fede in Cristo nell’ecumenismo del martirio.
Diverse sono le implicazioni ecumeniche dell’impegno a edificare una Chiesa sinodale:
a) nell’unico Battesimo tutti i Cristiani partecipano del sensus fidei o senso soprannaturale della fede (cfr. LG 12), ragione per cui in una Chiesa sinodale tutti vanno ascoltati con attenzione;
b) il cammino ecumenico è uno scambio di doni, e uno tra i doni che i Cattolici possono ricevere dagli altri Cristiani è proprio la loro esperienza sinodale (cfr. EG 246). La riscoperta della sinodalità come dimensione costitutiva della Chiesa è un frutto del dialogo ecumenico, soprattutto con gli Ortodossi;
c) il movimento ecumenico è un laboratorio di sinodalità, in particolare potrebbe essere fonte di ispirazione la metodologia del dialogo e della ricerca del consenso sperimentata a vari livelli al suo interno;
d) la sinodalità è parte della “continua riforma” della Chiesa, nella consapevolezza che è soprattutto attraverso la sua riforma interna, in cui la sinodalità ha un ruolo essenziale, che la Chiesa Cattolica si avvicina agli altri Cristiani (cfr. UR 4.6);
e) vi è una relazione reciproca tra l’ordinamento sinodale della Chiesa Cattolica e la credibilità del suo impegno ecumenico;
f) una certa sinodalità tra le Chiese si sperimenta ogni volta che Cristiani di diverse tradizioni si riuniscono nel nome di Gesù Cristo per la preghiera, l’azione e la testimonianza comuni, nonché per le consultazioni regolari e la partecipazione ai rispettivi processi sinodali.
Tutti i Documenti finali delle Assemblee continentali evidenziano la stretta relazione tra sinodalità ed ecumenismo, e alcuni vi dedicano interi capitoli. In effetti, sia la sinodalità sia l’ecumenismo sono radicati nella dignità battesimale dell’intero Popolo di Dio; invitano a un rinnovato impegno sulla base della visione di una Chiesa sinodale missionaria; sono processi di ascolto e di dialogo ed esortano a crescere in una comunione che non è uniformità, ma unità nella legittima diversità; evidenziano la necessità di uno spirito di corresponsabilità, dal momento che le nostre decisioni e azioni a diversi livelli riguardano tutti i membri del Corpo di Cristo; sono processi spirituali di pentimento, perdono e riconciliazione in un dialogo di conversione che può portare a una guarigione della memoria.
Domanda per il discernimento
In che modo l’esperienza e i frutti del cammino ecumenico possono favorire l’edificazione di una Chiesa Cattolica più sinodale; in che modo la sinodalità può aiutare la Chiesa Cattolica a rispondere meglio alla preghiera di Gesù: «perché tutti siano una sola cosa… perché il mondo creda» (Gv 17,21)?
Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria
1) Questo Sinodo è un’opportunità per imparare dalle altre Chiese e Comunità ecclesiali e per «raccogliere quello che lo Spirito ha seminato in loro come un dono anche per noi» (EG 246). Che cosa possono (re)imparare i Cattolici dall’esperienza sinodale di altri Cristiani e dal movimento ecumenico?
2) Come promuovere la partecipazione attiva di tutto il Popolo di Dio al movimento ecumenico? In particolare, quale può essere il contributo della vita consacrata, delle coppie e delle famiglie interconfessionali, dei giovani, dei movimenti ecclesiali e delle comunità ecumeniche?
3) In quali ambiti è necessaria una guarigione della memoria relativamente al rapporto con le altre Chiese e Comunità ecclesiali? Come possiamo costruire insieme una “nuova memoria”?
4) Come si può migliorare il nostro camminare insieme con i Cristiani di tutte le tradizioni? In che modo una commemorazione comune del 1700° anniversario del Concilio di Nicea (325-2025) potrebbe fornire un’occasione a tale riguardo?
5) «Il ministero episcopale di unità è strettamente legato alla sinodalità»[12]. Come il Vescovo, in quanto «visibile principio e fondamento di unità» (LG 23), è chiamato a promuovere l’ecumenismo in modo sinodale nella sua Chiesa locale?
6) Come il processo sinodale in corso può contribuire a «trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra a una situazione nuova»[13]?
7) Come le Chiese Orientali Cattoliche possono aiutare, sostenere e stimolare la Chiesa Latina nel comune impegno sinodale ed ecumenico? Come la Chiesa Latina può sostenere e promuovere l’identità dei Fedeli orientali cattolici nella diaspora?
8) Come il motto ecumenico «Camminare insieme, lavorare insieme, pregare insieme»[14] di Papa Francesco può ispirare un rinnovato impegno per l’unità dei Cristiani in modo sinodale?
B 1.5 In che modo riconoscere e raccogliere le ricchezze delle culture e sviluppare il dialogo con le religioni, alla luce del Vangelo?
Ascoltare le persone richiede di saper ascoltare le culture in cui sono inserite, nella consapevolezza che ogni cultura è in continua evoluzione. Una Chiesa sinodale ha bisogno di imparare ad articolare sempre meglio il Vangelo con le culture e i contesti locali, attraverso il discernimento, a partire dalla fiducia nel fatto che lo Spirito le dona un’ampiezza tale da poter accogliere qualunque cultura, senza esclusioni. Ne è una prova il fatto che le Chiese locali sono già contraddistinte da una grande diversità, che è una benedizione: al loro interno convivono nazionalità e gruppi etnici diversi, e credenti delle tradizioni orientali e occidentali. Questa ricchezza, in ogni caso, non è sempre semplice da vivere e può diventare fonte di divisioni e conflitti.
Inoltre, il nostro tempo è segnato dalla prepotente pervasività di una nuova cultura, quella degli ambienti digitali e dei new media. Come dimostra l’iniziativa del Sinodo digitale, la Chiesa vi è già presente, soprattutto attraverso l’azione di tanti Cristiani, molti dei quali giovani. Mancano ancora una piena consapevolezza delle potenzialità che questo ambiente offre per l’evangelizzazione e una riflessione sulle sfide che pone, in particolare in termini antropologici.
Dai documenti delle Assemblee continentali emergono varie tensioni, da cui non rimanere schiacciati ma da valorizzare come fonti di dinamismo:
a) nel rapporto tra Vangelo e culture locali, con esperienze e posizioni diverse. Alcuni considerano l’adozione di tradizioni provenienti dalle Chiese di altre regioni come una forma di colonialismo. Altri ritengono che lo Spirito agisca in ogni cultura, rendendola capace di dare espressione alle verità della fede cristiana. Altri ancora ritengono che i Cristiani non possano adottare o adattare pratiche culturali precristiane;
b) nel rapporto tra Cristianesimo e altre religioni. Accanto a esperienze feconde di dialogo e impegno con credenti di altre religioni, emergono anche fatiche e limiti, segnali di sfiducia, conflitti religiosi e anche persecuzioni, dirette o indirette. La Chiesa desidera costruire ponti per la promozione della pace, della riconciliazione, della giustizia e della libertà, ma ci sono anche situazioni che richiedono di esercitare grande pazienza e speranza che le cose possano cambiare;
c) nel rapporto tra la Chiesa da una parte e la cultura occidentale e le forme di colonizzazione culturale dall’altra. Nel mondo sono all’opera forze che si oppongono alla missione della Chiesa, a partire da ideologie filosofiche, economiche e politiche fondate su presupposti che avversano la fede. Non tutti percepiscono queste tensioni allo stesso modo, ad esempio riguardo al fenomeno della secolarizzazione, che alcuni ritengono una minaccia e altri un’opportunità. Talvolta questa tensione viene interpretata in modo riduzionista come scontro tra coloro che desiderano il cambiamento e coloro che lo temono;
d) nel rapporto tra le comunità indigene e i modelli occidentali di azione missionaria. Molti missionari cattolici hanno dato prova di grande dedizione e generosità nella condivisione della propria fede, ma in alcuni casi la loro azione ha ostacolato la possibilità che le culture locali offrissero il loro contributo originale all’edificazione della Chiesa;
e) nel rapporto tra la comunità cristiana e i giovani, non pochi dei quali si sentono esclusi dal linguaggio adottato negli ambienti ecclesiali, che risulta loro incomprensibile.
Queste tensioni vanno affrontate innanzi tutto attraverso il discernimento a livello locale, poiché non esistono ricette preconfezionate. Le Assemblee continentali hanno messo in rilievo disposizioni personali e comunitarie che possono essere di aiuto: un atteggiamento di umiltà e rispetto, la capacità di ascoltare e promuovere un’autentica conversazione nello Spirito, la disponibilità al cambiamento, ad abbracciare la dinamica pasquale di morte e resurrezione anche rispetto alle forme concrete che assume la vita della Chiesa, la formazione al discernimento culturale, al confronto tra sensibilità e spiritualità e all’accompagnamento di persone di diversa cultura.
Domanda per il discernimento
In che modo possiamo rendere l’annuncio del Vangelo comunicabile e percepibile nei diversi contesti e nelle diverse culture, per favorire l’incontro con Cristo degli uomini e delle donne del nostro tempo? Quali legami possiamo instaurare con i credenti delle altre religioni, sviluppando una cultura dell’incontro e del dialogo?
Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria
1) Con quali strumenti le Chiese locali leggono e operano un discernimento delle culture in cui sono inserite? Come possono, alla luce del Vangelo, rispettare e valorizzare le culture dei diversi contesti locali? Quali opportunità possono creare per rileggere gli insegnamenti della Chiesa alla luce delle culture locali in modo costruttivo?
2) Quali spazi sono disponibili perché le culture delle minoranze e dei migranti trovino espressione nelle Chiese locali?
3) Diverse Diocesi, Conferenze Episcopali, Assemblee continentali hanno espresso il desiderio di poter riarticolare la vita delle comunità e in particolare la liturgia in accordo con le culture locali, in un processo di inculturazione permanente. Quale dinamica sinodale possiamo mettere in atto per andare incontro a questo desiderio?
4) Come promuovere la formazione al discernimento culturale? In che modo favorire, educare e dare riconoscimento ai carismi e alle vocazioni dei “traduttori”, cioè di coloro che aiutano a creare ponti tra religioni, culture e persone?
5) A quali gesti di riconciliazione e di pace con altre religioni ci sentiamo chiamati? Come affrontare costruttivamente pregiudizi, tensioni e conflitti? Come testimoniare il Vangelo nei Paesi in cui la Chiesa è in minoranza, senza indebolire la testimonianza della fede, ma anche senza esporre con leggerezza i Cristiani a minacce e persecuzioni?
6) Come affrontare in maniera franca, profetica e costruttiva le relazioni tra cultura occidentale e le altre culture, anche all’interno della Chiesa, evitando forme di colonialismo?
7) Per alcuni la società secolarizzata è una minaccia a cui bisogna opporsi, per altri un fatto da accettare, per altri ancora una fonte di ispirazione e un’opportunità. Come possono le Chiese rimanere in dialogo con il mondo senza diventare mondane?
8) Come possiamo suscitare occasioni di discernimento all’interno degli ambienti digitali? Quali forme di collaborazione e quali strutture abbiamo bisogno di creare a servizio dell’evangelizzazione di un ambiente che prescinde dalla dimensione territoriale?
B 2. Corresponsabili nella missione
Come condividere doni e compiti a servizio del Vangelo?
B 2.1 Come camminare insieme verso una consapevolezza condivisa del significato e del contenuto della missione?
È missione della Chiesa annunciare il Vangelo e rendere presente Cristo, attraverso il dono dello Spirito. Questo compito appartiene a tutti i Battezzati (cfr. EG 120): la sinodalità è costitutivamente missionaria e la missione stessa è azione sinodale. Siamo continuamente invitati a crescere nella nostra risposta a questa chiamata, rinnovando in chiave sinodale il modo con cui la Chiesa compie la propria missione. Nelle riflessioni delle Assemblee continentali, questa missione articola una molteplicità di dimensioni, da armonizzare e non opporre le une alle altre, nella prospettiva integrale promossa da Evangelii nuntiandi e ripresa da Evangelii gaudium. Ad esempio:
a) un accorato appello al rinnovamento della vita liturgica della Chiesa locale come luogo di annuncio attraverso la Parola e i Sacramenti, con un’enfasi sulla qualità della predicazione e sul linguaggio della liturgia. Quest’ultima richiede un giusto equilibrio tra l’unità della Chiesa, espressa anche nell’unità del rito, e le legittime varietà, che una corretta inculturazione tiene in debito conto[15];
b) si sottolinea il desiderio di una Chiesa povera e vicina a chi soffre, capace di evangelizzare attraverso l’esercizio della prossimità e della carità, seguendo le orme del Signore, e la testimonianza di un impegno che va fino al martirio: è la vocazione “samaritana” della Chiesa. Si richiamano le situazioni in cui la Chiesa provoca ferite e quelle in cui le subisce: senza la cura per le persone coinvolte, queste situazioni diventano pietra di inciampo per la testimonianza dell’amore di Dio e della verità del Vangelo;
c) una chiave per opporsi profeticamente a nuovi e distruttivi colonialismi è l’apertura di luoghi di servizio gratuito, ispirati all’imitazione di Cristo, che è venuto non per essere servito ma per servire (cfr. Mc 10,45). Sono luoghi in cui i bisogni umani fondamentali possono trovare risposta, le persone si sentono accolte e non giudicate, libere di fare domande sulle ragioni della nostra speranza (cfr. 1Pt 3,15), libere di andarsene e di ritornare. Per una Chiesa sinodale la missione è sempre costruire con gli altri, non semplicemente per altri;
d) anche nell’ambiente digitale, che la Chiesa sta scoprendo come opportunità di evangelizzazione, la costruzione di reti di relazioni rende possibile alle persone che lo frequentano, in particolare i giovani, sperimentare nuove forme per camminare insieme. L’iniziativa del Sinodo digitale richiama l’attenzione della Chiesa sulla realtà della persona umana come essere che comunica, anche nei circuiti mediali che danno forma al nostro mondo contemporaneo.
Il desiderio di crescere nell’impegno per la missione non è ostacolato dalla consapevolezza dei limiti delle comunità cristiane e dal riconoscimento dei loro fallimenti; anzi il movimento di uscita da sé per impulso della fede, della speranza e della carità è una via per affrontare questa incompletezza. Accanto all’affermazione di questo desiderio, le Assemblee continentali danno voce anche alla mancanza di chiarezza e di una comprensione condivisa del significato, della portata e del contenuto della missione della Chiesa, o dei criteri per articolare le spinte all’azione in diverse direzioni. Questo ostacola il nostro camminare insieme e ci divide; perciò emerge una domanda di maggiore formazione e di luoghi di confronto e dialogo, in chiave sinodale, tra le diverse prospettive, spiritualità e sensibilità che costituiscono la ricchezza della Chiesa.
Domanda per il discernimento
Quanto la Chiesa è oggi preparata e attrezzata per la missione di annunciare il Vangelo con convinzione, libertà di spirito ed efficacia? In che modo la prospettiva di una Chiesa sinodale trasforma la comprensione della missione e consente di articolarne le diverse dimensioni? In che modo l’esperienza di compiere insieme la missione arricchisce la comprensione della sinodalità?
Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria
1) La vita liturgica della comunità è la sorgente della missione. Come sostenerne il rinnovamento in una prospettiva sinodale di valorizzazione di ministeri, carismi e vocazioni e di offerta di spazi di accoglienza e relazione?
2) In che modo la predicazione, la catechesi e la pastorale possono promuovere una consapevolezza condivisa del significato e del contenuto della missione? E del fatto che costituisce una chiamata concreta ed effettiva per ogni Battezzato?
3) Le sintesi delle Conferenze Episcopali e le Assemblee continentali chiedono con forza una “opzione preferenziale” per i giovani e per le famiglie, che li riconosca come soggetti e non oggetti della pastorale. Come potrebbe prendere forma questo rinnovamento sinodale missionario della Chiesa, anche attraverso l’attuazione delle conclusioni dei Sinodi del 2014-2015 e del 2018?
4) Per larghissima parte del Popolo di Dio la missione si compie «trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio» (LG 31; cfr. anche AA 2). Come far crescere la consapevolezza che la professione, l’impegno sociale e politico, il volontariato sono ambiti di esercizio della missione? Come accompagnare e sostenere coloro che svolgono questa missione in ambienti particolarmente ostili e impegnativi?
5) La dottrina sociale della Chiesa è considerata spesso come appannaggio di esperti e teologi e slegata dalla vita quotidiana delle comunità. Come si può favorirne la riappropriazione da parte del Popolo di Dio, come risorsa per la missione?
6) L’ambiente digitale ormai modella la vita della società. Come può la Chiesa svolgere più efficacemente la propria missione al suo interno? Come vanno riconfigurati l’annuncio, l’accompagnamento e la cura in questo ambiente? Come offrire un adeguato riconoscimento all’impegno missionario al suo interno e percorsi adeguati di formazione per chi lo compie? Come incoraggiare il protagonismo dei giovani, corresponsabili della missione della Chiesa in questo spazio?
7) In molti ambiti portare avanti la missione richiede di collaborare con una pluralità di persone e organizzazioni di ispirazione diversa: Fedeli di altre Chiese e Comunità ecclesiali, credenti di altre religioni, donne e uomini di buona volontà. Che cosa impariamo dal “camminare insieme” a loro e come possiamo attrezzarci per farlo meglio?
B 2.2 Che cosa fare perché una Chiesa sinodale sia anche una Chiesa missionaria “tutta ministeriale”?
Tutte le Assemblee continentali fanno riferimento ai ministeri nella Chiesa, spesso in termini molto articolati. Il processo sinodale restituisce una visione positiva dei ministeri, che legge il Ministero ordinato all’interno della più ampia ministerialità ecclesiale, senza contrapposizioni. Affiora anche una certa urgenza di discernere i carismi emergenti e le forme appropriate di esercizio dei Ministeri battesimali (istituiti, straordinari e di fatto) all’interno del Popolo di Dio, partecipe della funzione profetica, sacerdotale e regale di Cristo. Su questi ultimi si focalizza questa Scheda, mentre in altre trova spazio la questione della relazione con il Ministero ordinato e dei compiti dei Vescovi in una Chiesa sinodale. In particolare:
a) appare con evidenza la richiesta di superare una visione che riserva ai soli Ministri ordinati (Vescovi, Presbiteri, Diaconi) ogni funzione attiva nella Chiesa, riducendo la partecipazione dei Battezzati a una collaborazione subordinata. Senza sminuire l’apprezzamento per il dono del Sacramento dell’Ordine, i ministeri sono compresi a partire da una concezione ministeriale della Chiesa intera. Emerge una serena ricezione del Concilio Vaticano II, con il riconoscimento della dignità battesimale come fondamento della partecipazione di tutti alla vita della Chiesa. La dignità battesimale viene facilmente collegata al Sacerdozio comune come radice dei Ministeri battesimali, e si riafferma la necessaria relazione tra Sacerdozio comune e Sacerdozio ministeriale, che sono «ordinati l’uno all’altro, poiché l’uno e l’altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo» (LG 10);
b) si sottolinea che il luogo più propizio per rendere effettiva la partecipazione di tutti al Sacerdozio di Cristo, capace di valorizzare il Ministero ordinato nella sua peculiarità e di promuovere al tempo stesso i Ministeri battesimali nella loro varietà, è la Chiesa locale, chiamata a discernere quali carismi e ministeri sono utili per il bene di tutti in un particolare contesto sociale, culturale ed ecclesiale. Si sente l’esigenza di dare nuovo slancio alla partecipazione peculiare dei Laici all’evangelizzazione nei vari ambiti della vita sociale, culturale, economica, politica, nonché di valorizzare il contributo delle Consacrate e dei Consacrati, con i loro diversi carismi, all’interno della vita della Chiesa locale;
c) l’esperienza di camminare insieme nella Chiesa locale permette di immaginare nuovi ministeri al servizio di una Chiesa sinodale. Spesso, rifacendosi al testo, alla visione e al linguaggio di LG 10-12, le Assemblee continentali chiedono un maggiore riconoscimento dei Ministeri battesimali e la possibilità di realizzarlo nel registro della sussidiarietà tra i diversi livelli della Chiesa. In questa linea, molte di queste domande potrebbero trovare risposta attraverso un lavoro sinodale più approfondito nelle Chiese locali, dove, sulla base del principio della partecipazione differenziata ai tria munera di Cristo, è più agevole mantenere chiara la complementarità tra Sacerdozio comune e Sacerdozio ministeriale, individuando con discernimento i Ministeri battesimali necessari alla comunità.
d) Una Chiesa “tutta ministeriale” non è necessariamente una Chiesa “tutta di Ministeri istituiti”. Ci sono legittimamente molti ministeri che scaturiscono dalla vocazione battesimale: i ministeri spontanei, alcuni ministeri riconosciuti che non sono istituiti e altri che, mediante l’istituzione, ricevono una specifica formazione, missione e stabilità. Crescere come Chiesa sinodale comporta l’impegno di discernere insieme quali ministeri devono essere creati o promossi alla luce dei segni dei tempi, come risposta a servizio del mondo.
Domanda per il discernimento
Come nella Chiesa possiamo muoverci verso una reale ed effettiva corresponsabilità in chiave missionaria per una più piena realizzazione di vocazioni, carismi e ministeri di tutti i Battezzati? Come fare sì che una Chiesa più sinodale sia anche una “tutta ministeriale”?
Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria
1) Come vivere la celebrazione del Battesimo, della Confermazione e dell’Eucaristia affinché siano occasioni di testimonianza e di promozione della partecipazione e corresponsabilità di tutti come soggetti attivi nella vita e missione della Chiesa? Quali percorsi formativi devono essere avviati per far crescere nella Chiesa una comprensione della ministerialità che non si riduca al Ministero ordinato?
2) Come discernere in una Chiesa locale i Ministeri battesimali, istituiti o meno, necessari alla missione? Quali sono gli spazi disponibili per la sperimentazione a livello locale? Che valore va attribuito a questi Ministeri? A quali condizioni possono essere recepiti da tutta la Chiesa?
3) Che cosa possiamo imparare dalle altre Chiese e Comunità ecclesiali per quanto riguarda la ministerialità e i ministeri?
4) La corresponsabilità si manifesta e realizza innanzi tutto nella partecipazione di tutti alla missione: come valorizzare l’apporto specifico dei diversi carismi e vocazioni (da quelli legati a capacità e competenze, anche professionali, dei singoli a quelli che ispirano istituti di vita consacrata e società di vita apostolica, movimenti, associazioni, ecc.) a servizio dell’armonia dell’impegno comunitario e della vita ecclesiale, soprattutto nelle Chiese locali?
5) Come creare spazi e momenti di partecipazione effettiva alla corresponsabilità nella missione dei Fedeli che, per diverse ragioni, sono ai margini della vita della comunità, ma che secondo la logica del Vangelo possono offrire un contributo insostituibile (persone anziane e ammalate, persone con disabilità, persone povere, persone prive di formazione culturale, ecc.)?
6) Molte persone vivono l’impegno per la costruzione di una società giusta e per la cura della casa comune come una risposta a una autentica vocazione e come una scelta di vita, anche a scapito di alternative professionali più remunerative. Come possiamo pensare a forme di riconoscimento per questo impegno, in modo da rendere evidente che non si tratta di una opzione personale, ma di un’azione che rende tangibile la sollecitudine della Chiesa?
B 2.3 Come può la Chiesa del nostro tempo compiere meglio la propria missione attraverso un maggiore riconoscimento e promozione della dignità battesimale delle donne?
Nel Battesimo il cristiano entra in un nuovo legame con Cristo e, in Lui e attraverso di Lui, con tutti i Battezzati, con tutto il genere umano e con tutta la creazione. Figlie e figlie dell’unico Padre, unti dallo stesso Spirito, in virtù della condivisione del medesimo legame con Cristo, i Battezzati sono donati gli uni agli altri come membra di un unico corpo in cui godono di pari dignità (cfr. Gal 3,26-28). La fase dell’ascolto ha ribadito la consapevolezza di questa realtà, indicando che essa deve trovare una realizzazione sempre più concreta nella vita della Chiesa anche attraverso relazioni di mutualità, reciprocità e complementarità tra uomini e donne:
a) in modo sostanzialmente unanime, pur nella differenza delle prospettive di ciascun continente, tutte le Assemblee continentali invitano a prestare attenzione all’esperienza, allo status e al ruolo delle donne. Celebrano la fede, la partecipazione e la testimonianza di tante donne in tutto il mondo, laiche e consacrate, come evangelizzatrici e spesso prime formatrici nella fede, notando soprattutto il loro contributo al “margine profetico”, in luoghi remoti e contesti sociali problematici;
b) inoltre, le Assemblee continentali chiedono di riflettere più a fondo sulla realtà dei fallimenti relazionali, che sono anche fallimenti strutturali che colpiscono la vita delle donne nella Chiesa, invitando a un processo di conversione permanente per cercare di diventare più pienamente ciò che nel Battesimo già siamo. Tra le priorità per l’Assemblea sinodale indicano la trattazione delle gioie e delle tensioni, nonché delle opportunità di conversione e rinnovamento nel modo in cui nella Chiesa viviamo le relazioni tra uomini e donne, anche nella concretezza dei rapporti tra Ministri ordinati, Consacrate e Consacrati, Laiche e Laici;
c) durante la prima fase del Sinodo, le questioni della partecipazione delle donne, del loro riconoscimento, della relazione di mutuo accompagnamento tra uomini e donne, e della presenza delle donne in posti di responsabilità e di governo sono emerse come elementi cruciali della ricerca di come vivere la missione della Chiesa in modo più sinodale. Le donne che hanno partecipato alla prima fase hanno espresso con chiarezza un desiderio: che la società e la Chiesa costituiscano un luogo di crescita, di partecipazione attiva e di sana appartenenza per tutte le donne. Chiedono alla Chiesa di essere al loro fianco per accompagnare e promuovere la realizzazione di questo desiderio. In una Chiesa che voglia davvero essere sinodale, queste domande vanno affrontate insieme e insieme vanno costruite risposte concrete per un maggiore riconoscimento della dignità battesimale delle donne e per la lotta a tutte le forme di discriminazione ed esclusione di cui esse sono vittime nella comunità ecclesiale e nella società;
d) infine, le Assemblee continentali evidenziano la pluralità delle esperienze, dei punti di vista e delle prospettive delle donne e chiedono che questa diversità sia riconosciuta nei lavori dell’Assemblea sinodale, evitando di trattare le donne come un gruppo omogeneo o un argomento di discussione astratto o ideologico.
Domanda per il discernimento
Quali passi concreti può compiere la Chiesa per rinnovare e riformare le proprie procedure, dispositivi istituzionali e strutture in modo da permettere un maggiore riconoscimento e partecipazione delle donne, anche al governo e a tutte le fasi dei processi decisionali, inclusa la presa di decisioni, in uno spirito di comunione e in vista della missione?
Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria
1) Le donne svolgono un ruolo di primo piano nella trasmissione della fede, nelle famiglie, nelle parrocchie, nella vita consacrata, nelle associazioni e nei movimenti e nelle istituzioni laicali, e come insegnanti e catechiste. Come riconoscere, sostenere, accompagnare il loro già notevole contributo? Come valorizzarlo per imparare a essere una Chiesa sempre più sinodale?
2) I carismi delle donne sono già presenti e all’opera nella Chiesa di oggi. Che cosa possiamo fare per discernerli e sostenerli e per imparare quello che lo Spirito vuole insegnarci attraverso di loro?
3) Tutte le Assemblee continentali chiedono di affrontare la questione della partecipazione delle donne al governo, ai processi decisionali, alla missione e ai ministeri a tutti i livelli della Chiesa, con il sostegno di adeguate strutture in modo che questo non resti solo un’aspirazione generale.
a) In che modo le donne possono essere incluse in ognuna di queste aree in numero più consistente e in modi nuovi?
b) Come nella vita consacrata le donne possono essere meglio rappresentate nella governance e nei processi decisionali, meglio protette da forme di abuso e anche più equamente remunerate per il loro lavoro?
c) Come le donne possono contribuire al governo, aiutando a promuovere maggiore responsabilità e trasparenza, e a rinsaldare la fiducia nella Chiesa?
d) Come possiamo approfondire la riflessione sul contributo delle donne alla riflessione teologica e all’accompagnamento delle comunità? Come possiamo dare spazio e riconoscimento a tale contributo nei processi formali di discernimento a ogni livello della Chiesa?
e) Quali nuovi ministeri si potrebbero creare per fornire mezzi e opportunità per un’effettiva partecipazione delle donne al discernimento e agli organi decisionali? Come si può accrescere la corresponsabilità nei processi decisionali in luoghi remoti e in contesti sociali problematici, dove le donne sono spesso gli agenti principali della pastorale e dell’evangelizzazione? I contributi ricevuti durante la prima fase rilevano che le tensioni con i Ministri ordinati sorgono in assenza di dinamiche di corresponsabilità e di processi decisionali condivisi.
4) La maggior parte delle Assemblee continentali e le sintesi di numerose Conferenze Episcopali chiedono di considerare nuovamente la questione dell’accesso delle donne al Diaconato. È possibile prevederlo e in che modo?
5) In che modo uomini e donne possono collaborare meglio nello svolgimento del ministero pastorale e nell’esercizio delle responsabilità connesse?
B 2.4 Come valorizzare il Ministero ordinato, nella sua relazione con i Ministeri battesimali, in una prospettiva missionaria?
I Documenti finali delle Assemblee continentali esprimono un forte desiderio che si affronti la riflessione sulla relazione tra Ministeri ordinati e Ministeri battesimali, sottolineando la difficoltà a farlo nella vita ordinaria delle comunità. Il processo sinodale offre una preziosa opportunità di mettere a fuoco alla luce dell’insegnamento del Vaticano II la correlazione tra la ricchezza di vocazioni, carismi e ministeri radicati nel Battesimo da una parte, e il Ministero ordinato dall’altra, visto come un dono e un compito irrinunciabile a servizio del Popolo di Dio. In particolare:
a) nella prospettiva tracciata dal Concilio Vaticano II, viene riaffermata la necessaria relazione tra Sacerdozio comune e Sacerdozio ministeriale. Tra i due non c’è opposizione, né competizione, o spazio per rivendicazioni: ciò che si chiede è di riconoscerne la complementarità;
b) le Assemblee continentali esprimono un chiaro apprezzamento per il dono del Sacerdozio ministeriale e, al tempo stesso, il profondo desiderio di un suo rinnovamento in prospettiva sinodale. Segnalano la fatica di coinvolgere una parte dei Presbiteri nel processo sinodale e rilevano la diffusa preoccupazione per un esercizio del Ministero ordinato non adeguato alle sfide del nostro tempo, lontano dalla vita e dai bisogni delle persone, spesso circoscritto al solo ambito liturgico-sacramentale. Manifestano anche la preoccupazione per la solitudine in cui vivono numerosi Presbiteri e ne sottolineano il bisogno di cura, amicizia e sostegno;
c) il Concilio Vaticano II insegna che «il ministero ecclesiastico di istituzione divina viene esercitato in diversi ordini, da quelli che già anticamente sono chiamati Vescovi, Presbiteri, Diaconi» (LG 28). Dalle Assemblee continentali emerge la richiesta che il Ministero ordinato, nella differenza dei compiti, sia per tutti una testimonianza viva di comunione e di servizio nella logica della gratuità evangelica. Esprimono anche il desiderio che Vescovi, Presbiteri e Diaconi esercitino il loro ministero in stile sinodale, per riconoscere e valorizzare i doni e carismi presenti nella comunità, per incoraggiare e accompagnare processi di assunzione comunitaria della missione, per garantire decisioni in linea con il Vangelo e in ascolto dello Spirito Santo. Si invoca anche un rinnovamento dei programmi dei seminari, in modo che siano più orientati in senso sinodale e più a contatto con tutto il Popolo di Dio;
d) in rapporto a questa concezione del Ministero ordinato a servizio della vita battesimale, si sottolinea come il clericalismo sia una forza che isola, separa e indebolisce una Chiesa sana e tutta ministeriale, e si indica la formazione come via privilegiata per il suo effettivo superamento. Si sottolinea peraltro come il clericalismo non sia appannaggio dei soli Ministri ordinati, ma in modi diversi agisca in tutte le componenti del Popolo di Dio;
e) in numerose regioni, la fiducia nei Ministri ordinati, in coloro che svolgono incarichi ecclesiali, nelle istituzioni ecclesiali e nella Chiesa tutta è minata dalle conseguenze dello «scandalo degli abusi compiuti da membri del clero o da persone che svolgevano un incarico ecclesiale: in primo luogo e soprattutto gli abusi su minori e persone vulnerabili, ma anche quelli di altro genere (spirituali, sessuali, economici, di autorità, di coscienza). Si tratta di una ferita aperta, che continua a infliggere dolore alle vittime e ai superstiti, alle loro famiglie e alle loro comunità» (DTC 20).
Domanda per il discernimento
Come promuovere nella Chiesa una mentalità e forme concrete di corresponsabilità in cui la relazione tra Ministeri battesimali e Ministero ordinato sia feconda? Se la Chiesa è tutta ministeriale, come possiamo comprendere i doni specifici dei Ministri ordinati all’interno dell’unico Popolo di Dio in una prospettiva missionaria?
Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria
1) Che rapporto ha il ministero dei Presbiteri, «consacrati per predicare il Vangelo, pascere i fedeli e celebrare il culto divino» (LG 28) con i Ministeri battesimali? Che rapporto ha questo triplice ufficio dei Ministri ordinati con la Chiesa come Popolo profetico, sacerdotale e regale?
2) Nella Chiesa locale i Presbiteri «costituiscono con il loro Vescovo un unico Presbiterio» (LG 28). Come far crescere questa unità tra il Vescovo e il suo Presbiterio per un servizio più efficace al Popolo di Dio affidato alle cure del Vescovo?
3) La Chiesa è arricchita del ministero di tanti Presbiteri che appartengono a istituti di vita consacrata e società di vita apostolica. Come può il loro ministero, caratterizzato dal carisma dell’istituto di appartenenza, promuovere una Chiesa più sinodale?
4) Come comprendere il ministero del Diacono permanente all’interno di una Chiesa sinodale missionaria?
5) Quali possono essere le direttrici per una riforma dei curricula di formazione nei seminari e nelle scuole di teologia all’altezza della figura sinodale della Chiesa? In che modo la formazione dei Presbiteri può metterli in più stretta relazione con i processi pastorali e la vita della porzione di Popolo di Dio che sono chiamati a servire?
6) Quali percorsi formativi devono essere avviati per far crescere nella Chiesa una comprensione della ministerialità che non si riduca al Ministero ordinato, ma che al tempo stesso lo valorizzi?
7) Come possiamo discernere insieme i modi in cui il clericalismo, dei Ministri ordinati e dei Laici, impedisce la piena espressione della vocazione dei Ministeri ordinati nella Chiesa, oltre che degli altri membri del Popolo di Dio? Come possiamo trovare insieme i modi per superarlo?
8) È possibile che, in particolare in luoghi in cui il numero di Ministri ordinati è molto scarso, i Laici possano assumere il ruolo di responsabili della comunità? Che implicazioni ha questo sulla comprensione del Ministero ordinato?
9) È possibile, come propongono alcuni continenti, aprire una riflessione sulla possibilità di rivedere, almeno in alcune aree, la disciplina sull’accesso al Presbiterato di uomini sposati?
10) In che modo una concezione del Ministero ordinato e una formazione dei candidati più radicate nella visione della Chiesa sinodale missionaria possono contribuire all’impegno per evitare il ripetersi di abusi sessuali e di ogni altro genere?
B 2.5 Come rinnovare e promuovere il ministero del Vescovo in una prospettiva sinodale missionaria?
Il ministero del Vescovo affonda le sue radici nella Scrittura e si sviluppa nella Tradizione in fedeltà alla volontà di Cristo. Fedele a questa Tradizione, il Concilio Vaticano II ha proposto una dottrina molto ricca sui Vescovi, «successori degli Apostoli, i quali con il successore di Pietro, vicario di Cristo e capo visibile di tutta la Chiesa, reggono la casa del Dio vivente» (LG 18). Il capitolo di Lumen gentium sulla costituzione gerarchica della Chiesa afferma la sacramentalità dell’episcopato e su questa base sviluppa il tema della collegialità (LG 22-23) e del ministero episcopale come esercizio dei tre uffici (tria munera, LG 24-27). Il Sinodo dei Vescovi fu poi istituito come organismo che permettesse ai Vescovi di partecipare con il Vescovo di Roma alla sollecitudine per tutta la Chiesa. L’invito a vivere con maggiore intensità la dimensione sinodale richiede un rinnovato approfondimento del ministero episcopale per collocarlo più solidamente in un quadro sinodale. In particolare:
a) il Collegio episcopale, soggetto, insieme al Romano Pontefice che ne è il capo e mai senza di lui, «di una suprema e piena potestà su tutta la Chiesa» (LG 22), partecipa al processo sinodale sia quando ogni Vescovo avvia, guida e conclude la consultazione del Popolo di Dio a lui affidato, sia quando i Vescovi riuniti esercitano insieme il carisma del discernimento, nelle Strutture Gerarchiche Orientali e nelle Conferenze Episcopali, nelle Assemblee continentali e, in forma peculiare, nell’Assemblea sinodale;
b) ai Vescovi, successori degli Apostoli, i quali hanno ricevuto «il ministero della comunità […] [e] presiedono a nome di Dio il gregge di cui sono pastori» (LG 20), il processo sinodale chiede di vivere una fiducia radicale nell’azione dello Spirito nelle loro comunità, senza considerare la partecipazione di tutti una minaccia al loro ministero di guida. Li sprona piuttosto a essere principio di unità nella loro Chiesa, chiamando tutti (Presbiteri e Diaconi, Consacrate e Consacrati, Fedeli laici e laiche) a camminare insieme come Popolo di Dio, e promuovendo uno stile sinodale di Chiesa;
c) la consultazione del Popolo di Dio ha evidenziato come diventare una Chiesa più sinodale implichi anche un più ampio coinvolgimento di tutti nel discernimento, e questo richiede un ripensamento dei processi decisionali. Emerge di conseguenza la richiesta di strutture di governo adeguate e ispirate a maggiore trasparenza e responsabilità, che incide anche sulle modalità di esercizio del ministero del Vescovo. Questo suscita anche resistenze, timori o un senso di spaesamento. In particolare, se alcuni chiedono un maggiore coinvolgimento di tutti i Fedeli e quindi un esercizio “meno esclusivo” del ruolo dei Vescovi, altri esprimono dubbi e paventano il rischio di una deriva ispirata ai meccanismi della democrazia politica;
d) altrettanto forte è la consapevolezza che ogni autorità nella Chiesa procede da Cristo ed è guidata dallo Spirito Santo. La diversità dei carismi senza l’autorità diventa anarchia, così come il rigore dell’autorità senza la ricchezza dei carismi, dei ministeri, delle vocazioni diventa dittatura. La Chiesa è al tempo stesso sinodale e gerarchica e per questo un esercizio sinodale dell’autorità episcopale si connota come accompagnamento e salvaguardia dell’unità. La via per realizzare la ricomprensione del ministero episcopale è la pratica della sinodalità, che compone nell’unità le differenze di doni, carismi, ministeri e vocazioni che lo Spirito suscita nella Chiesa;
e) per procedere al rinnovamento del ministero episcopale all’interno di una Chiesa più pienamente sinodale sono necessari cambiamenti culturali e strutturali, tanta fiducia reciproca e soprattutto fiducia nella guida del Signore. Per questo le Assemblee continentali auspicano che la dinamica della conversazione nello Spirito possa entrare nella vita quotidiana della Chiesa e animare riunioni, consulte, organismi decisionali, favorendo la costruzione di un senso di fiducia reciproca e la formazione di un effettivo consenso;
f) il ministero del Vescovo comprende anche l’appartenenza al Collegio dei Vescovi e di conseguenza l’esercizio della corresponsabilità per la Chiesa universale. Anche tale esercizio rientra nella prospettiva della Chiesa sinodale, «nello spirito di una “sana decentralizzazione”», allo scopo «di lasciare alla competenza dei Pastori la facoltà di risolvere nell’esercizio del “loro proprio compito di maestri” e di pastori le questioni che conoscono bene e che non toccano l’unità di dottrina, di disciplina e di comunione della Chiesa, sempre agendo con quella corresponsabilità che è frutto ed espressione di quello specifico mysterium communionis che è la Chiesa» (PE II,2; cfr. EG 16; DV 7).
Domanda per il discernimento
Come intendiamo la vocazione e la missione del Vescovo in una prospettiva sinodale missionaria? Quale rinnovamento della visione e delle forme di esercizio concreto del ministero episcopale sono richieste in una Chiesa sinodale caratterizzata dalla corresponsabilità?
Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria
1) «I Vescovi, in modo eminente e visibile, svolgono la parte di Cristo stesso, maestro, pastore e sacerdote» (LG 21). Che rapporto ha questo ministero con quello dei Presbiteri, «consacrati per predicare il Vangelo, pascere i fedeli e celebrare il culto divino» (LG 28)? Che rapporto ha questo triplice ufficio dei Ministri ordinati con la Chiesa come Popolo profetico, sacerdotale e regale?
2) In che modo l’esercizio del ministero episcopale sollecita la consultazione, la collaborazione e la partecipazione ai processi decisionali del Popolo di Dio?
3) In base a quali criteri un Vescovo può autovalutarsi ed essere valutato nello svolgimento del proprio servizio in uno stile sinodale?
4) In quali casi un Vescovo potrebbe sentire di dover prendere una decisione difforme dal consiglio ponderato offerto dagli organi di consultazione? Su quale base si fonderebbe tale obbligo?
5) Qual è la natura del rapporto tra il «senso soprannaturale della fede» (LG 12) e il servizio magisteriale del Vescovo? Come possiamo comprendere e articolare meglio le relazioni tra Chiesa sinodale e ministero del Vescovo? I Vescovi devono discernere insieme o separatamente dagli altri membri del Popolo di Dio? Entrambe le opzioni (insieme e separatamente) trovano spazio in una Chiesa sinodale?
6) Come assicurare la cura e il bilanciamento dei tre uffici (santificare, insegnare, governare) nella vita e nel ministero del Vescovo? In che misura gli attuali modelli di vita e di ministero episcopale consentono al Vescovo di essere una persona di preghiera, un maestro della fede e un amministratore saggio ed efficace, e di mantenere i tre ruoli in tensione creativa e missionaria? Come rivedere il profilo del Vescovo e il processo di discernimento per identificare i candidati all’episcopato in una prospettiva sinodale?
7) Come sono chiamati a evolvere, in una Chiesa sinodale, il ruolo del Vescovo di Roma e l’esercizio del primato?
B 3. Partecipazione, compiti di responsabilità e autorità
Quali processi, strutture e istituzioni in una Chiesa sinodale missionaria?
B 3.1 Come rinnovare il servizio dell’autorità e l’esercizio della responsabilità in una Chiesa sinodale missionaria?
Una Chiesa costitutivamente sinodale è chiamata ad articolare il diritto di partecipazione di tutti alla vita e alla missione della Chiesa in forza del Battesimo con il servizio dell’autorità e l’esercizio della responsabilità che, in varie forme, è affidato ad alcuni. Il percorso sinodale costituisce un’occasione per discernere quali sono le modalità appropriate al nostro tempo per realizzare tale articolazione. La prima fase ha permesso di raccogliere alcuni spunti a questo riguardo:
a) autorità, responsabilità e ruoli di governo – talvolta indicati sinteticamente con il termine inglese leadership – si declinano in una varietà di forme all’interno della Chiesa. L’autorità nella vita consacrata, nei movimenti e nelle associazioni, nelle istituzioni legate alla Chiesa (quali università, fondazioni, scuole, ecc.) è diversa da quella derivante dal Sacramento dell’Ordine; così come l’autorità spirituale legata a un carisma è diversa da quella legata a un servizio ministeriale. Tra queste forme vanno salvaguardate le differenze, senza dimenticare che tutte hanno in comune il fatto di essere un servizio nella Chiesa;
b) in particolare, tutte condividono la chiamata a conformarsi all’esempio del Maestro, il quale ha detto di sé: «io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27). «Per i discepoli di Gesù, ieri oggi e sempre, l’unica autorità è l’autorità del servizio»[16]. Sono queste le coordinate fondamentali per crescere nell’esercizio dell’autorità e della responsabilità, in tutte le loro forme e a tutti i livelli della vita della Chiesa. È la prospettiva di quella conversione missionaria «destinata a rinnovare la Chiesa secondo l’immagine della missione d’amore propria di Cristo» (PE I,2);
c) in questa linea, i documenti della prima fase esprimono alcune caratteristiche dell’esercizio dell’autorità e della responsabilità in una Chiesa sinodale missionaria: atteggiamento di servizio e non di potere o controllo, trasparenza, incoraggiamento e promozione delle persone, competenza e capacità di visione, di discernimento, di inclusione, di collaborazione e di delega. Soprattutto si sottolineano l’attitudine e la disponibilità all’ascolto. Per questo si insiste sulla necessità di una formazione specifica a tali competenze per chi occupa posizioni di responsabilità e autorità, oltre che sull’attivazione di procedure di selezione più partecipative, in particolare per i Vescovi;
d) la prospettiva della trasparenza e della responsabilità è fondamentale per un esercizio autenticamente evangelico dell’autorità e della responsabilità. Tuttavia essa suscita anche timori e resistenze. Per questo è importante confrontarsi seriamente, con un atteggiamento di discernimento, con le acquisizioni più recenti delle scienze del management e della leadership. Inoltre, la conversazione dello Spirito è indicata come una modalità di gestione dei processi decisionali e di costruzione del consenso capace di generare fiducia e favorire un esercizio dell’autorità appropriato a una Chiesa sinodale;
e) le Assemblee continentali segnalano anche fenomeni di appropriazione del potere e dei processi di decisione da parte di alcuni che occupano posizioni di autorità e responsabilità. A questi fenomeni collegano la cultura del clericalismo e le diverse forme di abuso (sessuale, finanziario, spirituale e di potere), che erodono la credibilità della Chiesa compromettendo l’efficacia della sua missione, in modo particolare in quelle culture in cui il rispetto dell’autorità è un valore importante.
Domanda per il discernimento
Come comprendere ed esercitare l’autorità e la responsabilità a servizio della partecipazione di tutto il Popolo di Dio? Quale rinnovamento della comprensione e delle forme di esercizio concreto dell’autorità, della responsabilità e del governo è necessario per crescere come Chiesa sinodale missionaria?
Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria
1) L’insegnamento del Concilio Vaticano II a proposito della partecipazione di tutti alla vita e alla missione della Chiesa è effettivamente recepito nella coscienza e nella prassi delle Chiese locali, in modo particolare dai Pastori e da coloro che esercitano funzioni di responsabilità? Che cosa può favorirne una più profonda consapevolezza e valorizzazione nell’adempimento della missione della Chiesa?
2) Nella Chiesa ci sono ruoli di autorità e di responsabilità non legati al Sacramento dell’Ordine, che vengono esercitati a servizio della comunione e della missione negli istituti di vita consacrata e nelle società di vita apostolica, nelle associazioni e nelle aggregazioni laicali, nei movimenti ecclesiali e nelle nuove comunità, ecc. Come promuovere un esercizio di queste forme di autorità appropriato a una Chiesa sinodale e come vivere, in esse, la relazione con l’autorità ministeriale dei Pastori?
3) Quali elementi devono far parte della formazione all’autorità di tutti i responsabili ecclesiali? Come incentivare la formazione al metodo della conversazione nello Spirito e una sua applicazione autentica e incisiva?
4) Quali possono essere le linee di riforma di seminari e case di formazione, in modo che possano stimolare i candidati al Ministero ordinato a crescere in uno stile di esercizio dell’autorità appropriato a una Chiesa sinodale? In che modo vanno ripensate la Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis e i relativi documenti applicativi a livello nazionale? Come vanno riorientati i curricula nelle scuole di teologia?
5) Quali forme di clericalismo permangono nella comunità cristiana? Si registra ancora una percezione di distanza tra i Fedeli laici e i Pastori: che cosa può aiutare a superarla? Quali forme di esercizio dell’autorità e della responsabilità vanno superate in quanto non appropriate a una Chiesa costitutivamente sinodale?
6) In che misura la scarsità di Presbiteri in alcune regioni offre uno stimolo a interrogarsi sul rapporto tra Ministero ordinato, governo e assunzione di responsabilità nella comunità cristiana?
7) Che cosa possiamo imparare in materia di esercizio dell’autorità e della responsabilità dalle altre Chiese e Comunità ecclesiali?
8) In ogni epoca l’esercizio dell’autorità e della responsabilità all’interno della Chiesa è influenzato dai modelli di gestione e dall’immaginario del potere prevalenti nella società. In che modo possiamo prenderne consapevolezza ed esercitare un discernimento evangelico sulle pratiche di esercizio dell’autorità vigenti, nella Chiesa e nella società?
B 3.2 In che modo possiamo far evolvere in maniera autenticamente sinodale le pratiche di discernimento e i processi decisionali, valorizzando il protagonismo dello Spirito?
Come Chiesa sinodale siamo chiamati a discernere insieme quali passi fare per compiere la missione di evangelizzazione, sottolineando il diritto di tutti a partecipare alla vita e alla missione della Chiesa e sollecitando il contributo insostituibile di ogni Battezzato. Alla base di ogni discernimento vi sono il desiderio di compiere la volontà del Signore e la crescita nella familiarità con Lui attraverso la preghiera, la meditazione della Parola e la vita sacramentale, che ci rende capaci di scegliere come Lui sceglierebbe. A riguardo del posto del discernimento in una Chiesa sinodale missionaria:
a) dalle Assemblee continentali emerge con forza il desiderio di processi decisionali più condivisi, capaci di integrare il contributo di tutto il Popolo di Dio, ma anche le competenze di cui alcuni dispongono, nonché di coinvolgere quanti per diverse ragioni restano ai margini della vita della comunità, come le donne, i giovani, le minoranze, i poveri e gli esclusi. Questo desiderio si salda con l’insoddisfazione per forme di esercizio dell’autorità in cui le decisioni sono prese senza consultazione;
b) le Assemblee continentali danno voce al timore di alcuni che vedono in competizione la dimensione sinodale e quella gerarchica, entrambe costitutive per la Chiesa. Emergono però anche segnali di segno opposto. Un primo esempio è l’esperienza che, quando l’autorità prende decisioni all’interno di processi di tipo sinodale, la comunità riesce più facilmente a riconoscerne la legittimità e ad accoglierle. Un secondo esempio è la crescente consapevolezza che la mancanza di scambio con la comunità indebolisce il ruolo dell’autorità, consegnandolo talvolta a un esercizio di affermazione del potere. Un terzo esempio è l’affidamento di responsabilità ecclesiali a Fedeli laici, che le esercitano in modo costruttivo e non oppositivo, in regioni in cui il numero di Ministri ordinati è molto scarso;
c) l’ampia adozione del metodo della conversazione nello Spirito durante la fase della consultazione ha permesso a molti di fare esperienza di alcuni degli elementi di un processo di discernimento comunitario e di modalità partecipate di costruzione del consenso, senza occultare i conflitti né creare polarizzazioni;
d) coloro che svolgono compiti di governo e di responsabilità sono chiamati a suscitare, facilitare e accompagnare processi di discernimento comunitario che comprendano l’ascolto del Popolo di Dio. In particolare, compete all’autorità del Vescovo un fondamentale servizio di animazione e di validazione del carattere sinodale di tali processi e di conferma della fedeltà delle conclusioni a quanto emerso durante lo svolgimento. In particolare, spetta ai Pastori la responsabilità di verificare la consonanza tra le aspirazioni delle loro comunità e il «sacro deposito della Parola di Dio affidato alla Chiesa» (DV 10), consonanza che permette di considerare quelle aspirazioni una genuina espressione del senso della fede del Popolo di Dio;
e) la prospettiva del discernimento comunitario interpella la Chiesa a tutti i livelli e in tutte le sue articolazioni e forme organizzative. Oltre alle strutture parrocchiali e diocesane, riguarda anche i processi decisionali di associazioni, movimenti e aggregazioni laicali, dove incrocia meccanismi istituzionali che prevedono ordinariamente il ricorso a strumenti come il voto. Chiama in causa il modo in cui gli organi decisionali delle istituzioni legate alla Chiesa (scuole, università, fondazioni, ospedali, centri di accoglienza e azione sociale, ecc.) individuano e formulano indirizzi operativi. Infine, interpella gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica con modalità che intersecano le peculiarità dei loro carismi e del loro diritto proprio (cfr. DTC 81);
f) adottare processi decisionali che ricorrano stabilmente al discernimento comunitario esige una conversione che è personale, comunitaria, culturale e istituzionale, oltre che un investimento formativo.
Domanda per il discernimento
Come possiamo pensare processi decisionali più partecipativi, che diano spazio all’ascolto e al discernimento comunitario, sostenuti dall’autorità intesa come servizio di unità?
Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria
1) Quale spazio ha l’ascolto della Parola di Dio nei nostri processi decisionali? Come fare spazio al protagonismo dello Spirito Santo concretamente e non solo a parole?
2) In che modo la conversazione nello Spirito, che apre al dinamismo del discernimento comunitario, può contribuire al rinnovamento dei processi decisionali nella Chiesa? In che modo può essere “istituzionalizzata” e diventare una prassi ordinaria? Quali modifiche del diritto canonico sono necessarie?
3) Come si può promuovere il ministero del facilitatore di processi di discernimento comunitario, assicurando a chi lo svolge adeguata formazione e accompagnamento? Come possiamo formare i Ministri ordinati ad accompagnare processi di discernimento comunitario?
4) In che modo può essere favorita la partecipazione di donne, giovani, minoranze, voci marginali nei processi di discernimento e decisione?
5) In che modo una più chiara articolazione tra l’interezza del processo decisionale e il momento specifico di presa della decisione, può aiutarci a identificare meglio ciò che in ciascuna fase compete ai diversi attori? Come capiamo il rapporto tra processo decisionale e discernimento in comune?
6) In che modo le Consacrate e i Consacrati possono e devono partecipare ai processi decisionali delle Chiese locali? Che cosa si può imparare dalla loro esperienza e dalle loro diverse spiritualità in materia di discernimento e processi decisionali? Che cosa possiamo apprendere da associazioni, movimenti e aggregazioni laicali?
7) Come è possibile affrontare in modo costruttivo i casi in cui l’autorità ritenga di non poter confermare le conclusioni raggiunte da un processo di discernimento comunitario e prenda una decisione in una diversa direzione? Che tipo di restituzione tale autorità deve offrire a chi ha partecipato al processo?
8) Che cosa possiamo apprendere dalla società e della cultura in termini di gestione di processi partecipativi? Quali modelli possono invece rivelarsi un ostacolo per la costruzione di una Chiesa più sinodale?
9) Quali apporti possiamo accogliere dall’esperienza delle altre Chiese e Comunità ecclesiali? E da quella delle altre religioni? Quali stimoli delle culture indigene, minoritarie e degli oppressi possono aiutarci a ripensare i nostri processi decisionali? Quali intuizioni ci vengono dalle esperienze che hanno luogo nell’ambiente digitale?
B 3.3. Quali strutture possono essere sviluppate per consolidare una Chiesa sinodale missionaria?
Le Assemblee continentali esprimono con forza il desiderio che il modo di procedere sinodale, sperimentato nel cammino in corso, penetri nella vita quotidiana della Chiesa a tutti i livelli, rinnovando le strutture esistenti – a partire dai Consigli pastorali diocesani e parrocchiali, dai Consigli degli affari economici, dai Sinodi diocesani o eparchiali – oppure istituendone di nuove. Senza sminuire l’importanza del rinnovamento delle relazioni all’interno del Popolo di Dio, l’intervento sulle strutture è indispensabile per consolidare i cambiamenti nel tempo. In particolare:
a) per non restare sulla carta o essere affidata solo alla buona volontà dei singoli, la corresponsabilità nella missione derivante dal Battesimo ha bisogno di concretizzarsi in forme strutturate. Servono perciò ambiti istituzionali adeguati, così come spazi in cui il discernimento comunitario possa essere praticato in modo regolare. Non si tratta di una richiesta di ridistribuzione del potere, ma dell’esigenza che sia possibile l’esercizio fattivo della corresponsabilità derivante dal Battesimo. Quest’ultimo conferisce a ciascuno diritti e doveri, che devono poter essere esercitati secondo i carismi e i ministeri di ciascuno;
b) per questo è necessario che strutture e istituzioni funzionino con procedure adeguate: trasparenti, focalizzate sulla missione, aperte alla partecipazione, capaci di fare spazio alle donne, ai giovani, alle minoranze e ai poveri ed emarginati. Questo vale per gli organismi di partecipazione già menzionati, il cui ruolo va riaffermato e consolidato, ma anche: per gli organi decisionali di associazioni, movimenti e nuove comunità; per gli organi di governo di istituti di vita consacrata e società di vita apostolica (in modo appropriato al peculiare carisma di ciascuno di essi); per le molte e diverse istituzioni, spesso sottoposte anche alla normativa civile, attraverso cui si realizza l’azione missionaria e il servizio della comunità cristiana: scuole, ospedali, università, mass media, centri di accoglienza e di azione sociale, centri culturali, fondazioni, ecc.;
c) la richiesta di una riforma di strutture e istituzioni e meccanismi di funzionamento nel senso della trasparenza è particolarmente forte nei contesti più segnati dalla crisi degli abusi (sessuali, economici, spirituali, psicologici, istituzionali, di coscienza, di potere, di giurisdizione). Parte del problema è spesso l’inadeguatezza della gestione dei casi di abuso e questo chiama in causa meccanismi e procedure di funzionamento di strutture e istituzioni, oltre alla mentalità delle persone che operano al loro interno. La prospettiva della trasparenza e della corresponsabilità suscita anche timori e resistenze; per questo è necessario approfondire il dialogo, creando opportunità di condivisione e confronto a tutti i livelli;
d) il metodo della conversazione dello Spirito si rivela particolarmente prezioso per ricostruire la fiducia in quei contesti dove, per diverse ragioni, si sia instaurato un clima di sfiducia tra le diverse componenti del Popolo di Dio. Un cammino di conversione e di riforma, in ascolto della voce dello Spirito, domanda strutture e istituzioni in grado di accompagnarlo e sostenerlo. Le Assemblee continentali esprimono con forza il convincimento che da sole le strutture non bastano, ma serve anche un cambiamento di mentalità, per cui è necessario un investimento sulla formazione;
e) inoltre, sembra opportuno intervenire anche sul diritto canonico, riequilibrando il rapporto tra il principio di autorità, fortemente affermato nella normativa vigente, e il principio di partecipazione; rafforzando l’orientamento sinodale degli istituti già esistenti; creando nuovi istituti, ove ciò appaia necessario per le esigenze della vita della comunità; vigilando sull’effettiva applicazione della normativa.
Domanda per il discernimento
Una Chiesa sinodale ha bisogno di vivere la corresponsabilità e la trasparenza: in che modo questa consapevolezza può costituire la base per la riforma di istituzioni, strutture e procedure, in modo da consolidare il cambiamento nel tempo?
Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria
1) Come devono cambiare le strutture canoniche e le procedure pastorali per favorire corresponsabilità e trasparenza? Le strutture di cui disponiamo sono adeguate a garantire la partecipazione o ne servono di nuove?
2) In che modo il diritto canonico può contribuire al rinnovamento di strutture e istituzioni? Quali cambiamenti paiono necessari o opportuni?
3) Quali ostacoli (mentali, teologici, pratici, organizzativi, finanziari, culturali) si frappongono alla trasformazione degli organismi di partecipazione attualmente previsti dal diritto canonico in organi di effettivo discernimento comunitario? Quali riforme sono necessarie perché possano sostenere in maniera effettiva, creativa e vivace la missione? Come è possibile renderli più aperti alla presenza e al contributo delle donne, dei giovani, dei poveri, dei migranti, dei membri delle minoranze e di coloro che per varie ragioni si trovano ai margini della vita della comunità?
4) In che modo la prospettiva della Chiesa sinodale interpella le strutture e le procedure della vita consacrata e delle diverse forme di aggregazioni laicali? E il funzionamento delle istituzioni legate alla Chiesa?
5) In quali aspetti della vita delle istituzioni è necessario uno sforzo di maggiore trasparenza (rendicontazione economica e finanziaria, selezione dei candidati ai posti di responsabilità, nomine, ecc.)? Con quali strumenti possiamo realizzarlo?
6) La prospettiva della trasparenza e dell’apertura a processi di consultazione e di discernimento in comune suscita anche timori. Come si manifestano? Di che cosa hanno paura coloro che esprimono questi timori? Como possono essere affrontate e superate queste paure?
7) In che misura è possibile distinguere tra i membri di un’istituzione e l’istituzione stessa? Le responsabilità in merito alla gestione dei casi di abuso sono individuali o sistemiche? In che modo la prospettiva sinodale può contribuire a creare una cultura di prevenzione degli abusi di ogni tipo?
8) Che cosa possiamo imparare dal modo in cui le istituzioni pubbliche e il diritto pubblico e civile cercano di rispondere all’esigenza di trasparenza e accountability che viene dalla società (separazione dei poteri, organi di controllo indipendenti, obblighi di pubblicità di alcune procedure, limiti alla durata degli incarichi, ecc.)?
9) Che cosa possiamo imparare dall’esperienza delle altre Chiese e Comunità ecclesiali in materia di funzionamento di strutture e istituzioni in uno stile sinodale?
B 3.4 Come configurare le istanze di sinodalità e collegialità che coinvolgono raggruppamenti di Chiese locali?
La prima fase del processo sinodale ha messo in evidenza il ruolo delle istanze di sinodalità e collegialità che raggruppano varie Chiese locali: le Strutture Gerarchiche Orientali e, nella Chiesa latina, le Conferenze Episcopali (cfr. PE I,7), che, con lo svolgimento della tappa continentale, hanno praticato una istanza ulteriore di sinodalità e collegialità. I Documenti elaborati nelle diverse tappe sottolineano come la consultazione del Popolo di Dio nelle Chiese locali e le successive tappe di discernimento siano state una vera esperienza di ascolto dello Spirito attraverso l’ascolto gli uni degli altri. Dalla ricchezza di questa esperienza è possibile trarre spunti per la costruzione di una Chiesa sempre più sinodale:
a) il processo sinodale può diventare «un dinamismo di comunione che ispira tutte le decisioni ecclesiali»[17], perché coinvolge realmente tutti i soggetti – il Popolo di Dio, il Collegio episcopale, il Vescovo di Roma –, ciascuno secondo la propria funzione. Lo svolgersi ordinato delle tappe ha fugato la paura che la consultazione del Popolo di Dio comportasse un indebolimento del ministero dei Pastori. Anzi, la consultazione è stata possibile perché è stata avviata da ogni Vescovo, quale «visibile principio e fondamento di unità» (LG 23) nella sua Chiesa. Successivamente, nelle Strutture Gerarchiche Orientali e nelle Conferenze Episcopali, i Pastori hanno compiuto un atto di discernimento collegiale sui contributi provenienti dalle Chiese locali. Dunque il processo sinodale ha propiziato un reale esercizio della collegialità episcopale in una Chiesa tutta sinodale;
b) la questione dell’esercizio della sinodalità e della collegialità in istanze che coinvolgono gruppi di Chiese locali accomunate da tradizioni spirituali, liturgiche e disciplinari, da contiguità geografica e da prossimità culturale, a partire dalle Conferenze Episcopali, ha bisogno di una rinnovata riflessione teologica e canonica: in esse «la communio Episcoporum si è espressa al servizio della communio Ecclesiarum basata sulla communio Fidelium» (PE I,7).
c) una ragione per affrontare questo compito emerge in Evangelii gaudium: «Non è opportuno che il Papa sostituisca gli Episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori. In questo senso, avverto la necessità di procedere in una salutare “decentralizzazione”» (n. 16). In occasione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, il Santo Padre ha precisato che la sinodalità non è esercitata solo al livello delle Chiese locali e a quello della Chiesa universale, ma anche al livello dei raggruppamenti di Chiese, come le Province e le Regioni ecclesiastiche, i Concili particolari e soprattutto le Conferenze Episcopali: «dobbiamo riflettere per realizzare ancora di più, attraverso questi organismi, le istanze intermedie della collegialità, magari integrando e aggiornando alcuni aspetti dell’antico ordinamento ecclesiastico»
[18].
Domanda per il discernimento
Alla luce dell’esperienza sinodale fin qui vissuta, come può la sinodalità trovare migliore espressione in e attraverso istituzioni che coinvolgono gruppi di Chiese locali, come i Sinodi dei Vescovi e i Consigli dei Gerarchi delle Chiese Orientali Cattoliche, le Conferenze Episcopali e le Assemblee continentali, affinché le si «concepisca come soggetti di attribuzione concreta, includendo anche qualche autorità dottrinale» (EG 32) in una prospettiva missionaria?
Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria
1) La dinamica sinodale di ascolto dello Spirito attraverso l’ascolto gli uni degli altri si offre come la strada più praticabile per tradurre in atto la collegialità episcopale in una Chiesa tutta sinodale. A partire dall’esperienza del processo sinodale:
a) come rendere l’ascolto del Popolo di Dio la forma abituale per realizzare i processi decisionali nella Chiesa a tutti i livelli della sua vita?
b) Come realizzare nelle Chiese locali l’ascolto del Popolo di Dio? In particolare, come valorizzare gli organismi di partecipazione, perché siano “luoghi” effettivi di ascolto e discernimento ecclesiale?
c) Come ripensare i processi decisionali a livello degli organismi episcopali delle Chiese Orientali Cattoliche e delle Conferenze Episcopali a partire dall’ascolto del Popolo di Dio nelle Chiese locali?
d) Come integrare nella normativa canonica l’istanza continentale?
2) Poiché la consultazione nelle Chiese locali è ascolto effettivo del Popolo di Dio, il discernimento dei Pastori assume il carattere di atto collegiale che conferma autorevolmente ciò che lo Spirito ha detto alla Chiesa mediante il senso della fede del Popolo di Dio:
a) che grado di autorità dottrinale può essere attribuito al discernimento delle Conferenze Episcopali? Come si regolano le Chiese Orientali Cattoliche a riguardo dei loro organismi episcopali?
b) Che grado di autorità dottrinale può essere attribuito al discernimento di un’Assemblea continentale? O degli organismi che riuniscono le Conferenze Episcopali su scala continentale o comunque internazionale?
c) Quale ruolo ricopre il Vescovo di Roma rispetto a questi processi che interessano raggruppamenti di Chiese? Con quali modalità lo può esercitare?
3) Quali elementi dell’antico ordinamento ecclesiastico è opportuno integrare e aggiornare per rendere effettivamente le Strutture Gerarchiche Orientali, le Conferenze Episcopali e le Assemblee continentali istanze intermedie di sinodalità e collegialità?
4) Il Concilio Vaticano II afferma che dalla reciproca comunicazione dei rispettivi doni tutta la Chiesa e tutte le sue parti traggono vantaggio (cfr. LG 13):
a) che valore possono avere per le altre Chiese le deliberazioni di un Concilio plenario, di un Concilio particolare, di un Sinodo diocesano?
b) Quali spunti possiamo trarre dalla ricca esperienza sinodale delle Chiese Orientali Cattoliche?
c) In che misura la convergenza di più raggruppamenti di Chiese locali (Concili particolari, Conferenze Episcopali, ecc.) sulla medesima questione impegna il Vescovo di Roma ad assumerla per la Chiesa universale?
d) In che modo va esercitato il servizio dell’unità affidato al Vescovo di Roma quando istanze locali dovessero assumere orientamenti tra loro difformi? Quali spazi vi sono per una varietà di orientamenti tra regioni diverse?
5) Che cosa possiamo apprendere dall’esperienza di altre Chiese e Comunità ecclesiali in materia di raggruppamenti di Chiese locali per esercitare la collegialità e la sinodalità?
B 3.5 Come potenziare l’istituzione del Sinodo perché sia espressione della collegialità episcopale all’interno di una Chiesa tutta sinodale?
Con il Motu Proprio Apostolica sollicitudo (15 settembre 1965) San Paolo VI istituì il Sinodo come «un consiglio permanente di Vescovi per la Chiesa universale». Egli accoglieva così la richiesta dell’aula conciliare di garantire la partecipazione dei Vescovi alla sollecitudine per tutta la Chiesa, avendo cura di precisare che «questo Sinodo, come ogni istituzione umana, con il passare del tempo potrà essere perfezionato». Con la Costituzione Apostolica Episcopalis communio (15 settembre 2018) papa Francesco ha dato un’attuazione a quest’auspicato “perfezionamento”, trasformando il Sinodo da evento circoscritto a un’assemblea di Vescovi a processo di ascolto articolato per fasi (cfr. art. 4), nel quale tutta la Chiesa e tutti nella Chiesa – Popolo di Dio, Collegio episcopale, Vescovo di Roma – sono realmente partecipi.
a) Il Sinodo 2021-2024 sta manifestando con evidenza che il processo sinodale costituisce il contesto più adatto per l’esercizio integrato del primato, della collegialità e della sinodalità come elementi irrinunciabili di una Chiesa in cui ogni soggetto svolge la propria peculiare funzione al meglio e in sinergia con gli altri;
b) spetta al Vescovo di Roma convocare la Chiesa in Sinodo, indicendo un’Assemblea per la Chiesa universale, come pure avviare, accompagnare e concludere il relativo processo sinodale. Tale prerogativa gli compete in quanto «visibile principio e fondamento di unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei Fedeli» (LG 23);
c) dal momento che «i singoli Vescovi, invece, sono il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese particolari […] ed è in esse e a partire da esse che esiste la Chiesa Cattolica una e unica» (LG 23), spetta a ciascun Vescovo diocesano avviare, accompagnare e concludere la consultazione del Popolo di Dio nella sua Chiesa. Alla luce della sollecitudine che i Vescovi hanno per la Chiesa universale (cfr. LG 23), è altresì loro responsabilità cooperare in quegli organismi sovradiocesani in cui si attua l’esercizio della sinodalità e della collegialità, svolgendovi la funzione di discernimento ecclesiale propria del ministero episcopale;
d) benché tali organismi non riuniscano l’intero Collegio episcopale, il discernimento svolto dai Pastori attraverso di essi assume un carattere collegiale, per la finalità stessa dell’atto. Infatti, le Assemblee di Vescovi all’interno del processo sinodale hanno il compito di vagliare i risultati delle consultazioni nelle Chiese locali, nelle quali si manifesta il senso della fede del Popolo di Dio. Come potrebbe un atto non collegiale discernere ciò che lo Spirito dice alla Chiesa attraverso la consultazione del Popolo di Dio che «non può sbagliarsi nel credere» (LG 12) ?;
e) l’esperienza sinodale fin qui vissuta ha mostrato anche come sia possibile sviluppare un esercizio effettivo della collegialità in una Chiesa sinodale: sebbene il discernimento sia un atto che spetta soprattutto «a chi nella Chiesa ha il compito di presiedere» (LG 12), esso ha guadagnato in profondità e aderenza alle questioni da vagliare grazie al contributo degli altri membri del Popolo di Dio che hanno preso parte alle Assemblee continentali.
Domanda per il discernimento
Alla luce della relazione dinamica e circolare tra sinodalità della Chiesa, collegialità episcopale e primato petrino, come si dovrebbe perfezionare l’istituzione del Sinodo perché diventi spazio certo e garantito di esercizio della sinodalità, assicurando a tutti – Popolo di Dio, Collegio dei Vescovi e Vescovo di Roma – la piena partecipazione, nel rispetto delle specifiche funzioni? Come valutare l’esperimento dell’estensione partecipativa a un gruppo di “non vescovi” nella prima sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (ottobre 2023)?
Spunti per la preghiera e la riflessione preparatoria
1) Il processo sinodale introduce nella Chiesa «un dinamismo di comunione che ispira tutte le decisioni ecclesiali»[19]:
a) Come tale dinamismo può diventare la modalità abituale di procedere a tutti i livelli di vita della Chiesa?
b) Come il principio di autorità si inserisce al suo interno?
c) Come esso modifica la comprensione dell’autorità nella Chiesa ai diversi livelli, compresa quella del Vescovo di Roma?
2) La prima fase del percorso sinodale attua il movimento dal particolare all’universale, con la consultazione del Popolo di Dio nelle Chiese locali e i successivi atti di discernimento nelle Strutture Gerarchiche Orientali e nelle Conferenze Episcopali, prima, e nelle Assemblee continentali, poi:
a) Come assicurarsi che la consultazione raccolga veramente la manifestazione del senso della fede del Popolo di Dio che vive in una determinata Chiesa?
b) Come si può rafforzare nelle Strutture Gerarchiche Orientali, nelle Conferenze Episcopali e nelle Assemblee continentali il «legame fecondo tra il sensus fidei del Popolo di Dio e la funzione di Magistero dei Pastori» (DP 14)?
c) Quanto è auspicabile una presenza di membri qualificati del Popolo di Dio anche nelle Assemblee delle Conferenze Episcopali, oltre che nelle Assemblee continentali?
d) Quale funzione possono ricoprire organismi ecclesiali stabilmente formati non da soli Vescovi, come la Conferenza Ecclesiale recentemente istituita per la Regione Amazzonica?
3) La seconda fase del percorso sinodale esprime nell’Assemblea di Vescovi convocati a Roma l’universalità della Chiesa che si pone in ascolto di quanto lo Spirito ha detto al Popolo di Dio:
a) Come si inserisce quest’Assemblea episcopale all’interno del processo sinodale?
b) Come realizza la continuità con la prima fase del processo sinodale? È sufficiente la presenza di testimoni qualificati a garantirla?
c) Se le Assemblee delle Conferenze Episcopali e le Assemblee continentali sono atti di discernimento, come si caratterizza e che valore ha questo ulteriore atto di discernimento?
4) La terza fase prevede il movimento di restituzione dei risultati dell’Assemblea sinodale alle Chiese locali e la loro attuazione: che cosa può essere d’aiuto perché si realizzi pienamente la “mutua interiorità” tra dimensione universale e dimensione locale dell’unica Chiesa?
______________________
[1] D’ora in poi, per brevità e salvo diversa specificazione, le espressioni “Assemblea” e “Assemblea sinodale” indicano la sessione di ottobre 2023, al servizio del cui svolgimento si pone il presente IL.
[2] Francesco, Discorso per la commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015 (cfr. DP 15).
[3] L’espressione «Chiesa locale» indica qui ciò che il Codice di diritto canonico chiama «Chiesa particolare».
[4] Nella sezione B si offriranno le ragioni per l’inversione dell’ordine rispetto al sottotitolo del Sinodo: cfr. infra n. 44.
[5] Francesco, Momento di riflessione per l’inizio del percorso sinodale, 9 ottobre 2021.
[6] Francesco, Discorso per la commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015.
[7] Ad esempio, al n. 128 il Documento Finale afferma: «Non basta dunque avere delle strutture, se in esse non si sviluppano relazioni autentiche; è la qualità di tali relazioni, infatti, che evangelizza».
[8] Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera Iuvenescit Ecclesia, 15 maggio 2016, 13-18.
[9] Francesco, Momento di riflessione per l’inizio del percorso sinodale, 9 ottobre 2021.
[10] XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, I giovani, la fede e il discernimento vocazionale. Documento Finale, 27 ottobre 2018, 25.
[11] Francesco, Discorso a Sua Santità Mar Awa III Catholicos-Patriarca della Chiesa Assira dell’Oriente, 19 novembre 2022.
[12] Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, Il Vescovo e l’unità dei Cristiani: Vademecum ecumenico, 5 giugno 2020, 4.
[13] San Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Ut unum sint, 25 maggio 1995, 95; testo citato in EG 32 ed EC 10.
[14] Francesco, Discorso alla preghiera ecumenica, Centro Ecumenico WCC (Ginevra), 21 giugno 2018.
[15] Cfr. Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istruzione Varietates legitimae, 25 gennaio 1994.
[16] Francesco, Discorso per la commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015.
[17] Ibid.
[18] Ibid.
[19] Ibid.
(foto © Vatican Media) Il Faro online, il tuo quotidiano sempre con te – Clicca qui per leggere tutte le notizie di Papa & Vaticano
ilfaroonline.it è su TELEGRAM. Per iscriverti al canale Telegram con solo le notizie di Papa & Vaticano, clicca su questo link.
ilfaroonline.it è anche su GOOGLE NEWS. Per essere sempre aggiornato sulle nostre notizie, clicca su questo link e seleziona la stellina in alto a destra per seguire la fonte