Sull’aereo della speranza: in viaggio con i piloti dei voli salva-vita
Abbiamo incontrato i piloti del 31mo Stormo dell’Aeronautica Militare che da quasi un secolo mette a disposizione degli italiani mezzi ed equipaggi pronti a decollare in qualunque momento assicurando trasporti sanitari di neonati e non in imminente pericolo di vita
Roma – Seduti sul divano a giocare con i figli, a cena con gli amici, una festa con i parenti. D’improvviso squilla il telefono. La chiamata dura pochi secondi. E la serenità del momento deve interrompersi di colpo. Qualcuno è in pericolo e ha bisogno di “volare” per essere salvato.
Non c’è un momento da perdere: si lascia tutto e ci si precipita a Ciampino, dove un aereo è già pronto a decollare con a bordo un orsacchiotto di peluche “aviatore”.
E’ la complicata vita dei piloti e degli assistenti di volo del 31mo Stormo dell’Aeronautica Militare che ha la sua base proprio nello scalo aeroportuale della Capitale. Attivi 24 ore su 24, 7 giorni su 7, sono pronti a decollare a qualsiasi ora del giorno e della notte per dare una chance a chi, improvvisamente, si trova a lottare tra la vita e la morte. Una vita che, spesso, è appena iniziata.
Non è raro, infatti, che su quegli aerei, gli stessi su cui volano le più alte cariche dello Stato, ci siano neonati bisognosi di cure mediche particolari. E allora poco importa della cena lasciata a metà. Davanti a quel corpicino che chiede auto tutto passa in secondo piano.
Ne sono ben consapevoli il maggiore Riccardo Boselli e il primo luogotenente Paolo Moroni, rispettivamente pilota e assistente di volo, in servizio da anni presso Stormo dell’Aeronautica Militare. Un reparto particolare che si occupa di tipologie altrettanto particolari di viaggio: i voli di Stato (tra cui si annoverano anche i viaggi in elicottero sul suolo italiano del Papa) che sono gestiti direttamente da Palazzo Chigi, i voli di recupero degli italiani all’estero che per determinati motivi devono essere rimpatriati, e i voli cosiddetti salva-vita.
“Due ore: è il limite di tempo massimo entro cui deve iniziare una missione su suolo italiano – racconta a ilfaroonline.it il maggiore Boselli -. Ogni missione di salvataggio che effettuiamo, sia essa di giorno o di notte, ti segna nel profondo”. Missioni che possono essere effettuate, a seconda delle esigenze, con aerei o elicotteri. La flotta a disposizione del 31mo Stormo è composta infatti da quattro tipi di velivoli.
C’è poi un Dassault Falcon 50, (trireattori capaci di volare a 880 km/h in crociera, garantendo un’autonomia di circa 6mila chilometri) che, a seconda delle esigenze, possono trasformarsi da aerei per “VIP” con nove passeggeri a “trasporto sanitario”, con due barelle e cinque passeggeri in pochissimo tempo. Ma ci sono anche due Dassault Falcon 900EX che, con oltre 8mila chilometri di autonomia, è in grado di volare nelle tratte transatlantiche senza scali intermedi, anche in presenza di forti venti contrari. Dal 2005 presso il 31mo Stormo è attivo anche un Falcon 900 con l’aggiornamento EASy (Enhanced Avionics System).
Vi sono poi gli elicotteri HH-139A, denominati VH-139A, dotati di interni confortevoli, sistemi di autoprotezione e sistemi di comunicazione satellitari e criptati. Poiché impiegato prevalentemente per i viaggi italiani del Pontefice, il VH-139 ha, nel tempo, assunto il vezzeggiativo di “Papacottero”.
Non mancano gli Airbus A.319 CJ (Corporate Jetliner). Anche questi velivoli hanno due diverse configurazioni interne, una con due cabine per le autorità (otto posti con telefoni satellitari e cabine letto) e una parte posteriore con 36 posti per lo staff, l’altra con un solo salottino anteriore e 50 posti per i passeggeri. Anche i VC-319, in caso di necessità, possono, rimuovendo alcuni sedili nella parte posteriore, ospitare delle barelle per i voli sanitari.
“Il nostro percorso – ci spiega il pilota – va di pari passo con l’evoluzione delle tecnologie sanitarie. Nel nostro Paese abbiamo degli istituti che sono delle vere e proprie eccellenze. Penso al Meyer, al Niguarda o al Gaslini. E ancor di più al Bambino Gesù di Roma, con cui abbiamo una lunga collaborazione alle spalle. Per noi sono ospedali come questi i punti di riferimento poiché hanno adeguate sale chirurgiche o reparti specializzati che possono in poco tempo attrezzarsi per ricevere i bambini, o gli adulti, che portiamo a bordo”.
Del resto quelli che effettuano i piloti del 31mo sono chiamati voli salva-vita proprio per questo: “Decolliamo da Ciampino, arriviamo a Cagliari e prediamo in carica il paziente assieme all’equipe medica e lo portiamo in pochissimo tempo a Genova. Poi si ritorna alla base di Ciampino”. Quando ci si alza in volo? “Dipende dai casi. Spesso ci capita di portare culle termiche con neonati. Pochi giorni fa – prosegue il maggiore Boselli – ci è capitato di portare un piccolo nato settimino di pochi giorni con problemi respiratori”. Ma la missione aerea decolla anche in caso di trapianto: “Anche se in questo caso bisogna valutare molti più aspetti. La compatibilità dell’organo, la presenza di un’equipe medica competente…”.
E per salire quegli aerei l’addestramento è rigoroso: si svolge attraverso simulatori di volo ma anche a bordo degli aerei stessi. Ci si esercita da soli ma anche in team, perché in fondo queste missioni salva-vita vengono sfolte da un’equipaggio che più volte l’anno si riunisce per addestramenti di squadra. Per gli assistenti di volo, che stanno a contatto diretto con il paziente e i suoi familiari, è prevista anche una formazione medica.
“La concentrazione è fondamentale. Eppure ogni volo che facciamo è come se fosse il primo. Quando ti rendi conto che porti un essere umano indifeso e vedi i genitori che si affidano completamente a te lascia un segno indelebile”, confida il maggiore.
Eppure, non tutti i voli vanno a buon fine. Il primo luogotenente Moroni, che ha una lunga esperienza, ricorda annovera tra i voli che più lo hanno segnato anche un decesso: “Ricordo questa signora che ebbe un infarto durante il matrimonio del figlio. Decollammo da Ciampino per andare a prenderla in Puglia, vicino Lecce. Dovevamo portarla a Falconara ma, purtroppo, morì a bordo”. Una festa che si trasforma in tragedia, però, non scoraggia gli equipaggi cdel 31mo Stormo. “Nelle tratte più lunghe capita che si entri un po’ più in confidenza con i familiari dei parenti. E non di rado poi ci arrivano cartoline o lettere di ringraziamento firmate o dai parenti o proprio da chi in quel momento stava lottando contro la morte”.
“A cosa si pensa quando siamo lassù? Non è facile rispondere – ammette il pilota -. Ognuno di noi ha figli, grandi o piccoli, qualcun altro li aspetta. E portare in volo un neonato ha sicuramente un carico emotivo maggiorato a seconda di quello che viviamo nelle nostre famiglie. Quello che ci porta avanti sono però le forme d’addestramento che ci permette di avere una concentrazione e una condotta tale che ogni missione si svolga in totale sicurezza”.
“In volo cerchiamo di far sentire paziente e i parenti come se fossero in famiglia – racconta l’assistente di volo -. La serenità è fondamentale. Gli offriamo un caffè o un biscotto. Davanti ai pazienti soprattutto quelli più piccoli, non si può rimanere freddi e distaccati. Tutti collaboriamo al benessere delle persone che per poche ore sono a bordo del vostro aeroplano. In questi anni sono nate e continuano a nascere tante amicizie”. Perché in fondo di questo si tratta. Di dare una speranza a chi improvvisamente vede la fine.
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