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Israele dichiara lo stato di guerra: pioggia di missili su Gaza

9 ottobre 2023 | 09:01
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Israele è in guerra- Una colonna di tank si dirige verso Gaza. Diluvio di bombe sulla Striscia, colpiti centinaia di obiettivi di Hamas, che a sua volta rivendica “un massiccio attacco missilistico con 100 razzi”

Tel Aviv – A nulla è valso l’appello alla pace lanciato ieri da Papa Francesco: Israele, dopo l’attacco di Hamas, ha dichiarato lo stato di guerra e, con la solidarietà di buona parte dell’Occidente, contrattacca. Nelle ultime ore si registrano diversi bombardamenti nella Striscia di Gaza. A farlo sapere sono le Forze della difesa israeliana che affermano di aver colpito nella notte oltre 500 obiettivi e spiegano che ”obiettivo è quello di distruggere le capacità del gruppo terroristico di Hamas”.

Ma ”nelle ultime 20 ore le Forze della difesa israeliana (Idf) hanno condotto quattro raid aerei nella Striscia di Gaza nel quale sono stati colpiti 800 obiettivi”, ha inoltre scritto in un tweet il contrammiraglio Daniel Hagari, portavoce dell’Idf. ”Tra i 50 e i 60 aerei da combattimento hanno partecipato all’attacco”, ha spiegato.

A 48 ore dall’attacco lanciato da Hamas, in sei insediamenti del sud di Israele al confine con la Striscia di Gaza sono dunque ancora in corso combattimenti tra le Forze di difesa israeliane (Idf) e i miliziani, ha dichiarato il portavoce delle forze di difesa israeliane Hagari, in una conferenza stampa. I combattimenti sono in corso a Be’eri, Kfar Aza, Nirim e Alumim, ha precisato Hagari. Alcuni terroristi impegnati negli scontri si trovavano in Israele dopo l’attacco preliminare di sabato, mentre altri hanno attraversato il confine negli ultimi due giorni.

Tra gli obiettivi colpiti nelle ultime ore ci sono diversi posti di comando, un edificio che ospita agenti di Hamas, un centro di comando utilizzato da un alto funzionario delle forze navali di Hamas, una ”risorsa operativa utilizzata da Hamas” situata all’interno di una moschea a Jabaliya e una risorsa utilizzata dal gruppo terroristico per l’intelligence.

Le Forze della difesa israeliana (Idf) hanno inoltre respinto le accuse di carenza di persone e di equipaggiamenti tra le cause che hanno permesso a Hamas di sferrare il terribile attacco a Israele. ”Non c’è carenza di equipaggiamento nell’Idf. Ci vuole tempo per spostare alcune attrezzature, ma non mancano”, ha detto nel corso di un briefing il contrammiraglio Daniel Hagari, portavoce dell’Idf.

”Negli ultimi giorni l’Idf ha reclutato centinaia di migliaia di soldati riservisti per varie posizioni sul campo e nei quartieri generali. Contrariamente ai rumors, non c’è carenza di equipaggiamento nell’esercito”, ha dichiarato Hagari. ”L’Idf fornisce a soldati tutto l’euipaggiamento necessario per affrontare i vari compiti al fronte”, ma ”considerato il gran numero di reclutati, in alcuni casi ci vuole un po’ di tempo per consegnate gli equipaggiamenti”.

Attentanti sventati

Questa mattina le Forze di difesa israeliane hanno sventato un attentato terroristico a Hebron, in Cisgiordania, dove un uomo alla guida di un trattore stava cercando di speronare un posto di blocco. L’uomo ha condiviso una diretta social sul tentato attacco, ha detto l’Idf.

Secondo Israele, sono tra gli 800 e i mille i terroristi entrati sabato nel sud di Israele attraverso 80 varchi nella barriera di confine con la Striscia di Gaza. Sono stime dell’Idf, le forze della sicurezza israeliana, rilanciate dall’emittente Kan. L’operazione contro Hamas ”richiede più tempo del previsto”, ha dichiarato il contrammiraglio Daniel Hagari, in una conferenza stampa. “Ci vuole più tempo di quanto ci aspettassimo per riportare le cose in una posizione difensiva e di sicurezza”, ha affermato Hagari.

Durante la notte circa 70 terroristi di Hamas hanno varcato il confine tra Israele e la Striscia di Gaza e si sono infiltrati a Be’eri, ha dichiarato inoltre Hagari aggiungendo che la maggior parte di questi miliziani sono stati uccisi in battaglia con le truppe dell’Idf, ma altri sono ancora nascosti nelle case del kibbutz, ha precisato.in una conferenza stampa.

Hamas e Jihad Islamica: presi 130 ostaggi israeliani

Il movimento islamico palestinese di Hamas ha rivendicato di avere preso in ostaggio oltre 100 israeliani durante la sua incursione di sabato, mentre la Jihad islamica ha detto di averne rapiti una trentina. L’alto esponente di Hamas Musa Abu Marzouk ha aggiunto che tra gli ostaggi ci sono anche alti funzionari israeliani.

Fino a ora sono almeno 700 le persone che hanno perso la vita. Solo al rave attaccato da Hamas in Israele, vicino al confine con la Striscia di Gaza, si contano 260 morti.

Sono inoltre 2.100 le persone rimaste ferite e che risultano ricoverate in ospedale. Di queste, almeno 20 sono in condizioni critiche e 330 sono ferite gravemente. Sono invece 750 gli israeliani che risultano ancora dispersi dopo l’attacco. Molti, tra cui anche donne e bambini, sarebbero stati rapiti dai miliziani. E’ invece salito a 436 morti palestinesi, tra cui 91 bambini e 61 donne, e 2.271 feriti il bilancio della rappresaglia israeliana contro la Striscia di Gaza dopo l’attacco sferrato sabato da Hamas. Lo rende noto il ministero della Sanità della Striscia di Gaza.

Attacco a Israele: l’Iran ha aiutato Hamas

L’Iran ha aiutato Hamas a pianificare e organizzare l’attacco contro Israele. Teheran ha dato l’ok all’azione a sorpresa, compiuta sabato 7 ottobre, in un incontro avvenuto tra emissari del regime iraniano e membri di Hamas lunedì scorso 2 ottobre a Beirut, in Libano. E’ la ricostruzione del Wall Street Journal, basata sulle informazioni fornite da membri di primo piano di Hamas e di Hezbollah.

”Abbiamo notizie di diversi americani che sono stati uccisi e risultano dispersi” in Israele durante l’attacco di Hamas e ”stiamo lavorando oltremodo per verificarlo”, ha detto il segretario di Stato Usa Antony Blinken alla Cnn. “Incrollabile sostegno allo Stato di Israele” è stato ribadito dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden nella seconda telefonata, dopo quella di ieri, con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Lo ha reso noto l’ufficio del premier.