Riconoscimento della fibromialgia in Italia: un percorso lungo sette anni
Un viaggio di sette anni intrapreso da CFU Italia per il riconoscimento della fibromialgia come malattia cronica e invalidante, affrontando ostacoli burocratici e raccogliendo il supporto bipartisan.
Dal 2016, l’associazione CFU Italia ha percorso un lungo cammino per il riconoscimento della fibromialgia (FM) come malattia cronica e invalidante. Questi anni sono stati caratterizzati da un lavoro incessante e da slalom tra i diversi rappresentanti del Governo.
Barbara Suzzi, presidente di CFU Italia Odv, ricorda i passi importanti di questo percorso: “In questa legislatura sono stati depositati ben 6 disegni di legge sull’argomento: 246, 400, 485, 546 e poi il nostro 601 a cui è seguito il 603. Un testo completo ed esaustivo, l’unico stilato dai pazienti con la collaborazione del Professor William Raffaeli, Presidente della Fondazione Isal sul Dolore Cronico e firmato in maniera trasversale da tutti i partiti perché la sofferenza non deve avere un’etichetta ma essere universale e trasversale.”
L’approvazione dello schema di decreto avrebbe consentito l’aggiornamento dei LEA nel rispetto della manovra prevista dall’Art. 1 della legge 28 dicembre 2015. Tuttavia, a settembre si è incontrato un ostacolo. Nonostante ciò, ci sono stati sviluppi positivi: a settembre 2022, un documento del Ministero della Salute ha dichiarato che il successivo aggiornamento dei Livelli Essenziali avrebbe compreso la fibromialgia.
La FM colpisce principalmente il sesso femminile, con una prevalenza che va dallo 0,7% al 3,3% nella popolazione generale, e si manifesta spesso tra i 40 e i 60 anni. Un studio spagnolo ha evidenziato che il costo totale medio per paziente all’anno è di 9.982 euro.
Suzzi prosegue: “Le Regioni, sia pure aperte al dialogo, senza l’inserimento nei LEA hanno le mani legate. Riscontriamo solidarietà e buona volontà mentre le porte della burocrazia sono serrate per noi.”
La FM, una condizione caratterizzata da dolore muscolo-scheletrico diffuso, richiede una diagnosi precoce e un percorso assistenziale adeguato per il benessere del paziente e per contenere i costi diretti e indiretti associati alla gestione del dolore.
La cura delle patologie non può essere riservata solo a chi se lo può permettere. Il mancato inserimento della Fibromialgia nei Lea e l’esigenza di un approccio multidisciplinare rende la Fibromialgia una malattia “per ricchi”, tradendo la vocazione universalistica del nostro Sistema Sanitario.
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