Notte degli Oscar: quando Roberto Benigni trionfò con “La vita è bella”
Per la prima volta nella storia, un attore non di lingua inglese vinse l’Oscar come Miglior Attore Protagonista. Nel 1999 Benigni non solo ruppe gli schemi, ma anche la consueta formalità della Notte
La Notte degli Oscar è senza dubbio uno degli eventi più prestigiosi e attesi dell’anno nel mondo del cinema. Los Angeles si trasforma nel centro dell’universo cinematografico, accogliendo le star di Hollywood, i registi, i produttori e gli appassionati di cinema da tutto il mondo. Il Red Carpet si stende come una passerella di stelle, l’atmosfera magica e l’eleganza di candidati e ospiti catturano l’attenzione di milioni di spettatori. Una Notte in cui, spesso e volentieri, anche l’Italia è stata protagonista, come per altro in quest’edizione. Io Capitano, di Matteo Garrone, è tra i candidati come Miglior Film Straniero: se la giocherà con altri mostri sacri, ma già può essere considerato un vanto essere lì. Se poi arriva la vittoria, tanto meglio. Ma c’è stata un’edizione in cui il cielo di Los Angeles si tinse d’Azzurro, per usare un eufemismo calcistico: nel 1999, infatti, Roberto Benigni trionfò come Miglior Attore Protagonista con “La Vita è bella”, uno dei capolavori più riusciti della storia cinematografica mondiale.
Un passo indietro: l’Oscar come Miglior Film Straniero
Una vittoria storica, e non per campanilismo. Per la prima volta, infatti, un attore di lingua non inglese vinse per aver recitato in un film di nazionalità straniera. Prima di lui ci riuscirono, nella categoria femminile, Anna Magnani e Sophia Loren. Insomma, giochiamo in casa. Padroni delle Notti degli Oscar, infatti, sono stati (quasi) sempre gli attori americani. Un dominio che venne spezzato quella sera. Senza contare che, nella stessa sera, vinse anche l’Oscar come Miglior Film Straniero, con Sophia Loren che lo annunciò con voce trionfante e commossa. E fu in quel momento che Benigni ruppe gli schemi: nonostante la Notte imponga una certa formalità, Benigni iniziò a camminare su braccioli e schienali delle poltrone, abbracciò chiunque avesse a tiro. Poi si presentò sul palco e con un inglese maccheronico (a tratti comico) ma perfettamente comprensibile, citò tra le altre cose Dante Alighieri e dedicò il premio a Nicoletta Braschi. Che non è solo sua moglie ma anche la sua spalla, nonchè collega. Ma se quel Premio fu quasi scontato, storia ben diversa è l’Oscar come Miglior Attore Protagonista.
L’Oscar al Miglior Attore
A testimonianza dell’eccezionalità della cosa, basterebbero le reazioni degli altri concorrenti.Ian Murray McKellene Tom Hanks rimasero letteralmente a bocca aperta (come si può vedere nel video in apertura), Nick Nolte si limitò ad applaudire. Mentre ad apparire “felice” ed incredulo, nonostante la sconfitta, fu Edward Norton, grande favorito alla vigilia con American History X. Insomma, non se l’aspettava nessuno. E, come dimostra la reazione all’annuncio, nemmeno lo stesso Benigni, soprattutto dopo l’Oscar al Miglior Film Straniero.
Benigni, sul palco, conquistò tutti, o quasi. Già, perchè il suo inglese maccheronico, l’eccessivo entusiasmo e la completa mancanza di formalità sembrarono non piacere a colei che gli consegnò il premio, l’attrice e regista Helen Hunt. Dalle riprese sembra quasi stizzita o infastidita. Ma in fondo Benigni è così, prendere o lasciare.
La vita è bella: un capolavoro senza tempo
Virando l’attenzione nel dettaglio su La Vita è bella, la pellicola vinse anche il Premio come Miglior Colonna Sonora. Fior di trionfi dunque, e ciò non deve stupire. Il film, diretto dallo stesso Benigni, racconta l’orrore dei campi di sterminio nazisti dal suo interno, ma sotto un’altra veste:
Durante la dittatura fascista in Italia e nazista in Germania Guido Orefice (interpretato da Benigni), giovane ebreo, conosce una maestra elementare, Dora, e con lei costruisce una famiglia. L’aggravarsi delle Leggi Razziali e i rastrellamenti nazisti portano l’uomo ad essere deportato in campo di concentramento con il figlioletto Giosuè. Per proteggere il piccolo dagli orrori dello sterminio, Guido costruisce eroicamente un elaborato mondo di vertiginose fantasie. Ed è qui che gli fa credere che si tratti di un gioco a punti, in cui chi resiste potrà tornare a casa con un carrarmato vero. Facendo leva sulla passione di Giosuè per i pupazzetti dei soldatini e, appunto, carrarmati. Il tutto con unico scopo: non far vedere al bambino quanto potesse essere crudele l’essere umano. Questa breve sinossi, probabilmente, non è in grado di spiegarne la potenza. Ma quell’Oscar come Miglior Attore Protagonista, contro ogni pronostico e tradizione, lo è.