Soffia il vento di guerra in Europa orientale: “100mila soldati Nato sono in Polonia”
Secondo il vice-comandante delle forze armate polacche, 100mila soldati sono già sul territorio. E in estate potrebbero esserne mobilitati altri 200mila
Varsavia, 30 marzo 2024 – La tensione è palpabile, si taglia col coltello. E anzi, negli ultimi mesi (per non dire settimane) è aumentata, quasi d’improvviso. Come se il vento (mai fermatosi in Ucraina), fosse tornato a soffiare nel resto d’Europa, dopo mesi di silenzio. E se non bastavano le dichiarazioni del presidente francese Emmanuel Macron, il quale “non esclude l’invio di truppe francesi in Ucraina“, a metterci il carico da 11 ci ha pensato il vice comandante delle forze armate della Polonia, il generale Karol Dymanowski.
“Response Force”
Quest’ultimo infatti, recentemente, ha dichiarato pubblicamente che circa 100mila soldati Nato sarebbero già in Polonia. Farebbero parte di un contingente stabilito nella “Response Force“, il piano stilato dall’Alleanza Atlantica nel 2014, a seguito dell’invasione ed occupazione russa della Crimea. Obiettivi della “risposta rapida”: difendere l’Europa orientale, il Mar Baltico ed il Mar Nero. Insomma proteggere Polonia, Lettonia, Estonia e Lituania. Con l’obiettivo di porre un freno alle mire espansionistiche del presidente russo Vladimir Putin, il quale a suo tempo dichiarò come “la dissoluzione dell’Urss sia stata una sciagura”.
Tutto qui? No, c’è ben altro. Già, perchè quei 100mila militari, che secondo il vice-comandante polacco si troverebbero già in Polonia, sarebbero solo i primi. Pur non essendoci ancora annunci ufficiali, e potendoci dunque limitare a forti indiscrezioni, altri 200mila dovrebbero esser mobilitati in estate, per raggiungere quota 300mila uomini. Ovvero il numero di militari necessario secondo il Response Force. Ma cos’ha fatto scatenare l’allarme, a tal punto da spedire migliaia di soldati al confine orientale?
Il missile russo nei cieli polacchi
“Casus belli” di tutto ciò è stata la violazione dello spazio aereo polacco da parte di Mosca: uno dei missili da crociera russi ha infatti violato brevemente i cieli della Polonia, come denunciato dall’esercito di Varsavia: “L’oggetto è entrato nello spazio aereo polacco vicino alla città di Oserdow e vi è rimasto per 39 secondi” hanno riferito le forze armate che, in risposta, hanno fatto decollare i caccia a difesa del territorio. Il tutto è avvenuto circa una settimana fa.
Per la verità, si tratta solo dell’ultimo episodio che ha visto coinvolta la Polonia, esposta fin dall’inizio dell’invasione. Un “incidente” simile si è infatti verificato il 29 dicembre 2023, quando un missile russo è penetrato nello spazio aereo polacco per diversi minuti, prima di tornare in Ucraina. Ma il fatto più drammatico è avvenuto a novembre 2022, quando 2 persone sono rimaste uccise da missile della difesa aerea di Kiev, caduto sul villaggio polacco di Przewodow, vicino al confine. Prima che il missile fosse identificato come ucraino, si temeva che la Nato potesse essere trascinata in un’escalation del conflitto con la Russia.
La crisi in Ucraina
Non si mobiliterebbero soldati se la guerra in Ucraina avesse preso una piega negativa per Mosca. Ma così non è, come testimoniato dal recente fallimento della controffensiva di Kiev. Il presidente Volodomyr Zelensky deve infatti fare i conti con la stanchezza dei suoi soldati e con l’importante disparità numerica delle forze in campo: i russi sono molti dipiù. A peggiorare il tutto c’è l’immobilismo di Washington che, a differenza di quanto fatto nei primi mesi, ora sembra volerci andare molto più cauto. Zelensky continua a chiedere armi agli americani, che però non arrivano, o arrivano molto meno. E proprio nelle scorse ore ha puntato il dito contro il Congresso: “Abbiamo sprecato 6 mesi, non possiamo perdere altro tempo”. Difficile dire perchè gli Stati Uniti abbiano deciso, almeno in apparenza, di “ammorbidire” la propria posizione. Forse i soldi iniziano a finire (le armi si pagano e la guerra in Ucraina è costata fior di miliardi alle casse americane o forse le elezioni di novembre sullo sfondo rappresentano un’ombra troppo ingombrante, o chissà cos’altro.
Non solo questo: Zelensky è alle prese con importanti problemi interni. Dopo il recente licenziamento del capo delle forze armate Valery Zaluzhny, a causa delle evidenti disparità di vedute (e spedito lontano, essendo stato nominato ambasciatore nel Regno Unito), questa volta il presidente ha dato il ben servito al suo primo principale assistente Serhiy Shefir. Secondo il portavoce ufficiale si tratterebbe di “un’ottimizzazione del personale”. Ma intanto è la seconda testa di vertice che salta.
L’attentato a Mosca e le falle nella sicurezza russa
Spostandoci verso la Russia, l’attentato a Mosca è per Putin una ferita ancora da risanare. Non solo per l’elevato numero di morti e feriti, bensì perchè ha dimostrato come la sicurezza in Russia sia piena di falle, come testimoniano anche le numerose proteste represse con la forza. E il fatto che quell’attentato sia avvenuto dopo la vittoria nelle “elezioni”, dove ha trionfato in maniera plebiscitaria, rende il tutto ancor più grave. Perchè un autocrate che voglia continuare ad esercitare il suo potere, ha bisogno del consenso (manifesto o implicito) del popolo. In pratica, compiacenza o omertà. Ma quando tutto ciò viene a mancare, anche il potere rischia di cadere.
E nonostante sia stato rivendicato dall’Isis e gli americani lo abbiano avvertito molto tempo prima (leggi qui), Putin continua ad addossare le colpe a Kiev. Che sia propaganda interna o che ci creda veramente, conta poco o nulla. Ciò che conta è la “miccia” che accende la scintilla, come la storia purtroppo insegna. Qualsiasi autocrate, per continuare ad esercitare il suo potere, ha bisogno E le circostanze contano: dopo l’attentato, le bombe russe sono tornato a cadere su Kiev (leggi qui).
“Siamo in era pre-bellica”
Nessuno vuole perdere la guerra, nè tanto meno la faccia. E allora ecco che migliaia di soldati Nato varcano il confine orientale, ed ecco che Putin addossa le responsabilità di un attentato terroristico agli ucraini. Evocare termini del passato come “Guerra Fredda” potrebbe non essere consone, ma a dare un’altra definizione è stato il premier polacco Tusk: “Siamo nell’era pre-bellica”.
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