La sentenza

Latina, “Una vita non vale così pochi soldi”

13 maggio 2024 | 15:44
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Latina, “Una vita non vale così pochi soldi”

Lo Studio Legale Mattarelli-Mezzini: “Un’infezione degenerata. Per il Tribunale c’è responsabilità sanitaria”, ma il risarcimento…

Latina, 13 maggio 2024 – “E’ morto a 80 anniper una infezione degenerata in sepsi, emiparesi, decadimento organico e stato cachettico nel 2013. Prima i sanitari del Goretti di Latina ritardarono la diagnosi. Poi quando dopo qualche mese diagnosticavano la recidiva del menigioma (un tumore benigno che crescendo comprime sul cervello) e lo operano non rimuovendo interamente la massa; chiudendo erroneamente il cranio; provocando infezioni settiche e soprattutto senza informare il paziente e i familiari dei rischi e delle alternative all’operazione. Questo è quanto in sintesi richiesto, e solo in parte, ottenendo dall’avvocato Renato Mattarelli che ha assistito la famiglia dell’uomo di Latina“. E’ quanto si legge in un comunicato firmato dallo Studio Legale Mattarelli-Mezzini.

“Per il Tribunale di Latina c’è responsabilità dei sanitari della neurochirurgia del Goretti, ma limitatamente alla lesione del diritto del paziente di autodeterminarsi liberamente se fosse stato dovutamente informato dai medici delle conseguenze dell’intervento e del rischio “tipico” delle infezioni chirurgiche. Da qui il risarcimento a 30 mila euro alla moglie e alle due figlie, ma la richiesta di risarcimento era pari ad 1 milione di euro” si legge ancora.

“Per la sentenza n. 920/2024 del Tribunale di Latina, appena pubblicata, l’uomo di Latina deceduto ha <<…patito delle sofferenze connesse alla sua impreparazione all’intervento ed alle conseguenze di esso; a causa del deficit informativo, il paziente ha subito un pregiudizio, non patrimoniale (di apprezzabile gravità), diverso dalla lesione del diritto alla salute, in termini di sofferenza soggettiva e contrazione della libertà di disporre di se stesso, psichicamente e fisicamente. Si trae da tali considerazioni un apprezzamento, quale pregiudizio rilevante sul piano risarcitorio, delle sofferenze del tutto presumibilmente derivate dall’inatteso aggravamento, nei mesi successivi al trattamento, della sintomatologia dolorosa e del suo stato fisico generale, con insorgenza anche di una osteomielite a seguito delle infezioni contratte nella fase post operatoria L’omessa informazione sulle possibili conseguenze dell’intervento, ha avuto come conseguenza sorpresa, impreparazione, maggiore afflizione nella percezione del proprio stato e nell’affrontare le cure, conseguenze pregiudizievoli tanto più presumibili e tanto più rilevanti quale danno risarcibile, quanto meno prevedibile potevano considerarsi le complicanze delle aderenze riscontrate e della contrazione di infezioni nosocomiali (nella specie, come detto, statisticamente ricorrenti, come evidenziato dal CTU solo in una percentuale limitata di casi)….>>.

“Per l’avvocato Mattarelli (che farà appello alla sentenza per ottenere l’integrale risarcimento) non è stata fatta completa giustizia perché la condotta dei sanitari del Goretti (va ben oltre la lesione del diritto all’autodeterminazione per l’assenza totale del consenso informato ma)è stata la causa, o quantomeno la concausa, del decesso del 80enne. Le gravi infezioni ospedaliere contratte dal paziente potevano infatti essere evitate applicando i protocolli e conseguentemente poteva essere evitata la grave debilitazione che non può non aver contribuito al decesso del paziente“, aggiunge lo Studio Legale

“Soprattutto, per il legale della famiglia, la assoluta mancanza del consenso informato (nel senso che non c’è nemmeno un minimo documento informativo dei rischi, alternative, complicanze dell’intervento) ha causato prima il danno alla salute del paziente e poi il decesso. Semplicemente: se il paziente fosse stato informato di cosa stava andando incontro, non si sarebbe mai sottoposto all’intervento chirurgico e conseguentemente non avrebbe subito, prima, le complicazioni, l’aggravamento della patologia tumorale e le infezioni e, dopo, il decesso o l’anticipazione del decesso” conclude il comunicato.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio

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