In un calcio dove la maggior parte delle società s’indebitano fino al collo per puntare alla vittoria, l’Atalanta si siede tra i grandi d’Europa con i conti in ordine ed il bilancio in attivo da anni
Il trionfo dell’Atalanta in Europa League parte da lontano, lontanissimo. E’ una cavalcata partita almeno 8 anni fa, quando sulla panchina della Dea si è seduto Gianpiero Gasperini. O forse da ancora prima, dal 2011. Quando la Dea abbandonò il campionato cadetto per tornare in Serie B. Impensabile, pensando alla vittoria di Dulbino. Ma è la pura realtà: solo 13 anni fa, l’Atalanta nemmeno stava in Serie A. Ed ora, tra qualche mese (precisamente il 14 agosto), volerà a Varsavia per sfidare una tra Real Madrid e Borussia Dortmund. In palio c’è la Supercoppa Europea. Obiettivo: illuminare di nerazzurro anche Varsavia, dopo Dublino.
Gasperini, al timone per quasi una decade
Un miracolo, dicono in molti. Tutt’altro. E’ l’esatta dimostrazione di come un budget limitato possa essere compensato da idee, convizioni, valori non negoziabili. Un sistema contro cui si schianta chiunque. Tra cui la corazzata imbattibile del Bayer Leverkusen, che ha dovuto alzare bandiera bianca dopo 51 partite, sotto i colpi della Dea.
In un calcio dove la maggior parte delle società s’indebitano fino al collo per puntare alla vittoria, l’Atalanta si siede tra i grandi d’Europa con i conti in ordine ed il bilancio in attivo da anni. Ed in un calcio dove gli allenatori vengono cacciati alle prime difficoltà – specie in Italia -, Gasperini è rimasto saldo al timone per 8 anni. Quasi una decade. Un miraggio.
Vedremo se continuerà a starci: il corteggiamento del Napoli è forte. Lui stesso, intervistato da Sky Sport poco dopo il trionfo, ha detto di trovarsi nella situazione “in cui hai moglie e figli, ma poi conosci una donna bellissima“. Ma al di là di quello che il futuro riserverà al Gasp, la sostanza del discorso non cambia. Fino ad oggi non aveva portato trofei, ma tanto altro: una chiara e precisa impronta di gioco, rivalutazione dei giocatori con conseguente denaro fresco nelle casse societarie, un’idea precisa che non varia in base ai giocatori a disposizione. A tal punto da diventare uno degli allenatori più copiati dai suoi colleghi. Chi lo segue, avrà solo benefici. Ma per chi non lo segue, non c’è spazio. Poche, chiare e semplici regole a cui Gasperini non ha mai voluto rinunciare.
A costo di mettersi contro anche i senatori, gli idoli di Bergamo, quelli che chiunque avrebbe incatenato a Zingonia se avesse potuto. Tra gli altri, ad esempio, il Papu Gomez, che nel 2021 ha lasciato l’Atalanta per trasferirsi al Siviglia. Un addio doloroso, soprattutto per i tifosi. Meno per Gasp. Chi è arrivato dopo, non lo ha fatto rimpiangere, nonostante il Papu fosse un campione. Perchè dietro c’è un’idea precisa che va oltre il singolo giocatore.
L’ottavo monte ingaggi della Serie A
Già, i giocatori. Facciamo qualche nome. Ederson preso dalla Salernitana retrocessa, Lookman prelevato dal Leicester caduto in Championship, De Keteleare era lo scarto degli scarti al Milan, Djimsiti retrocedeva con il Benevento ed ora alza la Coppa da capitano. E citiamo solo i casi più eclatanti, quelli su cui nessuno avrebbe puntato. Tranne l’Atalanta, tranne Gasperini e, soprattutto, tranne Sartori. Dietro questo trofeo, c’è il suo nome dappertutto. Ha rivoluzionato l’Atalanta dalla testa ai piedi, è la mente che non si vede.
E’ lui che ha fornito il materiale umano a Gasperini: diamanti grezzi trasformati in oro colato. Parliamo di giocatori il cui acquisto, in molte altre piazze, avrebbe fatto storcere il naso. “Ma chi abbiamo preso? Vengono dalla Serie B, non ci facciamo niente” sarebbe stato il pensiero. L’ennesima dimostrazione di come ad un calciatore va dato tempo, fiducia, entusiasmo, l’ambiente giusto per poter sbocciare.
L’Atalanta è l’ottavo monte ingaggi della Serie A. L’ottavo. Lookman, entrato nella leggenda dopo la tripletta in finale, prende 1 milione ed 800mila euro. Una cifra astronomica per qualsiasi comune mortale, certo. Ma rispetto a molti dei suoi colleghi, non ci si avvicina nemmeno. E spesso, coloro che sono pagati (molto) più di lui, non rendono neanche la metà. E allora, com’è possibile? Ha azzeccato la partita della vita? A giudicare dalla qualità dei gol, non si direbbe. Si tratta di gol che possono fare solo i campioni, i fuoriclasse. Ma Lookman – e con lui, gli altri – avrebbero reso bene in altre piazze più esigenti, dove si pretende tutto e subito? Non avremo mai una risposta, la controprova non c’è. Ma di esempi di calciatori che sono andati in grandi squadre per cifre spropositate, per poi non rendere ed essere mandati via dopo poco tempo, ce ne sono a bizzeffe.
Dunque, in conclusione: l’Atalanta è una Dea incantevole, che ti rapisce. Ma per diventare così, ha dovuto lavorare tanto, fare i sacrifici. “Chi bello vuole apparire, un poco deve soffrire” dice un vecchio ma sempre attuale proverbio. L’Atalanta lo ha fatto suo. Ha puntato sulle idee, su qualche insuccesso (vedi le finali di Coppa Italia perse), lasciato andare grandi giocatori. Ma poi, il tempo è galantuomo. E Dublino è lì a dimostrarlo. Soprattutto agli addetti ai lavori. (Foto: X @UEFAcom_it)
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