Il M5S registra il dato peggiore della sua storia, nelle tornate elettorali di stampo nazionale (Politiche ed Europee). E ora l’ex premier si trova nell’occhio del ciclone
Roma, 11 giugno 2024 – Incredibile ma vero. Anche Giuseppe Conte è finito nell’occhio del ciclone. Anzi, in questo momento si trova all’angolo, se non alle corde. Almeno secondo quanto riferito dal figlio di Davide Casaleggio, figlio di Gianroberto (fondatore del Movimento 5 Stelle insieme a Grillo), che non ha utilizzato mezzi termini: “Risultato disastroso. Dovrebbe dimettersi“. L’ex premier, che su queste Europee puntava molto, deve invece fare i conti con la verità delle urne. Le quali hanno fatto registrare una percentuale di voti pari al 9,99%. Il peggior risultato di sempre nella storia pentastellata per quanto riguarda le tornate elettorali di stampo nazionale (Politiche ed Europee). A proposito di Politiche, il dato più indicativo è il seguente: rispetto al 2022 il M5S ha perso oltre 5 punti. Lo stesso Conte non ha nascosto la frustrazione: “Risultato deludente, ora una riflessione interna” ha detto a caldo, visibilmente deluso.
Il M5S perde il sud
Anche perchè di mezzo non c’è solo il tracollo elettorale, ma anche la modalità in cui è arrivato, con alcune roccaforti che sono andate perse. Nella Circoscrizione Isole, infatti, non va oltre il 16,24%, sotto al Pd che ha raggiunto 16,73%. Pochi millesimi di differenza, ma comunque un risultato superiore per i dem. E in generale, nelle elezioni passate, le cifre in Sicilia e Sardegna erano decisamente più alte. In proporzione, è andata ancora peggio nella Circoscrizione Meridionale. Il risultato singolo è più alto (16,84%), ma distante 10 punti percentuale dal Pd (24,32%), con il Nazareno che addirittura diventa il primo partito.
Insomma, conti alla mano per il M5S è stato un fallimento. E ora Conte, già in discussione per bocca del figlio di Casaleggio, potrebbe finire nel mirino di alcune personalità interne, legate al vecchio M5S. Quello che sceglieva tutto tramite la piattaforma online, quello del “Vaffa-Day”, quelli dell’anti-casta. Conte, però, il Movimento lo ha trasformato a sua immagine e somiglianza. Ha cercato di dargli una veste più istituzionale, sempre radicali su certi temi, ma più aperto al dialogo e con un linguaggio più “raffinato”. Ma certe regole ferree ha preteso venissero rispettate, come la regola dei 2 mandati, diventato in tabù in casa grillina.
Tra mancata candidatura e politica estera
A giocare un ruolo cruciale sono stati altri 2 fattori. Il primo è quello relativo alla non candidatura: Conte infatti ha deciso di fare un passo indietro non candidandosi. “E’ una truffa agli elettori” ha più volte gridato, rimarcando la differenza rispetto non solo a Meloni, ma anche a Elly Schlein, Antonio Tajani e Carlo Calenda. In termini elettorali, la scelta non ha pagato.
La sua candidatura avrebbe mobilitato più persone, continuamente affascinate dalla figura di Conte, del premier che ha gestito la pandemia tra mille difficoltà e qualche errore, ma comunque in prima linea. Più volte lo stesso ex premier cerca di ripercorrere quei momenti, ad esempio parlando del Pnrr o della sanità pubblica. Obiettivo: tornare ad emanare energia propulsiva, quella che ai tempi del lockdown bucava gli schermi di milioni di italiani. Stando a qualunque sondaggio dell’epoca, è in quei mesi che l’apprezzamento per Conte è salito ai massimi livelli, pur non essendo un politico. Le cose ovviamente sono cambiate (ora è leader di un partito, quindi gioco forza divide), ma la sostanza non cambia. La sensazione è che, con la sua candidatura, il M5S avrebbe ottenuto molti voti in più. Non abbastanza da mettere pressione al Pd, ma comunque sarebbe stato un risultato migliore.
Il secondo è quello relativo alla politica estera, con particolare riferimento alla guerra in Ucraina. A vincere in Italia, infatti, sono stati i partiti filo-Nato (ad esclusione di Renzi e Calenda, i quali hanno preso l’azzardata decisione di correre da soli pur essendo capi di partiti molto piccoli). Il M5S ha invece adottato una linea ondivaga, volta alla ricerca della pace (parola inserita anche nel simbolo elettorale) e schierato contro l’invio delle armi in Ucraina. Ma la guerra a Kiev e dintorni continua a scaldare cuori e anime degli italiani e non solo, i quali continuano ad essere molto solidali verso il popolo ucraino. E la proposta della “ricerca della diplomazia”, senza specificare effettivamente il “come” arrivarci, non porta un granchè di voti.
…E il Campo Largo?
Come detto varie volte nel corso di questi giorni, il M5S già pregustava il sorpasso nei confronti dei Dem, almeno fino ad un paio di mesi fa. Quando il Pd era alle prese con le vicende giudiziarie in Puglia, che portarono proprio ad una spaccatura tra i 2 partiti. Ma in pochi mesi appunto, le cose possono cambiare. In questo caso è cambiato tutto. Elly Schlein si è presa il Pd, mettendo tutto sul campo ed ottenendo oltre il 24% dei voti in queste Europee, staccando il M5S di 15 punti e confermandosi leader dell’opposizione. Con buona pace di Conte, che non può far altro che accettarlo. Il Campo Largo, dunque, si allontana ancor di più.
Nonostante i 2 si siano sentiti al telefono poco fa, in cui entrambi hanno rimarcata l’importanza di lavorare insieme per la creazione di un polo progressista, è difficile pensare che Conte (o chi per lui) accetti di fare la “stampella” al Pd, visto il netto divario nei confronti del Nazareno. Sembra decisamente troppo presto per parlarne: le ferite sono ancora fresche, è passato poco tempo. E lo stesso Conte ora deve uscire dall’angolo. Mentre il mondo a 5 Stelle attende con trepidazione che Beppe Grillo rompa il silenzio, come solito fare in situazioni di crisi.