Premierato: cosa prevede la riforma targata Meloni
Il Senato vota a favore, le opposizioni scendono in piazza. Iniziato il lungo iter che, salvo sorprese clamorose, porterà al referendum
Roma, 18 giugno 2024 – L’Aula del Senato ha appena votato a favore del Premierato: i sì sono stati 109, 77 i no e un astenuto. Il provvedimento passa ora alla Camera per la seconda lettura delle quattro previste. Nel corso delle operazioni di voto, i senatori della minoranza hanno tirato su dai banchi il testo della Costituzione, cosa fatta contemporaneamente dagli esponenti della maggioranza. “La Costituzione rappresenta tutti dal primo all’ultimo articolo, compreso il 138“, ha ricordato La Russa, in chiusura d’Aula.
E’ solo l’inizio di un lungo percorso
Iniziato dunque il lungo iter che, probabilmente, porterà al referendum. Questo perchè, secondo quanto previsto l’articolo 138 della Costituzione (il quale disciplina le modalità tramite le quali è possibile modificare la Carta) “Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione”. Salvo sorprese clamorose, nessuno dell’opposizione voterà a favore (come già dichiarato), dunque spetterà al popolo italiano approvare o bocciare la proposta.
Cosa prevede il Premierato
Il premier eletto – “Il Presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per la durata di cinque anni“. Questo infatti prevede il nuovo art. 92 della Carta come messo nero su bianco nel ddl votato questo pomeriggio. È dunque sancito il principio della elettività diretta del presidente del Consiglio. Il nuovo premier una volta eletto riceve l’incarico di formare il governo dal Presidente della Repubblica. La nuova previsione costituzionale circa l’elettività diretta del Presidente del Consiglio italiano non detta disposizioni sulle condizioni di eleggibilità nonché sulle modalità di svolgimento della sua elezione, demandate alla legge elettorale, come espressamente previsto in modifica approvata in sede referente. Nell’articolo 6 del ddl si dispone che l’eleggibilità del premier sia per non più di due legislature consecutive, elevate a tre legislature qualora il presidente del Consiglio abbia ricoperto l’incarico, in quelle prime due, per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi.
Norma anti-ribaltone – L’art. 7 del ddl riguarda i casi di sfiducia al premier eletto “In caso di revoca della fiducia al Presidente del Consiglio eletto, mediante mozione motivata, il Presidente della Repubblica scioglie le Camere”, è quanto previsto. Inoltre “in caso di dimissioni del Presidente del Consiglio eletto, previa informativa parlamentare, questi può proporre, entro sette giorni, lo scioglimento delle Camere al Presidente della Repubblica, che lo dispone”. Spunta a questo punto il premier di scorta: “Qualora non eserciti tale facoltà e nei casi di morte, impedimento permanente, decadenza, il Presidente della Repubblica può conferire, per una sola volta nel corso della legislatura, l’incarico di formare il Governo al Presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento con il Presidente del Consiglio”: norma che dovrebbe garantire dai cambi di maggioranza in corso di legislatura, evitando maggioranze diverse e governi tecnici.
Stop senatori a vita – L’art. 1 abroga il secondo comma dell’articolo 59 della Costituzione, ossia la previsione in base alla quale il presidente della Repubblica può nominare senatori a vita, in un numero complessivo non superiore a cinque, cittadini che abbiano illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Restano senatori a vita solo gli ex capi dello Stato, alal fine del mandato.
Capo dello Stato – Nel ddl ci sono una serie di interventi del legislatore che riguardano ‘indirettamente’ il Colle. Il capo dello Stato, potrà essere eletto a maggioranza assoluta dell’Assemblea, non più dopo il terzo scrutino, ma dopo il sesto. Altro punto di intervento quello relativo alla controfirma dei ministri per alcuni atti del capo dello Stato. Non necessitano più di controfirma infatti (art. 4 ddl) atti come la nomina del Presidente del Consiglio dei ministri; la nomina dei giudici della Corte costituzionale; la concessione della grazia e la commutazione delle pene; il decreto di indizione delle elezioni e dei referendum; i messaggi alle Camere; il rinvio delle leggi alle Camere.
Infine, relativamente al semestre bianco (art.3) che fino a oggi non permetteva al Capo dello Stato la possibilità di sciogliere le Camere negli ultimi sei mesi del mandato, si prevede ora che il divieto di procedere allo scioglimento delle Camere nell’ultimo semestre del mandato del Presidente della Repubblica non trovi applicazione nei casi in cui lo scioglimento costituisca atto dovuto.