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Da Alitalia a Ita-Lufthansa: quasi 80 anni di sprechi

5 luglio 2024 | 09:00
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Da Alitalia a Ita-Lufthansa: quasi 80 anni di sprechi

Con il via libera dell’Ue al matrimonio tra Ita e Lufthansa, si chiude una vicenda durata 77 anni: una storia caratterizzata da occasioni mancate, migliaia di lavoratori licenziati e (tanti) soldi sperperati

Fiumicino, 5 luglio 2024 – Con il via libera da parte della Commissione Europea al progetto di acquisizione del 41% di Ita Airways da parte di Lufthansa si chiude la lunga storia, durata quasi 80 anni, legata all’ormai ex compagnia di bandiera italiana (leggi qui). Una tipica storia tutta italiana che, purtroppo, mette in luce tutti gli enormi limiti nostrani in termini politici, industriali, strategici e di visione.  Una storia iniziata il 16 settembre 1946, data di fondazione di Alitalia: la compagnia di bandiera sarebbe dovuta essere uno dei pilastri della neo-nata Repubblica. E per qualche anno, in effetti, lo fu. Ma a costi alti, altissimi. O meglio, insostenibili.

Ita-Lufthansa, via libera dalla Commissione Europea

La tormentata vicenda legata alla nostra compagnia di bandiera – da Alitalia ad Ita – è una tipica storia tutta italiana. Caratterizzata da occasioni mancate, gettate via, sogni infranti. Ma segnata soprattutto da sprechi, sperpero di denaro pubblico, manager stra-pagati, maxi-tagli, dipendenti che ancora oggi si trovano in cassa integrazione nonostante Alitalia abbia chiuso baracca e burattini nell’ottobre 2021. Specie gli ultimi anni sono stati segnati da un inesorabile declino, dovuti non solo ad errori di strategie industriali, ma anche a responsabilità della politica che ha visto in Alitalia un terreno da lottizzare. Decenni segnati da vertenze endemiche, conflitti sindacali, spesso sfociati anche in clamorosi scioperi e proteste.

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Alitalia: le responsabilità di una politica miope

Una politica miope, incapace di guardare oltre il proprio naso e raccogliere il guanto di sfida delle privatizzazioni, ha trasformato Alitalia (e poi Ita) in una questione ideologica, incentrata sulla “difesa dell’italianità” ed altre cose di questo tipo. Risultato? La vecchia compagnia di bandiera italiana è costata oltre 13 miliardi di euro. In media, un terzo di legge finanziaria. Un disastro di cui la politica tutta è responsabile da almeno 4 decenni. Soldi buttati, che non sono serviti a nulla, dato che Alitalia negli ultimi anni di vita ha perso milioni di passeggeri, proprio nell’epoca in cui il trasporto aereo ha vissuto – e continua a vivere – un periodo floreo. In più, negli ultimi 20 anni di vita, Alitalia ha perso 11 miliardi di euro.

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Dipendenti Alitalia in cassa integrazione

A proposito degli ex dipendenti Alitalia precedentemente citati, tra pochi mesi, dovranno cavarsela da soli: il 31 ottobre 2024 scadrà infatti la cassa integrazione, come stabilito dal Decreto Omnibus varato nell’agosto 2023.Non ci sarà nessun’ulteriore proroga.

Sia chiaro: lo Stato non può pagare migliaia di persone in eterno. Perchè prima o poi i conti non tornano, e le casse italiane sono in rosso da decenni, a tal punto che l’Unione Europea ha recentemente aperto una procedura d’infrazione per debito eccessivo (leggi qui). Ma il problema è a monte, non a valle: dal 2021 fino ad oggi si è preferito nascondere la polvere sotto al tappeto, parcheggiare i dipendenti in cassa integrazione perenne, senza nessuna garanzia o alcuna azione di collocamento in altri o similari settori.

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Ita Airways e privatizzazioni

E’ in questo contesto che è nata Ita: la nuova compagnia di bandiera (seppur “mini”)  ha iniziato le sue attività il 15 ottobre 2021 e attualmente conta circa 4.860 dipendenti. Con sede a Roma, la compagnia italiana ha trasportato quasi 15 milioni di passeggeri lo scorso anno e dispone di una moderna flotta di 96 aeromobili Airbus, di cui 23 a lungo raggio e 73 a corto raggio. Attualmente Ita Airways serve un totale di 69 destinazioni.

Anche Ita ha avuto i suoi guai finanziari. Secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore, la compagnia ha chiuso il bilancio 2022 in perdita per 486 milioni, mandando in fumo circa 1,3 milioni al giorno. Poi la situazione è migliorata l’anno dopo: sempre secondo il prestigioso quotidiano economico, Ita ha chiuso il 2023 con una perdita netta di 5 milioni di euro (in miglioramento di 481 milioni rispetto al 2022). I ricavi totali sono stati pari a 2,4 miliardi mentre l’Ebitda è positiva per 70 milioni.

A differenza di Alitalia, questa volta ha prevalso il pragmatismo. Fin da subito. Dopo i primi mesi di attività, il Ministero dell’Economia  ha dichiarato l’intenzione di privatizzare, anche parzialmente, la compagnia, qualora fosse stata presentata un’offerta commerciale ritenuta vantaggiosa. Prima della negoziazione con Lufthansa, c’era stata una trattativa in esclusiva con la cordata guidata da Certares. Ma lo scenario è cambiato con l’arrivo del Governo Meloni. La trattativa con Certares si è risolta in un nulla di fatto e, a quel punto, è scesa in pista Lufthansa, entrata a metà novembre 2022 nella data room. Settimane di lavoro intenso con le expert session durate fino a Natale che hanno portato alla presentazione dell’offerta e alla conclusione dell’accordo del maggio 2023. Il tutto si è poi conclusa con il definitivo ok, arrivato l’altro giorno, da parte della Commissione Europea.

I piani di Lufthansa per Ita

“Possiamo dire agli italiani che non ci metteremo più un euro delle loro tasse. Ita nasce proprio per mettere fine agli aiuti di Stato concessi nel passato ad Alitalia e che sono costati agli italiani soldi delle loro tasse. E’ un grande orgoglio e un grande successo. Ita rimarrà inizialmente una partecipazione dello Stato e rimarrà italiana nel cuore se non nella proprietà, perché comunque è interesse anche di sostanza sviluppare il mercato italiano, il turismo e anche dell’economia italiana che sarà interconnessa con il mondo sicuramente meglio di oggi: è un’operazione win-win”, ha detto un entusiasta Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia e delle Finanze, ricordando come il Mef rimarrà azionista di maggioranza, dato che continuerà a denetere il 59% delle quote.

Ma chiaramente ora la musica cambia, con Lufthansa che sta già studiando alcune novità da apportare. Il Ceo del colosso tedesco Carsten Spohr, ha detto che “nel 2026-2027 programmiamo l’ingresso di Ita in Star Alliance e nelle nostre joint venture. Lavoreremo sull’ottimizzazione della flotta e dei contratti di noleggio, sugli acquisti congiunti e sull’infrastruttura digitale”. E, soprattutto, che Ita “tornerà in utile entro 2 anni“.

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Per ora sono solo parole, è ancora presto per parlare di fatti. Ci vuole tempo, anche perchè il closing deve ancora formalmente avvenire. Ma va ricordato che Lufthansa, per acquistare il 41% delle quote, ha messo sul piatto 325 milioni di euro. Fior di quattrini. I quali, in qualche modo, dovranno ritornare nelle loro casse. E questo potrà accadere solo con un piano preciso e mirato, volto ad una sorta di “rinascita” della nostra (ormai ex) compagnia di bandiera. I presupposti per una realtà prospera, ben diversa da quello che è stato per 77 anni fino ad oggi, ci sono. In fondo, a tutti piace vedere il nome “Italia” che vola nei cieli di tutto il mondo. A patto che ciò non costi oltre 13 miliardi di euro alle casse dello Stato, dunque dei contribuenti, e non costringa migliaia di lavoratori alla cassa integrazione. Dunque, ai posteri l’ardua sentenza.

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