Maddalena Compagnone: la donna che amava la terra, la vita… e le rose
Figlia di bonificatori che hanno fatto nascere Isola Sacra e una persona dal cuore grande: ecco come “Lena” ha lasciato un segno profondo nella comunità
“Cultura, Turismo, Lavoro”: un progetto della Fondazione Anna Maria Catalano, finanziato dall’Unione Europea Next Generation EU nell’ambito del PNRR Transizione digitale Organismi Culturali e creativi”.
Una volta Isola Sacra non c’era… è un po’ inusuale come inizio di una storia, ma è proprio lì che tutto è iniziato: dove ora ci sono case palazzi, scuole e tutti gli edifici che caratterizzano una città, prima c’era tutta palude. Infatti, a Isola Sacra, località di Fiumicino, non si poteva abitare. Finché non arrivarono i bonificatori per combattere la malaria e rendere coltivabile la terra.
Terra che però andava lavorata e c’è chi questo duro lavoro l’ha fatto per anni, insieme alla propria famiglia. Un lavoro faticoso all’epoca fatto prettamente da uomini, eppure c’era qualche eccezione. Maddalena Compagnone era la figlia di uno dei bonificatori di Isola Sacra, Carlo Compagnone, che ha contribuito alla “nascita” della località. Carlo, infatti, era proprietario di buona parte dei terreni di Isola Sacra e sua figlia lo aiutava fin da piccola nel lavoro.
Maddalena, chiamata da tutti “Lena” è nata il 15 ottobre del 1939 ed è deceduta prematuramente il 19 ottobre 1994, all’età di 55 anni, a causa di un brutto male. A parlare di lei, a raccontarci la sua storia e quella della sua famiglia, è sua figlia Nadia Pacilli.
Una famiglia di bonificatori e contadini
Maddalena Compagnone viveva con la sua famiglia in un casale in via Castegnevizza, da tutti conosciuto ancora oggi come la “Casaccia”, ma in realtà era un luogo speciale. Carlo Compagnone era proprietario di ettari ed ettari di terreno ed ha sempre rappresentato una figura importante di Isola Sacra. Loro erano una famiglia semplice e dedita al lavoro: “Se oggi sono la donna che sono, lo devo alla famiglia di contadini dalla quale provengo”, racconta la figlia Nadia, ricordando quanti sacrifici hanno fatto sua mamma, i suoi zii e i suoi nonni.
Lena era la terza di quattro figli (un maschio e tre femmine). Suo padre partì per la guerra quando lei era piccolissima ed è stato prigioniero di guerra in Virginia (Stati Uniti) per 6 anni, dal ’40 al fino al ’46. Essendo molto piccola, lei non lo ha mai conosciuto fino all’età di 7 anni. Ma il loro legame tornò forte e si rafforzò quando Maddalena lo aiutava a lavorare nei campi.
Per quei tempi la loro era una famiglia benestante: Carlo vendeva il frutto del suo lavoro ai mercati generali di Roma e il cibo in tavola non mancava mai. Nella loro proprietà c’era una cosa per cui Lena andava pazza: era un fontanile bellissimo lungo quasi 10 metri, situato davanti al loro casale, con sei vasche di cemento e due tubi che erogavano acqua che usavano per gli indumenti. Maddalena aveva un rapporto splendido con la sua famiglia: “Per lei era sacra – spiega Nadia – e questo valore, che purtroppo oggi sembra non esserci quasi più, lo ha trasmesso a noi. Il suo amore era esteso anche ai suoi zii, alle sue cugine, ai suoi nipoti. Un legame che ancora oggi vive in me. Sono cose rare queste, che vanno tenute vive”.
L’infanzia di Maddalena: fra scuola e il lavoro nei campi
Maddalena fin da piccola doveva dividersi fra l’istruzione e il lavoro nei campi. Inizia la scuola nel ’45: all’epoca c’erano solo tre classi. La scuola era un casale a via Redipuglia. Non le piaceva molto studiare: ha raggiunto la quarta elementare, ma la quinta l’ha presa a 40 anni. La sua famiglia e la loro terra le interessavano più della scuola: ha vissuto un’infanzia ricca di emozioni, andava a scuola con un solo quaderno nello zaino, un pezzetto di pane fatto al forno a legna. Ma lei si doveva sbrigare a tornare a casa perché doveva aiutare il padre nei campi, insieme al fratello Antonio e la sorella Pinella. Poi bisognava custodire le mucche, pecore, galline. La sua famiglia, infatti, non si dedicava solo all’agricoltura, ma anche all’allevamento e lei adorava la natura e quella vita anche se doveva districarsi fra scuola, gioco e lavoro. Ma a fine giornata trovava sempre il tempo per correre con il suo cavallo.
Duro lavoro, ma tante soddisfazioni
La fatica, però, era tanta e negli anni cominciò a farsi sentire: aveva 15 anni quando il fratello partì militare e la sorella si sposò, rimase quindi solo lei ad aiutare il padre con il terreno. Era sobbarcata da tutto questo lavoro: “Lei mi raccontava che ogni sera che andava a dormire pregava che potesse svegliarsi con il mal di testa o di poter star male, per evitare la fatica – ricorda con commozione la figlia Nadia -. Ma stava sempre bene, quindi si doveva andare a lavorare. Invece in età adulta è stata sempre malissimo e diceva: “Tutte le preghiere che ho fatto mi sono tornate indietro dopo”. A quei tempi non esistevano i macchinari, gli unici “attrezzi” da lavoro erano le proprie braccia. Eppure bastava poco per trovare sollievo: ritrovarsi in famiglia attorno al fuoco. Maddalena era felice: tante erano le soddisfazioni che le dava quell’amata terra, seppur a volte odiata perché la fatica era troppa per una ragazza così giovane.
Il matrimonio e la lontananza dai campi
Maddalena si sposò all’età di 24 anni, nel ’63, e lì la sua vita cambiò: “Mamma conobbe mio padre – racconta Nadia – erano innamorati e dopo un anno si sono sposati. Per lei, però, questo fu un passaggio doloroso, perché dovette allontanarsi dalla casa paterna. Poi nel ’64 è nata mia sorella: mamma desiderava tantissimo un figlio maschio. Quando sono nata io nel ’67 sperava fosse la volta buona e invece ero femmina anche io. Le mie zie mi raccontano che fece fatica a nascondere la delusione, ma ci ha amate come non mai. Fu felicissima, però, quando le nacque il primo nipote maschio”.
Da sposata andò a vivere a Shangai: un quartiere di Fiumicino paese chiamato così per delle piccole casette tutte attaccate che lo caratterizzavano. Riusciva ad andare ad aiutare il padre sporadicamente, ma le mancava tantissimo il lavoro nei campi. La terra era parte di lei. Poi nel ‘69 è tornata a vivere ad Isola Sacra dove ha costruito casa insieme al marito, ma il lavoro era pesante. Prima le case si costruivano con gli scavi e le fondamenta fatte a mano. “Tornare lì per lei è stato un sospiro di sollievo – racconta Nadia -. Ha ripreso in mano la sua vita perché era ritornata nel suo posto”. Nel mentre era cambiato anche il modo di coltivare la terra: c’erano nuovi mezzi agricoli e Lena portava il trattore proprio come un uomo. Per le donne dell’epoca era molto avanti: aveva la patente, era scaltra ma allo stesso tempo non ha mai perso la sua generosità.
Donna imprenditrice
Nel corso degli anni Maddalena ha anche svolto il ruolo di imprenditrice quando con sua figlia Nadia ha deciso di acquistare l’edicola che è tutt’ora alla “Madonnella”, zona centrale di Isola Sacra. Dopo presero in affitto un locale nella stessa zona e Maddalena decise di aprire un negozio di scarpe: a Fiumicino non ce ne erano e sarebbe stata una novità. Il negozio lo chiamarono “Calzature Lena” e ancora oggi tutti lo ricordano come un punto di riferimento importante della città. Piano piano, Lena e Nadia riuscirono a far ingranare l’attività: “Prima non c’era internet, non conoscevamo rappresentanti per acquistare le scarpe da rivendere e usavamo le Pagine Gialle – racconta Nadia -. Ma sotto Natale avevamo la fila e i clienti venivano anche da Roma e da Ostia”.
Una donna forte, generosa e che non si è mai arresa
Maddalena ha scoperto di avere un tumore in stato avanzato all’età di 55 anni: Nadia si è trovata a gestire il negozio di calzature da sola ma decise di venderlo per assistere sua mamma. Poco dopo la morte della madre Nadia perse anche la sorella, con la quale aveva un legame unico. Lena morì in poco tempo e tanto fu il dolore delle sue figlie, dei suoi parenti e di tutta la comunità di Fiumicino che tanto l’amava e ancora oggi la ricorda come una persona fantastica.
Lei era talmente tanto generosa che rimaneva anche senza soldi pur di aiutare il prossimo. E’ stata una grande lavoratrice, tutti la ricordano per il suo animo gentile e per la passione che metteva in tutto quello che faceva. Era una bellissima donna che amava il rossetto rosso e lo smalto rosso.
“Mamma adorava le rose – ricorda Nadia – non ne doveva mai mancare una sulla sua tavola perché diceva che una rosa può dire tutto… amore, gioia, passione amicizia, sincerità. Diceva che a una rosa non si tolgono le spine e così lei vedeva la vita: le spine erano le difficoltà da affrontare e lei ne ha affrontate davvero tante. Grazie per tutto quello che mi hai insegnato in 26 anni”.
A Maddalena Compagnone è intitolata una via di Isola Sacra, proprio in prossimità di dove prima si trovava il suo terreno. Ha lasciato un segno profondo nella storia di Fiumicino e occupa un posto speciale nel cuore di tutti quelli che l’hanno incrociata nel corso della loro vita.