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Non solo Dybala. I più famosi “No, grazie” del calcio italiano

22 agosto 2024 | 23:17
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Non solo Dybala. I più famosi “No, grazie” del calcio italiano

Il rifiuto della Joya è l’ultimo di (pochi) altri. Ci sono stati, infatti, altri esempi di giocatori che hanno deciso di mettere radici in una città, rifiutando allettanti offerte provenienti da club più blasonati o ricchi

Roma, 22 agosto 2024 – Nell’epoca attuale in cui il denaro e la fama sono irresistibili,  Paulo Dybala ha rifiutato una faraonica proposta proveniente dall’Al Qadsiah, club saudita, con il quale sembrava tutto fatto. Ma nonostante 75 milioni di buone motivazioni per salutare la Roma e volare in Arabia, la Joya ha scelto di mettere radici a Roma, nel quale è ormai un Imperatore. Il caso di Dybala non è, però, unico nel calcio italiano. E’ raro certo, ma non un unicum. Ci sono stati, infatti, altri esempi di giocatori che hanno deciso di mettere radici in una città, rifiutando allettanti offerte provenienti da club più blasonati o ricchi. Vediamone alcuni.

Roma, dai la 10 a Dybala

Gigi Riva, Cagliari a vita

Non so se è il più famoso, ma sicuramente il più simbolico. Il compianto Gigi Riva, scomparso il 22 gennaio all’età di 79 anni, è diventato Rombo di Tuono a Cagliari, città che lo ha accolto quando era solo un ragazzino. E’ riconosciuto da tutti per essere uno dei giocatori più forti mai esistiti. Eppure, nonostante potesse ambire a tutto ciò che desiderava, non ha mai voluto sentire ragioni: è restato a Cagliari per tutta la vita, e gli ha fatto pure vincere l’unico Scudetto della sua storia, diventando il Rombo di Tuono della Sardegna. Il tutto nonostante la serratissima corte, andata avanti per anni, da parte della Juventus. L’Avvocato Gianni Agnelli avrebbe fatto carte falso per portarlo a Torino. Eppure nemmeno lui è riuscito a schiodarlo da Cagliari. Ed è giusto così. Perchè Gigi Riva è Cagliari, Cagliari è Gigi Riva, nonostante Rombo di Tuono sia volato in cielo.

Totti e le lusinghe del Real Madrid

A proposito di Dybala, a Roma c’è un calciatore che, diciamo così, è particolarmente amato. Francesco Totti a Roma c’è rimasto una vita, letteralmente. Record su record, che si fanno fatica persino a ricordare. Uno dei più grandi artisti della storia del calcio italiano, eppure il suo curriculum non è ricco come dovrebbe. All’attivo vanta uno Scudetto con la Roma, qualche Coppa Italia e Supercoppa ed un Mondiale (mica bruscolini). Pallone d’Oro? Manco l’ombra. Tranne la Scarpa d’Oro – un premio che però è oggettivo e si assegna a chi ha fatto più gol durante la stagione – , altri premi individuali non he mai vinti. Cosa che avrebbe vinto se avesse accettato l’idea di deporre la corona da Re di Roma, accettando l’offerta del Real Madrid nel 2002. Intendiamoci: il Real Madrid non si rifiuta, è il sogno di chiunque. Probabilmente era pure il suo. Il presidente dei presidenti, Florentino Perez nel 2004, fece di tutto per convincerlo. Il Pupone, per sua stesssa ammissione, fu più volte vicino ad accettare. Poi, però, sappiamo com’è andata.

Di Natale e il gran rifiuto alla Juventus

Sono convinto di ciò che sto per dire: nessuno ricorda quanto fosse forte Totò Di Natale, ovvero colui che, dopo Zico e pochissimi altri (forse solo Alexis Sanchez versione prime regge il paragone) è il giocatore più forte ad aver mai messo piede ad Udine. Di Natale, insieme all’incredibile squadra targata Guidolini degli anni 2011-2012, riuscì addirittura a centrare un playoff di Champions League, dove solo l’Arsenal riuscì a fermare i bianconeri. Ma che il centravanti friulano fosse un fenomeno, gli addetti ai lavori, lo sapevano e come. Tra di loro, lo sapeva anche Andrea Agnelli. La Juve, nel 2010, era ancora alla ricerca di se stessa, gli strascichi di Calciopoli si facevano sentire ed i risultati erano mediocri. I bianconeri videro in lui l’uomo adatto per la risalita, ma non avevano fatto i conti con un fatto: Di Natale, bianconero, già lo era. Ma da un’altra parte. Dunque, nonostante le inevitabili tentazioni, ringraziò e chiuse la porta.

Kakà-Manchester City, un matrimonio mancato per un soffio

Mamma mia, quanto era forte Kakà. Una tecnica mista a potenza fisica fuori dal normale. Un po’ come tutti i brasiliani: uno scarso è veramente difficile da trovare. Kakà ha fatto le fortune di Ancelotti e del Milan, con cui ha vinto di tutto. Ma c’è stato un momento in cui il matrimonio poteva bruscamente interrompersi. Siamo nel 2009, gli sceicchi, infatti, avevano appena comprato il Manchester City con il desiderio di renderlo una macchina da guerra. E’ in quell’anno che il calciomercato ha smesso di avere un senso logico, con cifre fuori dal normale. Kakà doveva essere uno dei primi acquisti. E lui fu vicinissimo ad accettare quei soldi (ai tempi non c’erano altri motivi per andare al City, che non era minimamente la squadra di oggi, anche nel suo valore storico). I milanisti erano disperati, non potevano crederci. E non ci dovettero credere infatti dato che Kakà, a sorpresa, rifiutò. Se ne sarebbe poi andato l’anno dopo al Real Madrid, dove tra l’altro non fece faville. Ma quella cessione venne accettata più facilmente: il Real è il Real.

Javier Zanetti, l’Inter è una seconda pelle

Correva l’anno 2002 quando il Real Madrid, sotto la guida di Florentino Pérez, bussò alla porta di Javier Zanetti. L’argentino era all’apice della sua carriera, considerato uno dei migliori terzini destri al mondo. I Blancos gli offrirono un contratto faraonico e la possibilità di giocare per uno dei club più vincenti di sempre. Ma per Zanetti, l’Inter non era solo una squadra – era la sua casa, la sua famiglia. Egli aveva legato indissolubilmente il suo nome e la sua carriera ai colori nerazzurri, divenendo una vera e propria icona per i tifosi interisti. Così, nonostante prese in seria considerazione quell’offerta, la declinò gentilmente, come fa sempre.