Roma: “Il mio fidanzato ha provato a strangolarmi con il filo del caricabatterie”

29 agosto 2024 | 14:26
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Roma: “Il mio fidanzato ha provato a strangolarmi con il filo del caricabatterie”

La ragazza ha denunciato tutto ai carabinieri, i quali hanno arrestato l’uomo. I dettagli

Roma, 30 agosto 2024 – La notte tra sabato e domenica, una ragazza romana di 20 anni ha chiesto aiuto, citofonando ai Carabinieri della Stazione di Roma Prenestina, denunciando che poco prima, a seguito di una violenta discussione, il fidanzato aveva tentato di strangolarla con il filo del caricabatterie del cellulare e successivamente, dopo essere riuscita ad allontanarsi, le aveva inviato messaggi minatori con esplicite minacce di morte.

Le violenze andavano avanti da un anno

La donna ha inoltre riferito di essere stata vittima di analoghe condotte vessatorie e violente da circa un anno, mai denunciate, e, in una circostanza, di essere stata costretta a subire rapporti sessuali. La vittima è stata soccorsa e trasportata presso l’Ospedale “San Giovanni Addolorata” per essere sottoposta al protocollo antiviolenza ed è stata dimessa con una prognosi di 20 giorni. I Carabinieri della Stazione di Roma Prenestina con la collaborazione dei Carabinieri della Stazione di Roma Piazza Dante allo stesso tempo hanno attivato il codice rosso e si sono messi sulle tracce del fidanzato, 19enne romano.

All’oscuro della denuncia, il ragazzo aveva fatto sapere alla ragazza che la stava aspettando sotto l’abitazione in zona Serenissima, dove da poco tempo convivevano, non si sa con quali intenzioni. All’appuntamento però l’uomo si è visto arrivare i Carabinieri che lo hanno arrestato in flagranza, gravemente indiziato dei reati di maltrattamenti in famiglia, tentato omicidio e violenza sessuale e lo hanno condotto presso la casa circondariale di Roma “Regina Coeli” dove il Tribunale di Roma ha convalidato l’arresto e disposto per lui gli arresti domiciliari e l’applicazione del braccialetto elettronico.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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